La criminalizzazione delle migrazioni

A colloquio con padre Mauro Armanino, responsabile del servizio per i migranti della diocesi di Niamey. La grave situazione nigerina passa per la miopia europea e rischia di snaturare un intero Paese

Padre Mauro Armanino, della Società Missioni Africane (Sma), è da 7 anni in Niger, dopo essere stato a lungo in Liberia e poi a Genova. Qui si occupa del Servizio pastorale dei migranti. Non esista a denunciare con i suoi articoli su Avvenire e col suo blog sul sito de Il Fatto Quotidiano quanto succede in Niger e nell’Africa occidentale, così come l’atteggiamento assolutamente irrazionale e ingiusto di buona parte dell’Europa. «Si è riusciti a creare un problema dove non c’era, criminalizzando molta gente che non ha nulla di criminale e ad introiettare delle visioni intellettuali europee da queste parti», esordisce a tamburo battente.

Ce n’è per tutti: «È incomprensibile quel che accade. Agadez è bloccata ormai, ma non cambia sostanzialmente il flusso dell’immigrazione verso il Mediterraneo, perché i migranti cercano altri itinerari. Qui Conte e Macron, come Minniti prima, vogliono che le frontiere dell’Europa si spostino, vogliono che i migranti vengano bloccati, e che la gente si iscriva ai registri di chi chiede asilo in Europa già da quaggiù. Così qui ci sono migliaia e migliaia di persone di difficile gestione, in una “cellula antropofaga” che si nutre di sé stessa. Anche nella politica ecclesiale europea non siamo abbastanza coraggiosi, ci fermiamo alle questioni sull’Aquarius o sulle Ong che soccorrono i migranti e si nasconde il vero problema delle migrazioni. Il fatto è che la crisi economica sta strangolando queste terre – Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad… – nell’indifferenza generale, con la complicità di certe nomenklature locali che sparano ormai sui migranti, che truccano le elezioni, che vivono di menzogna in combutta con gli Stati occidentali. L’Algeria, ad esempio, sta espellendo migliaia di persone nel deserto, abbandonandole a se stesse, talvolta se la cavano altre no».

Padre Mauro Armanino è convinto che sulla questioni delle migrazioni si giocherà una buona parte del futuro dell’Europa, ma anche di quest’Africa del Sahel. Mi racconta del servizio che viene fatto dalla diocesi ai migranti: «Tutti sono liberi e autonomi nelle loro scelte, cosicché noi ci occupiamo solo di coloro che tornano indietro a causa del fallimento del progetto migratorio. Non dimentichiamo mai che il migrante è libero, ha fatto le sue scelte ed è responsabile. Qui offriamo assistenza legale, sanitaria (con Msf), diamo un kit per l’igiene, orientiamo a strutture internazionali preposte alle migrazioni come l’Oim, cerchiamo di avviare qualche piccolo progetto di inserzione lavorativa in un contesto poverissimo come quello del Niger».

Il flusso dei migranti, secondo padre Armanino, è molto discontinuo, per via delle politiche di respingimento di Libia e Algeria. In una settimana, in giugno, ne sono passati 150. «Cerchiamo non solo di accogliere – precisa −, ma anche di fare un lavoro di sensibilizzazione con tavole rotonde, animazione della società civile, collaborazioni mediatiche. Per mostrare come vi sia stata un’eclissi della ragione nella questione migrazione, con un grande business ideologico, economico e politico, con la creazione di frontiere inesistenti, in Paesi sovrani. Ideologicamente si è fatta passare questa narrazione, e noi come Chiesa siamo responsabili, incapaci di proporre un altro tipo di narrazione».

Il missionario denuncia l’incompetenza e l’approssimazione dei politici quando si parla di migrazioni, che non rimettono mai in discussione la vera causa della situazione attuale, cioè la politica economica europea e statunitense: «La pesca è stata distrutta, le risorse sappiamo nelle tasche di chi vanno, ci sono acquisti di terre spaventosi in questo momento nei nostri Paesi, l’accordo o il trattato di Cotonou del 2000 non è mai stato applicato, c’è uno smantellamento sistematico del sistema tribale e familiare. I fantocci politici prosperano e fanno campagna elettorale come se fossero in guerra, con le mitragliatrici appostate attorno ai luoghi dei comizi, squallide persone in mano ai capitali occidentali. La Francia, ex-potenza coloniale, considera questi Paesi come il proprio cortile: la stessa moneta che viene usata nei nostri Paesi, il franco Cfa, porta a Parigi grandi benefici, ed ha contratti esclusivi sullo sfruttamento delle materie prime, anche se la Cina in questo momento si fa avanti con energia. Il Niger ormai è un Paese friabile, con la sola certezza della miseria e delle carestie».

Infine, non si può non trattare della questione dei militari italiani: «Pare insabbiata, anche se le cose vanno avanti, secondo ambienti diplomatici. Qui la Francia fa il bello e il cattivo tempo, cosicché l’apertura di un’ambasciata italiana in Niger è stata vista come il fumo negli occhi a Parigi. Il recente discorso di Macron in Niger, il 23 dicembre dello scorso anno, è stato ridicolo, ha pranzato coi soldati francesi all’aeroporto e ha parlato della classe politica nigerina con grandi elogi per coloro che, come l’attuale governo, dicono: “I francesi vengono per salvarci”».

 

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