Sfoglia la rivista

Cultura > Concetti base

La cultura politica del nuovo popolarismo

di Silvio Minnetti

- Fonte: Città Nuova

Non esiste alcuna eccedenza ideologica nel popolarismo riguardo al popolo, visto come elettorato ed opinione pubblica, a differenza del populismo, che agita paure, desideri, frustrazioni, angosce del “popolo”. È urgente abitare il futuro con la speranza cristiana e con la cura del mondo e della Terra, casa comune

Popolarismo v populismo (AP Photo/Alastair Grant)

Con le elezioni del 25 settembre il sistema politico italiano ha iniziato a muoversi sul versante conservatore mediante la vittoria di Giorgia Meloni.

Manca sulla scena il popolarismo, che rappresenta il miglior pensiero del cattolicesimo politico italiano mentre il PD, che avrebbe dovuto rappresentarlo con la componente cattolico- democratica, entra in una crisi drammatica.

Il popolarismo non è sovrapponibile con il conservatorismo nell’attuale rielaborazione identitaria. La destra sta tentando un rinnovamento in senso conservatore con forti tratti identitari. Il popolarismo è una diversa tradizione, che oggi si arricchisce  dopo Sturzo, del magistero di papa Francesco.

Possiamo cosi parlare di nuovo popolarismo. Emerge la necessità di scongelare il sistema politico italiano, aprendolo anche a questa cultura politica, con una nuova legge elettorale priva di pericolose torsioni maggioritarie ed in grado di ridare centralità al Parlamento nella sua capacità di rappresentanza.

Grave è avere il 37 % di astenuti.  Segno di povertà dell’offerta politica. C’è bisogno di dinamicità e ordinarietà di un sistema alla ricerca di profili politici chiari sul modello tedesco ed europeo. Approfondiamo allora le caratteristiche del nuovo popolarismo, grande assente in questo scenario.
Possiamo parlare di un passaggio dal cattolicesimo  democratico al nuovo popolarismo sui sentieri di Francesco. Papa Bergoglio infatti, pur non occupandosi direttamente dei partiti, aiuta i politici a vedere ciò che da soli non riescono a fare.

In particolare i cattolici popolari ma anche laici di altre convinzioni sono invitati a trasformare in progetto politico questo magistero sociale. È un aiuto concreto per chi fa politica e vive in un grande smarrimento culturale.

Partiamo allora dall’enciclica Fratelli tutti, in particolare dai capitoli quinto, La migliore politica e sesto, Dialogo e amicizia sociale. Emerge chiaramente la contrapposizione tra populismo e popolarismo. Questo poi non deve essere confuso con i movimenti popolari dell’America Latina, sostenuti da Bergoglio come realtà sociali più che politiche.

Il popolarismo ha una base sociale in associazioni cattoliche, cooperative, banche, mutue ma non fa un mito del popolo, a differenza del populismo.

Per Sturzo, ad esempio, il popolo non è fonte assoluta di autorità e di sovranità quale principio etico- giuridico. Nessuna ragione assoluta abita nel popolo. Si esprime attraverso l’elettorato, uno degli organi dello Stato e può influire come opinione pubblica su altri organi.

«Il popolo può essere nello Stato una forza dinamica normalizzante quando la forma statale è la democratica; o quando attraverso le libertà politiche può  arrivare per vie di radicali riforme alla partecipazione di tutte le classi al potere politico e al benessere sociale»  ( Luigi  Sturzo,  Nazionalismo e internazionalismo, (1946), Bologna, Zanichelli,  1971, p. 302).

Nessun assoluto in politica, neppure per il popolo. È la consapevolezza del limite della politica. Nessuna eccedenza ideologica nel popolarismo riguardo al popolo, visto come elettorato ed opinione pubblica, a differenza del populismo, che agita paure, desideri, frustrazioni, angosce del “popolo”.

Non vengono strumentalizzati simboli religiosi e non si prende dalla Dottrina sociale della Chiesa solo la parte che aggrada, la tutela della vita, ma anche il ricco insegnamento sociale su solidarietà, sussidiarietà, giustizia per gli ultimi, tutela del Creato.

La politica così esprime tutto il suo potenziale come governo dei processi, mediazione tra gli interessi, educazione alla democrazia, laicità nella Chiesa, speranza evangelica nel mondo. Essa però ha bisogno di strumenti, i partiti, oggi palesemente in crisi e da rigenerare. Occorre partire dalle cause della delusione dei cittadini per ricostruire i partiti ed un vero e proprio movimento popolare.

È urgente un impegno sistematico di formazione politica rivolta ai giovani, recuperando l’originalità  della tradizione storica, culturale e politica del popolarismo e dello stesso magistero della Chiesa.

La centralità della persona, l’equilibrio dei poteri e dei contrappesi, l’arte della mediazione, l’economia civile e sociale, alternativa al neoliberismo, l’Europa come comunità politica e non solo mercato, sono i temi ancora validi per una formazione che si intreccia con il magistero di Francesco fino al punto di generare un progetto politico.

Un insegnamento da scoprire, a partire dalle nuove categorie dello “scarto” e della ” ecologia integrale”, della ” fratellanza universale”.  Si tratta di un patrimonio di cultura politica e sociale veramente adatto ai tempi ed in grado di generare un impegno politico per la giustizia, la solidarietà, la fraternità planetaria. Valori importanti anche per i non credenti, necessari per formare la classe dirigente del Paese.

Ovviamente non basta la formazione. Occorre attuare pienamente l’art. 49 della Costituzione perché i partiti concorrano con metodo democratico, mediante la partecipazione, a determinare la politica nazionale senza essere strumenti nelle mani di leader autoreferenziali.

Il nuovo popolarismo può contribuire alla seconda Ricostruzione della Repubblica risolvendo la crisi di sistema politico con la partecipazione, la mediazione, il buon governo, con fisiologiche alternanze di schieramenti.

Dobbiamo allora analizzare i fondamenti, i contenuti, la mission di questa antica e nuova cultura politica. Il pensiero economico retrostante possiamo ravvisarlo nell’antica tradizione italiana dell’economia civile di Antonio Genovesi e nelle Encicliche, a partire dalla Rerum novarum.

Nella Centesimus Annus del 1991 si individuano poi le debolezze sia delle economie socialiste sia delle economie di mercato. Da qui si arriva alla critica del neoliberismo, della teoria dello sgocciolamento, della “economia che uccide” di papa Francesco.

Nel magistero della Chiesa si propone di alleggerire o cancellare il debito dei paesi poveri, di disarmare l’economia, di semplificare gli stili di vita, di eliminare lo spreco nelle nazioni ricche, di sviluppare le politiche pubbliche per il pieno impiego e la sicurezza del lavoro, di creare istituzioni per il controllo delle armi. Il nuovo popolarismo poi applica il pensiero economico della scuola cattolica di Giuseppe Toniolo, Luigi Sturzo, Amintore Fanfani.

In conclusione, il nuovo popolarismo si propone di “costruire il popolo” mediante una rinnovata praticabilità  della politica come “arte del possibile”, oltre la rigidità  dei principi non negoziabili. Va recuperata la categoria del politico «come valore nel cuore dell’uomo….orizzonte di sintesi e di unità  in una comunità». ( Papa Francesco, J.M. Bergoglio in Necessità  di una antropologia politica, Jaca Book, 2015, p. 290).

Vanno armonizzate le differenze.  Si tratta di avviare processi. È una identità in tensione che si preoccupa di costruire un popolo più che di ottenere risultati immediati. La politica allora deve avere cura delle fragilità in un rinnovato dialogo con la postmodernità. È urgente abitare il futuro con la speranza cristiana e con la cura del mondo e della Terra, casa comune.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Riproduzione riservata ©

Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876