Io e lei

Esce nelle sale il film diretto da Maria Sole Tognazzi che, ricordando “Il Vizietto” del padre Ugo, “apre” su una storia di amore lesbico. Piuttosto scontato, nonostante la Buy sia all’altezza (ma non la Ferilli, purtroppo), il film, che esce in 250 copie, non supera il livello di un prodotto furbetto e non eccelso. In uscita anche The martian e il bellissimo Padri e figlie
Margherita Buy e Sabrina Ferilli

Sopravvissuto – The Martian

L’Homo Americanus Matt Damon si trova solo su Marte, è l’astronauta Mark creduto morto dai compagni dell’equipaggio Ares 3 durante una tempesta di sabbia e invece ancora vivo. Lotta per sopravvivere, si ingegna in vario modo, coltiva addirittura patate e riesce a contattare la base che si lancia nell’operazione salvataggio. Blockbuster in 3 D grandioso, immaginifico, con una buona dose di umorismo nei dialoghi senza lasciarsi sopraffare dagli effetti speciali, il lunghissimo film (2 h e 20’) avvince come ogni prodotto ben fatto made in Usa, ma resta in superficie. Se si pensa a Gravity, beh, qui siamo un gradino sotto. L’Homo Americanus da solo alla conquista dell’universo – un tempo del West – lotta fiducioso e speranzoso, ma chiede aiuto solo a sé stesso e ai suoi simili. Nessun accenno ad una possibile trascendenza, nessuna domanda metafisica. Ottimismo e bella recitazione di Damon, novello Tom Cruise degli spazi, diretto da Ridley Scott che di avventure se ne intende bene e sa fare spettacolo.

 

Io e Lei

In tempi di “diritti civili” esce, non a caso, il film diretto da Maria Sole Tognazzi che, ricordando “Il Vizietto” del padre Ugo, “apre” su una storia di amore lesbico tra la borghese Federica (Margherita Buy, ansiosa al punto giusto) e Marina (Sabrina Ferilli, “ex attrice borgatara romana” quanto basta). Alle spalle della prima, un marito che si è rifatto una vita (Ennio Fantastichini) e un figlio che  ora “capisce la madre”, della seconda la voglia di un rilancio attoriale. Le incomprensioni fra le due non mancano, tra riconciliazioni, fughe, rimorsi. Ma il sentimento, qualunque esso sia, deve vincere. Piuttosto scontato e con situazioni già viste in ambito maschile e ora trasportate in quello femminile, con cliché risaputi (il solito camerire gay-macchietta, l’incontro-scontro tra la borghese e l’ex borgatara) e l’eccesso di “romanità”, nonostante la Buy sia all’altezza (ma non la Ferilli, purtroppo), il film, che esce in 250 copie, non supera il livello di un prodotto furbetto e non eccelso.

 

Padri e  Figlie

Lavorare in America e con attori come Russell Crowe, Diane Kruger, Jane Fonda e altre star sta facendo bene a Gabriele Muccino e a noi. La storia di Jake (Crowe), romanziere di successo, ma dall’ispirazione variabile, vedovo della moglie in un incidente stradale, afflitto da disturbi mentali e innamorato della figlioletta Katie, è bella e credibile. In questo film sulla paternità, offerta e sofferta, lottando contro tutti e contro sé stesso, Muccino non esagera in sentimentalismi ma offre, anche grazie a un Crowe intensissimo, una visione scarna, dolente e a tratti impietosa sul difficile mestiere di padre. Ma nello stesso tempo affronta pure il difficile mestiere di figlio, raccontando di Katie adulta, preda di una infanzia traumatica, smarrita e in cerca di un amore da dare (è una psicologa che cerca di risolvere casi difficili) e da ricevere. A ben vedere, si tratta di un film sulle dinamiche familiari e sulla ricerca dell’amore autentico. Muccino sa essere morbido e non esagera mai, scavando nella psicologia dei personaggi (l’analisi del rapporto padre-figlia è molto accurata) e regalando commozione sincera. Da non perdere.

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