Indignados contro Wall street

Non c’è un vero capo, ma tante persone insoddisfatte che vogliono far sentire finalmente la propria voce 
Occcupy wall street
Sono personaggi del mondo dello spettacolo, ex studenti che si sono indebitati per terminare gli studi e ora non riescono a trovare un lavoro, ma anche disoccupati di lunga data, docenti universitari, politici e anziani. Sono gli “indignados” (indignati) di New York, che dopo giorni di proteste nei pressi del cuore finanziario della Grande Mela, Wall Street, sono stati arrestati in massa (circa 700 persone) mentre manifestavano sul ponte di Brooklyn.

 

La protesta era pacifica, ma i dimostranti bloccavano il traffico e tanto è bastato alle forze dell’ordine e alle istituzioni per cercare di mettere fine, perlomeno provvisoriamente, ad una manifestazione che ha contribuito a tenere alta l’attenzione, in America e in Europa, sulla crisi economica. Una crisi che deve molto alle speculazioni finanziarie in atto anche alla borsa di New York e che rischia di compromettere persino la rielezione del presidente statunitense, Obama, come da lui stesso pubblicamente ammesso nei giorni scorsi.

 

Il movimento degli “Occupy Wall Street” è nato su ispirazione degli “indignados” di Madrid, che per settimane hanno occupato la capitale spagnola per protestare contro gli effetti della crisi economica. Dopo l’invito all’azione diffuso tramite un blog, sono cominciati alcuni incontri pubblici, poi sfociati nelle manifestazioni nei pressi di Wall Street.

 

Un vero capo, assicurano, non c’è. Ci sono invece tante persone insoddisfatte, che vogliono far sentire finalmente la propria voce e sono intenzionate a continuare le proteste nonostante l’arresto. Intorno a loro, del resto, si è già sviluppata un’ampia rete di solidarietà con sostenitori che hanno fornito sacchi a pelo per la notte e altri che, anche da altri stati dell’Unione, stanno contribuendo economicamente all’acquisto e alla fornitura dei pasti.

 

Al di là degli ultimi fatti di cronaca, queste manifestazioni ricordano – anche se in piccolo – i grandi movimenti di piazza del passato, organizzati per chiedere il rispetto dei diritti civili o dire no alla guerra. Emerge con forza il desiderio di partecipazione della popolazione, che intende fermare coloro che continuano a giocare e ad arricchirsi sulla pelle della “gente comune”.

 

I partecipanti sono consapevoli che battersi contro lo strapotere della finanza non è semplice, ma hanno deciso di non arrendersi e, come dice Sid, studente di 22 anni, «potremmo stare qui per mesi, anche se combattiamo contro dei giganti, perché quello che facciamo è importante».

 

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