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Il complesso Sorriso

di Micaela Ottonello

- Fonte: Città Nuova

La marmellata e il cioccolato. I rapporti. La lista per l’Eterno Padre. Nascita di una cittadella

È il 1976, da poco è sorta la cittadella del Movimento dei Focolari in Argentina: con le prime ragazze (gen) siamo già lì da alcuni anni. Per vivere facciamo piccole cose, fantasie e qualche dolcetto al cocco, ma è difficile e qualche volta non abbiamo da mangiare.

Un giorno, un vicino che ha avuto una produzione abbondante di zucche, pensa di portarcene un po’. Arriva con un trattore e il carro pieno di zucche: non ci sembra vero! Una di noi chiede: «Mia nonna faceva una zucca sciroppata buonissima, e se provassimo?».

La marmellata

Cominciamo a fare questo dolce: andiamo al paese a chiedere barattoli vuoti e poi li vendiamo pieni. Comincia così, in erba, quella che poi sarebbe stata un’industria vera e propria.

In quel momento non abbiamo neppure una bilancia di precisione, allora ci diciamo: «Gesù nel Vangelo dice che non dà pietre a chi chiede pane, chiediamogli una bilancia di precisione».

Al pomeriggio arriva una signora abitante a 300 km dalla cittadella, in una città dove possiede 3 hotel. Attraverso la sorella ha saputo dell’esistenza di questa cittadella e arriva con un pacchetto: «Ho questa in casa che non uso, magari a voi verrà bene». Apriamo il pacchetto: una bilancia di precisione!

Facciamo una grande festa e ci diciamo: «Gesù ci ascolta, facciamo una lista di tutto quello di cui abbiamo bisogno e poi a Natale vediamo cosa arriva». Nasce così la lista per l’Eterno Padre; la teniamo nascosta e unite chiediamo a Lui. Oltre alle zucche facciamo anche limoni e arance sciroppate, perché abbiamo tanti alberi di questa frutta. Si comincia ad avere un po’ di esperienza. Abbiamo iniziato con le marmellate che in quel momento sono una novità, ma col tempo ci facciamo notare sul mercato guadagnando il primo premio per la qualità in una esposizione internazionale, Gurmandiz.

Al lavoro nella fabbrica del complesso Sorriso.

Le macchine

Una sera, arriva una famiglia di Mendoza (1.000 km dalla cittadella). Il loro parroco gli ha proposto di pernottare da noi e quella sera ceno con loro. Sono Antonio Silvestrini, la moglie Amalia e due figli adottivi, Jorge e Patrizia. Racconto loro che facciamo marmellate e il signore mi chiede: «Con che macchine le fai?». Rispondo: «Con le pentole della cucina». Lui vuole sapere di più, gli interessa la cosa; io sono sorpresa. Quando finiamo di cenare, mi dice: «Io fabbrico macchine per fare marmellate e ho sempre voluto ringraziare Dio per questi 14 anni, ma non sapevo come; ora l’ho capito».

Ci diciamo: «Gesù ci ascolta, facciamo una lista di tutto quello di cui abbiamo bisogno e poi a Natale vediamo cosa arriva». Nasce così la lista per l’Eterno Padre.

Qualche giorno dopo arriva un camion con una macchina così grande che non passa da nessuna porta: la chiamiamo “il cavallo di Troia”. Rimane fuori sotto un tetto fino a quando riusciamo a costruire una stanza per la macchina e per la caldaia a vapore per alimentarla. Risultato: 50 kg di marmellata in un’ora.

Grazie al premio per la qualità, presto le marmellate e la frutta sciroppata entrano nei grandi supermercati; così la produzione viene venduta lì e ai tanti visitatori della cittadella.

Il cioccolato

In quel tempo non sappiamo che il cioccolato ha una sua precisa tecnica di lavorazione: lo sciogliamo a bagnomaria, l’acqua bolle e poi immergiamo ogni bonbon di frutta (o altro inventato lì per lì), li mettiamo ad asciugare su una carta oleata, ma restano color marrone, opachi o a puntini.

Un giorno andiamo a Buenos Aires, alla pasticceria più famosa, “Los dos chinos”, e l’amica Lia mi dice: «Vedi come è bello il cioccolato, brillante, di un bel marrone». Torno a O’Higgins pensando a come fare. Viene in visita una signora anziana. La ricevo, le faccio conoscere la fabbrica e racconto dei cioccolatini. Lei mi dice che ha lavorato in quel campo; è l’incaricata della lavorazione del cioccolato nella pasticceria “Los dos chinos”. Rimane con noi 15 giorni e ci insegna la tecnica affinché il cioccolato resti sempre marrone e brillante. Non solo, ci lascia in regalo la forchetta speciale che ha usato per 40 anni, dicendo: «Qui c’è la continuità».

La lavorazione del cioccolato è molto importante. Un giorno vogliamo fare un nuovo cioccolato, ma non c’è molta unità tra noi, una lo vuole di una forma, una di un’altra. Ci fermiamo e, rimesso l’amore reciproco tra noi, ecco che il cioccolato esce proprio come piace a tutte. Come chiamarlo? “Ciocogim”, per ricordarci che prima di tutto deve esserci Gesù in mezzo a noi.

Un giorno, i genitori di due ragazze che stanno facendo un periodo di soggiorno nella cittadella, a tavola commentano: «Dobbiamo proprio ringraziare Dio perché le troviamo così maturate, sono così cambiate». Una di loro dice: «Perché non lo fate concreto questo ringraziamento a Dio?». Arriva così la temperatrice di cioccolato, una macchina che fa tutto il processo di temperatura di cioccolato fino a 50 kg.

La produzione aumenta e non si riesce a stare dietro a tutte le richieste. Una caffetteria di Buenos Aires che ha 40 negozi nella metropoli ci compra tutta la produzione. Una di noi dice: «Ci vorrebbe una bagnatrice automatica». Subito cominciamo a chiederla a Gesù: dopo poco arrivano i soldi giusti per questo fine.

La lista per l’Eterno Padre

Un giorno racconto la storia della lista a un gruppo di persone. Quando il gruppo se ne va, un signore rimane e mi chiede: «Adesso cosa avete nella lista?». Gli rispondo che la lista è segreta. Lui: «Ma come faccio a sapere quello di cui avete bisogno?». Io: «Si metta d’accordo con Lassù e Lui gli dirà di cosa abbiamo bisogno». «Ma io non sono credente». «Lo faccia lo stesso».  «Allora quello che ha appena raccontato è vero! Io credevo che dicesse alle persone le vostre necessità e poi attribuiste a Dio l’arrivo». Mi sembrava tutto emozionato e mi ha tanto ringraziata.

Uno scorcio attuale della cittadella Lia

La casetta

Intanto, arriva anche una casetta, che non abbiamo chiesto. Il costruttore Cutrini l’ha fabbricata per gli operai che costruiscono le casette della cittadella. Finiti i lavori, ci dice: «Questa la lascio in regalo all’industria dei cioccolatini».

È impressionante contemplare l’intervento di Dio in tutto questo. Di fianco a quella dei cioccolatini c’è la stanza per le marmellate, con annessa la stanza per la caldaia a vapore. Si può immaginare l’emozione quando vediamo alzarsi la ciminiera: è il sogno di Chiara Lubich che si fa realtà. Lei aveva chiamato questo complesso “Sorriso”.

Ci aveva detto: «La testimonianza dell’amore superi l’attività e il prodotto». Questo abbiamo sempre cercato di vivere e i frutti non sono mai mancati.

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