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La fatica e la bellezza di essere se stessi

di Angela Mammana

- Fonte: Città Nuova

Definire la propria identità aiuta a capire chi siamo e a incontrare gli altri con empatia.

Cristiana ha un senso di malessere che attribuisce al fatto che la sorella abbia un problema che non riesce a risolvere. Sabrina ha molta difficoltà a comprendere cosa le piace veramente in diversi campi della vita, ma in particolare nel lavoro. Francesco soffre nell’ascoltare i suoi genitori insoddisfatti della loro vita. Matilde è al suo primo tirocinio e si sente molto insicura.

Ciascuno di loro ha una diversa personalità, delle risorse, delle idee su se stesso, la cosa che in questo momento evolutivo li accomuna è la sfida nel definire la propria identità, quello che tecnicamente gli addetti ai lavori chiamiamo processo di individuazione.

Gli aspetti che costituiscono l’identità stanno nella nostra memoria autobiografica, nella storia che ci appartiene e nelle caratteristiche che abbiamo sviluppato. È in divenire, poiché ci auto-narriamo continuamente, è l’autoritratto della specificità che ciascuno di noi porta nel mondo. Il senso identitario unisce nell’intimo il passato e il presente e ci permette di immaginarci nel futuro. Avere un senso identitario coincide con l’avere anche dei confini personali tra noi e gli altri; avere una “casa” psichica dove “stare”. La creazione di un confine presuppone la capacità di differenziazione, di distinguersi dall’altro, di porre un filtro tra mondo esterno e mondo interno, attribuendo un proprio significato agli eventi e simbolizzando la realtà.

Attraverso l’incontro con l’altro è possibile fare nuove esperienze e dunque accrescere l’identità personale, la capacità di porsi al confine con l’altro vuol dire non confondersi (tra io e tu), ma entrare in empatia. Il concetto di empatia a volte viene confuso con altro, la connessione empatica ci porta a entrare in risonanza, a rappresentare mentalmente ed emotivamente i vissuti dell’altro, pur conservando la propria identità.

Cristiana e Francesco hanno bisogno di costruire un “confine personale”, questo gli permetterà di vivere la loro vita serenamente e allo stesso tempo di mantenere una buona relazione con i familiari nella misura in cui lo desiderano e in modalità nuove. Sabrina ha bisogno di ripercorrere cosa le dà piacere, i giochi che faceva liberamente, ricontattare una parte di lei. Narrando la sua storia sta mettendo a fuoco le sue peculiarità, il suo benessere, cosa è divertente per lei; è un viaggio di scoperta. Matilde è nel pieno del suo processo di differenziazione dalla famiglia di origine e sta cercando di capire chi è… Sta consapevolizzando che c’è una differenza tra fare ed essere, sta mettendo i tasselli dell’adulto che c’è in lei.

In modalità diverse stanno sperimentando la “fatica di essere se stessi”, un processo di costruzione, mantenimento e cambiamento. L’identità è un’organizzazione dotata di una stabilità relativa, poiché viene sottoposta a sollecitazioni dal mondo esterno che implicano continue manovre di bilanciamento. È un processo anche orientante in quanto ci permette di attribuire significato agli eventi e di riferire pensieri, sentimenti e sensazioni a noi stessi; è il risultato di un complesso processo di analisi introspettiva e intersoggettiva.

Questo processo di costruzione passa anche attraverso l’autoconsapevolezza corporea (la nostra casa), il periodo in cui si definisce per la prima volta questo senso identitario è  in adolescenza, nella separazione dalle figure genitoriali, nell’esplorazione del mondo e di nuove appartenenze.

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