La Cina sta costruendo la diga più grande del mondo

La guerra per l’accaparramento delle risorse idriche è iniziata da tempo. Un progetto cinese, da anni in corso di realizzazione, è la diga sul Brahmaputra, nel tratto cinese del grande fiume (2.900 Km), molto vicino al confine con India e Bangladesh. In caso di problemi (la regione è ad elevato rischio di terremoti), le conseguenze sui Paesi a valle sarebbero spaventose.
Cina, (AP Photo/U.S. Dept. of Interior)

Sono almeno 30 anni che la Cina, senza suscitare troppo clamore, ha iniziato a muoversi per accaparrarsi grandi risorse idriche al loro nascere, sull’Himalaya, oppure dopo le sorgenti tibetane come è il caso del Mekong.

 L’ultimo progetto idroelettrico cinese ancora in progettazione, sarebbe tre volte più grande della Diga detta della Tre Gole, sullo Yangtze (Fiume Azzurro), già annoverata tra la più grandi del mondo. Ormai sempre più voci si alzano allarmate sui media asiatici, peraltro poco considerate. Forse una delle più autorevoli è quella di Brahma Chellaney, professore emerito di studi strategici presso il Center for Policy Research di Nuova Delhi ed ex consigliere del Consiglio di sicurezza nazionale indiano. È autore, fra altri, del libro: “Acqua: il nuovo campo di battaglia dell’Asia”.

La Cina ha l’egemonia mondiale dell’energia idroelettrica (mettiamoci anche quella solare ed eolica), con più dighe in funzione di tutti gli altri Paesi messi insieme.

I cinesi ora stanno costruendo quella che diventerà la prima superdiga del mondo, e la sta realizzando vicino alla frontiera pesantemente militarizzata con l’India.

Questo megaprogetto, con una capacità di produzione prevista di 60 gigawatt, triplicherebbe l’elettricità prodotta della Diga delle Tre Gole, attualmente la più grande centrale idroelettrica del mondo.

Il governo cinese, tuttavia, ha fornito pochi aggiornamenti sullo stato del progetto dopo che l’Assemblea nazionale del popolo lo ha approvato nel marzo 2021.

Per Pechino è prassi abituale tenere nascosti i lavori di grandi dighe su fiumi internazionali, almeno fino a quando le attività non possono più passare inosservate per i satelliti. Questo è un modus operandi ormai collaudato.

La superdiga sul Brahmaputra si trova in uno dei terreni più insidiosi del mondo e in un’area ritenuta a lungo impraticabile, ma non per le truppe cinesi. La zona è quella in cui il Brahmaputra, conosciuto dai tibetani come Yarlung Tsangpo, scende di quasi 3.000 metri compiendo una brusca virata verso sud e poi entrando in India.

Profonda due volte il Grand Canyon, la gola del Brahmaputra raccoglie la più grande riserva d’acqua non ancora sfruttata dell’Asia, mentre la caduta precipitosa del fiume crea una delle più grandi concentrazioni di energia fluviale sulla Terra.

La gigantesca diga in costruzione, tuttavia, è il progetto più rischioso al mondo, poiché viene realizzata in un’area sismicamente molto attiva.

Ciò la rende potenzialmente una gigantesca bomba d’acqua per le zone a valle, che si trovano in India e in Bangladesh. Per fare un esempio ben noto, il terremoto del Sichuan del 2008, lungo il margine orientale dell’Altopiano tibetano, ha ucciso 87 mila persone e ha attirato l’attenzione internazionale sul fenomeno della sismicità innescata dai bacini idrici.

Sono ancora ben visibili i danni alla diga di Zipingpu dopo il terremoto del Sichuan del 2008. E secondo alcuni scienziati, la diga stessa potrebbe aver contribuito ad innescare il terremoto.  Alcuni scienziati cinesi e statunitensi hanno stabilito un collegamento tra il terremoto del Sichuan e la diga di Zipingpu, entrata in funzione due anni prima in prossimità di una faglia sismica, se le piogge torrenziali dei monsoni dovessero scatenare inondazioni improvvise nella grande ansa del fiume.

Appena due anni fa, circa 400 milioni di cinesi si sono trovati in situazione di alto rischio per le inondazioni record che hanno messo in pericolo la Diga delle Tre Gole.

Nel perseguire il suo megaprogetto sul Brahmaputra, la Cina sta quindi cercando di tenere un profilo basso per evitare reazioni internazionali. Ne è un indice il fatto che ben prima dell’approvazione dell’Assemblea nazionale del Popolo i cinesi avevano già costruito le infrastrutture necessarie per trasportare attrezzature pesanti, materiali e lavoratori in un sito molto remoto.

Infatti, appena due mesi dopo l’approvazione del Parlamento, due anni fa, Pechino annunciò di aver completato una “autostrada attraverso il canyon più profondo del mondo”. L’autostrada, guarda caso, termina molto vicino al confine con l’India.

E il mese successivo, Pechino ha annunciato l’inaugurazione di una nuova linea ferroviaria da Lhasa a Nyangtri, una base militare di frontiera a meno di 16 chilometri dal confine con l’India. Così il presidente Xi Jinping ha potuto effettuare la sua visita a sorpresa in Tibet di luglio 2021 partendo proprio da Nyangtri, e raggiungendo in treno la capitale regionale. Le nuove infrastrutture indicano che i lavori di fondazione della diga, o delle dighe, sono probabilmente iniziati in sordina subito dopo l’inaugurazione della ferrovia e dell’autostrada. Con la costruzione di dighe in prossimità delle zone di confine, la Cina potrà far leva sui flussi transfrontalieri nelle sue relazioni con la rivale India.

Ma il peso maggiore dell’impatto ambientale che il megaprogetto rischia di provocare sarà sopportato dal Bangladesh, che il fiume attraversa prima di gettarsi nel Gange. Il danno ambientale, tuttavia, rischia di estendersi fino al Tibet, una delle regioni più ricche di biodiversità del mondo.

Un principio cardine della pace dell’acqua è la trasparenza ed anche la lealtà verso i popoli che devono bere e usare quell’acqua per l’agricoltura. Le vaste implicazioni strategiche, geopolitiche e ambientali della più grande diga mai concepita rendono imperativa la trasparenza della Cina. Solo una forte pressione internazionale può costringere Pechino a sollevare il velo di segretezza che circonda il progetto.

Ma esiste nella comunità internazionale la capacità, la forza e la volontà politica di far pressione? E questo per il bene di tutti. Insomma: tutti dobbiamo poter usare e bere quell’acqua: perchè l’acqua è di tutti.

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