Di fronte alla nuova realtà sociale di un Paese che si arricchisce permanentemente di cittadini con un background migratorio, attraverso gli “Orientamenti Interculturali” la scuola italiana pone in forte evidenza il proprio ruolo di Agenzia educativa vocata a costruire il futuro attraverso offerte culturali e formative strutturali.
Occorre «una scuola che sia sempre più in grado di accogliere, di includere e di educare alla multiculturalità. E’ questo l’obiettivo degli Orientamenti…». Introducendo con queste parole il Convegno dello scorso 17 marzo per la presentazione delle nuove Linee per l’integrazione, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, ha assicurato un preciso impegno del Governo nel garantire le risorse economiche indispensabili per la realizzazione di un piano globale che dia vera dignità alla scuola e stabilità alle buone pratiche realizzate negli anni, attraverso l’impegno, la professionalità, la creatività e l’entusiasmo dei docenti che han posto la relazione educativa al centro dei propri interessi, con il supporto di interventi di agenzie esterne alla scuola e la imprescindibile relazione con il territorio (Ente locale, associazionismo).
Con gli Orientamenti, curati dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione del Ministero dell’Istruzione, si recupera il filo rosso della migliore politica scolastica italiana, in un tempo di sensibile trasformazione sociale.
La storia della scuola italiana mostra come essa sappia mettersi in gioco ristrutturando rigidità organizzative per essere inclusiva, accogliente per tutti, elaborando una pedagogia che si fondi sulla cultura dell’integrazione come reciproco riconoscimento.
Gli attuali Orientamenti aggiornano e attualizzano documenti precedenti, La via italiana per la scuola interculturale (2007), Linee per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (2014) e Diversi da chi? (2015), cogliendo negli studenti e nelle studentesse provenienti da contesti migratori (e nelle loro famiglie), una straordinaria risorsa educativa, con l’opportunità di un incontro tra persone portatrici di patrimoni culturali, linguistici, religiosi diversi.
Pertanto si propongono puntuali indicazioni organizzative e operative per il rinnovamento della didattica e dei curricula, ma anche per la formazione permanente di dirigenti e docenti, con l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale e la relazione interculturale.
Emergono particolari aspetti da sostenere e rendere strutturali, tra cui la priorità dell’apprendimento delle lingue. Anzitutto dell’italiano come L2. Ma ponendo subito anche l’attenzione al mantenimento delle lingue di origine, come diritto (articolo 6 della Costituzione italiana) e come opportunità di crescita cognitiva utile per tutti, dovuta al contesto di plurilinguismo.
Tutto ciò necessita del potenziamento dei posti di ruolo nelle specifiche classi di concorso, la cura dell’educazione precoce, dalla nascita a 6 anni (come fattore che fa la differenza rispetto al successo formativo e all’inclusione), la valorizzazione dei mediatori linguistici e culturali.
La parola mediatore culturale ci conduce alla famiglia nel rapporto con l’istituzione scolastica, ma anche al territorio come spazio di opportunità relazionali e di partecipazione alla vita della città. Il mediatore e la mediatrice rappresentano spesso il primo luogo affettivamente caldo nella relazione del bambino o del-della preadolescente di nuova immigrazione con la scuola. Spesso anche le famiglie, che non conoscono ancora le dinamiche della scuola italiana, percepiscono questa figura come la prima ancora di sicurezza. Il mediatore può inoltre orientare alla conoscenza del Territorio: la relazione con l’Ente locale e i suoi servizi, il privato sociale, l’associazionismo di gruppi giovanili aggregativi, culturali, sportivi, religiosi.
Vanno in questo senso le Linee Pedagogiche per il sistema integrato 0-6 anni proposte nel 2021 dal ministero dell’Istruzione e che merita riportare per intero: «La complessità culturale e il plurilinguismo sono una ricchezza difficile che richiede una formazione specifica, nuove competenze e nuove forme d’incontro e di scambio tra figure professionali e genitori, tra genitori e tra bambini, che hanno origini in altri Paesi e si aspettano accoglienza, ascolto, un’idea non stereotipata di appartenenza culturale, la libertà di scegliere radici, sradicamenti, nuovi radicamenti. Una complessità che sollecita la conoscenza del mondo, apre orizzonti, pone nuove sfide alla vita democratica e assicura la capacità di adattarsi ai cambiamenti».
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