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Cultura > In punta di penna

Kitsch

di Michele Zanzucchi

- Fonte: Città Nuova

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

Il video postato da Donald Trump sul futuro di Gaza è una sveglia per l’Europa, perché il pianeta non finisca nell’impero della bruttezza

Benjamin Netanyahu e Donald Trump in un frame del video “Strip in trip” generato dall’intelligenza artificiale, postato il giorno dopo la pubblicazione da parte di Donald Trump del video che mostra la Striscia di Gaza trasformata in una scintillante ma grottesca Riviera del Medio Oriente tra statue d’oro e piogge di dollari. Si vedono vari leader mondiali sulla spiaggia di Gaza con il mare rosso per il sangue delle vittime palestinesi. L’autore è Andrea Gastaldon (Sax-Star), un creative director che nelle stories, condividendo il reel, scrive: “Questo mi sembra più realistico”. ANSA / ANDREA GASTALDON

Abbiamo tutti visto il breve video apparso sugli account del presidente degli Stati Uniti: dalle macerie della Striscia di Gaza all’edificazione di una Riviera simile a quella di Dubai, non a quella di Sanremo per favore, soldi a profusione gettati da Ilon Musk per aria, statue dorate di The Donald, donne discinte e auto di lusso. Le analisi politiche, antropologiche, religiose, storiche e sociologiche hanno sottolineato le tante incongruenze del messaggio trumpiano che non tiene conto della realtà e predica il trionfo della ricchezza bastarda e offensiva. Vabbè.

Dietro il video creato con mezzi digitali ormai alla portata di tutti, che permettono di ottenere in modo realistico e talvolta iperrealistico scenari di sogno e di lusso, c’è un’enorme sfida portata contro l’Europa. Sfida che non è tanto e solo economica − come la minaccia di dazi al 25% contro un continente che da sempre avrebbe sfruttato la potenza economica a stelle e strisce −, ma estetica. L’attacco portato dal tycoon contro l’Europa − curiosa l’affermazione «l’Europa è nata per fregarci», forse il personaggio avrebbe bisogno di un corso di storia non tenuto da docenti complottisti − è il tentativo di opporre il kitsch al bello. Il nostro continente è sì depositario di una tradizione culturale e artistica tale, invidiata da tutto il mondo, ma rischia l’insignificanza non solo politica ma anche culturale ed estetica di fronte allo tsunami dell’ondata del kitsch.

Ma cos’è il kitsch? Secondo la Treccani, che copio qui, «s. m., ted. [propr. «scarto»; prob. der. del ted. dialettale kitschen «intrugliare»]. – 1. Nell’uso com., produzione di oggetti presuntamente artistici, ma in realtà caratterizzati da ornamentazione eccessiva e dozzinale, banali e di cattivo gusto. Più propriam. il termine (comparso in Germania verso il 1860 e diffuso con l’attuale connotazione limitativa nella letteratura critica tedesca tra il 1920 e il 1940) indica ogni degradazione in senso manieristico dell’opera d’arte che, nella moderna civiltà di massa, assume aspetti rispondenti, quasi sempre grossolanamente, alle esigenze estetiche di destinatari mediamente acculturati: riproduzione in serie del prodotto artistico, che diviene così economicamente accessibile a gran numero di persone a scapito della sua autenticità e unicità; sostituzione dei materiali originari; inserzione o aggiunta di elementi giustificativi; alterazione anacronistica del contesto in cui di necessità si colloca l’opera originale; adozione, di solito del tutto acritica, dei principi manieristici dello straordinario, dell’eccessivo, del sovrabbondante».

Ecco, il video di Trump a Gaza mentre sulla sdraio sorbisce un drink con Netanyahu è proprio un esempio di kitsch patentato. L’infosfera sembra essere particolarmente sensibile proprio al kitsch, perché naturalmente privilegia ciò che è vistoso, eccentrico, sgargiante, ama le associazioni cromatiche sfacciate, adora i lustrini e tutto ciò che brilla, mentre fatica a valorizzare quel che è sussurrato, pennellato o cesellato, oscura quel che appare antico di per sé, perché non è glamour, non ha appeal, pare oggetto di stratificazione secolare. Una Gioconda scompare nel web dinanzi alla paccottiglia trumpiana, si annulla di fronte alla sguaiatezza dei pensieri e dell’apparato estetico che le è proprio. Un Van Dick e le sue cesellature pittoriche vengono scalzate con un manrovescio da una qualche starlette del web in pose provocatorie. Le pietre antiche di Roma vengono sgombrate sul web con i caterpillar, come le rovine di Gaza d’altronde. L’inaugurazione di Notre-Dame restaurata ha molte meno visualizzazioni delle sfide di wrestling. E via dicendo.

Un russo, nel 1869, scrisse una frase nel romanzo L’idiota, mettendola sulle labbra del principe Myskin, frase che paradossalmente in epoca putiniana − che ha molto kitsch nella sua estetica, come tutti i dittatori – oggi appare un manifesto dell’Europa che vuole sopravvivere: «La bellezza salverà il mondo». Fëdor Dostoevskij oggi lo ripeterebbe ancora più fortemente, magari scrivendo che «la bellezza salverà il mondo dal kitsch e dai suoi sistemi di pensiero».

Cara Europa, è inutile cercare di contrastare il turbine di trumpismo, sovranismo, nazionalismo, razzismo, xenofobia, spacconeria, inquinamento, spavalderia e via dicendo, di kitsch in una parola, la partita è persa in partenza. Concentrati invece nella valorizzazione della bellezza, dell’arte, della cultura che rispetta, che valorizza, che apre gli spiriti, rispetta e valorizza il creato, che condivide invece di separarsi dal resto del mondo. Forse così il mondo si salverà, e forse così, cara Europa, ti salverai, non dando più quegli indecorosi spettacoli di divisione che in questi giorni metti in mostra ogni volta che i tuoi capi si riuniscono carichi delle rispettive sovranità ipotetiche, o che vanno a inchinarsi dinanzi al monarca a stelle e strisce.

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