In scena

Numerosi gli appuntamenti nei vari teatri italiani con attori di rilievo come protagonisti

Toni Servillo ed Elvira

L’originale di Brigitte Jaques, “Elvire Jouvet 40”, è la trascrizione delle sette lezioni sul “Don Giovanni” di Molière tenute dal grande attore francese Louis Jouvet al Conservatoire di Parigi sotto l’occupazione nazista. Da questo testo parte Toni Servillo affrontandolo nella nuova traduzione realizzata da Giuseppe Montesano Elvira – spiega Toni Servillo – porta il pubblico all’interno di un teatro chiuso, quasi a spiare tra platea e proscenio, con un maestro e un’allieva impegnati in un particolare momento di una vera e propria fenomenologia della creazione del personaggio, sul teatro e sul lavoro di attore. Trovo il complesso delle riflessioni di Louis Jouvet particolarmente valido oggi per significare soprattutto ai giovani la nobiltà del mestiere di recitare, che rischia di essere svilito in questi tempi confusi”.

“Elvira” (Elvire Jouvet40)”, di Brigitte Jacques, da “Molière e la commedia classica” di Louis Jouvet, traduzione Giuseppe Montesano, con Toni Servillo, Petra Valentini, Francesco Marino, Davide Cirri, costumi Ortensia De Francesco, luci Pasquale Mari, suono Daghi Rondanini, regia Toni Servillo. Coproduzione Teatri Uniti, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. A Napoli, Teatro Bellini, fino al 12/2.

 

Il Molière di Paolo Rossi

Nello spettacolo vedremo alternarsi in scena Paolo Rossi nelle vesti di Molière e Paolo Rossi capocomico che interpreta sé stesso intento a capitanare la sua compagniaIl gioco di rimandi e parallelismi è continuo e profondo. Il rapporto tra l’uomo Molière e le sue opere era strettissimo, proprio come accade in questa nuova commedia che vuol essere un anarchico viaggio nel tempo intessuto da folgoranti estratti da almeno tre dei capolavori di Molière come “Il Misantropo”, “Il Tartufo” ed “Il Malato immaginario”, per l’occasione tradotti e adattati dal drammaturgo Stefano Massini. In scena però, questi grandi capolavori di Molière non verranno attualizzati, ma vissuti dalla compagnia di oggi, un’agguerrita compagine di attori, in un continuo gioco di specchi temporali con quella di fine Seicento.

“Molière: la recita di Versailles”  di Paolo Rossi e Giampiero Solari, su canovaccio di Stefano Massini, regia Giampiero Solari, con Paolo Rossi, Lucia Vasini, Fulvio Falzarano, Mario Sala, Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari, Stefano Bembi, Bika Blasko, Riccardo Zini, Karoline Comarella, Paolo Grossi; canzoni originali Gianmaria Testa, musiche dal vivo I Virtuosi del Carso, scene e costumi Elisabetta Gabbioneta, luci Gigi Saccomandi. Produzione Teatro Stabile di Bolzano. A Roma, teatro Vittoria, dal 2 al 12/2.

Le luci della ribalta di Chaplin

Un autentico evento culturale-teatrale e meta-cinematografico, per uno spettacolo di grande divertimento e commozione. Dopo trattative durate alcuni anni, Antonio Salines ha ottenuto dalla famiglia Chaplin i diritti teatrali di “Luci della ribalta”, forse il film più famoso del grande artista e certamente il suo testamento spirituale. Come tutti sanno la trama narra la storia di un grande clown in declino, Calvero (Antonio Salines), e del suo incontro con una bella e sfortunata ballerina, Teresa (Marianella Bargilli). I due si incontrano, lui le salva la vita e, accogliendola in casa con pazienza e dedizione, riesce a restituirle l’uso delle gambe, ritrovando egli stesso una ragione di vita. Teresa sboccerà come un fiore in primavera e anche Calvero dopo tante vicissitudini tornerà al successo. Lei si innamorerà di lui e quel sentimento non nascerà dalla riconoscenza, sarà amore vero. Tutti ricordano le musiche del film (tra le colonne sonore più famose di sempre) e la scena finale del “concertino comico” tra Charlie Chaplin e Buster Keaton.

“Luci della ribalta”, di Charlie Chaplin, adattamento teatrale Eleonora Zacchi, scene Federico Cautero, costumi Chiara Aversano, musiche Roberto Fia, regia Giuseppe Emiliani, con Antonio Salines, Marianella Bargilli, Lino Spadaro, Renata Zamengo, Orazio Stracuzzi, Riccardo De Francesca, Luigi Biava. A Roma, teatro Quirino, dal 31/1 al 12/2.

 

Sul sentiero dei passi pericolosi

Al centro della piéce di Michel Marc Bouchard, fra i più noti autori contemporanei canadesi, e messa in scena dalla torinese Compagnia Tedacà, ci sono  tre fratelli molto diversi fra loro che viaggiano assieme il giorno del matrimonio del più giovane di loro per raggiungere il luogo della cerimonia. Hanno un incidente e si perdono in una foresta, da cui rischiano di non far ritorno. In questa solitudine sono costretti a parlarsi: s’illuminano così, violentemente, episodi del loro passato. Primo fra tutti il suicidio del padre, avvenuto anni prima, sotto il loro occhi, su quello stesso sentiero. E proprio quando tutto sembra perduto, ecco palesarsi l’occasione di incontro con sé e con l’altro carico di una tragica straziante ma anche liberatoria verità.

“Il sentiero dei passi pericolosi”, di Michel Marc Bouchard,  regia Simone Schinocca, con Andrea Fazzari, Mauro Parrinello e Matteo Sintucci, Compagnia Tedacà. A Roma, Teatro dell’Orologio, dal 3 al 5/2. 

 

La parola padre

Uno spettacolo di donne. Il regista Gabriele Vacis unisce in scena sei donne di quattro diversi Paesi e culture e le mette a confronto nella loro relazione con la figura paterna. Tutte hanno conti in sospeso con la loro patria, tutte hanno questioni aperte con i loro padri. In quanti modi si può dire padre? In quanti modi si declina la relazione con questa figura di riferimento, in presenza o in assenza? Immagini, danze, musiche, dialoghi e parole frullano identità impossibili, mobili, fluide. Uno spettacolo emozionante e poetico.

“La parola padre”, drammaturgia e regia Gabriele Vacis, con Irina Andreeva (Bulgaria), Alessandra Crocco (Italia), Aleksandra Gronowska (Polonia), Anna Chiara Ingrosso (Italia), Maria Rosaria Ponzetta (Italia), Simona Spirovska (Macedonia); scene/luci Roberto Tarasco. Produzione Cantieri Teatrali Koreja. A Cervignano,  Teatro Pasolini, il 2/2,  e il 3 al Teatro S.Giorgio di Udine.

 

Le sorelle Materassi

Dal celebre romanzo di Palazzeschi del 1918, una commedia tagliata su misura per tre grandi signore del teatro: Milena Vukotic, Lucia Poli, Marilù Prati, e con Gabriele Anagni. A Firenze due sorelle cinquantenni, zitelle invecchiate precocemente nel lavoro di ricamatrici. Figlie di una madre succube e di un padre farfallone, le due donne si sono adattate a una smorta ed operosa esistenza, che comprende anche la sorella malmaritata Giselda e la serva Niobe. In questo nucleo ben consolidato, dove le giornate si susseguono nel ricamo di corredi da sposa e biancheria di lusso per la borghesia benestante, irrompe Remo, il figlio quindicenne della defunta sorella Augusta. Il ragazzo, bello, vitale e spregiudicato, attira subito le attenzioni e le cure delle donne i cui sentimenti parevano sedati dalla confortante noia della provincia. Quando Remo si rende conto della sua nuova posizione, ne approfitta senza ritegno, dilapidando la fortuna delle due zie, costrette a porre rimedio a tutte le imbarazzanti situazioni in cui le precipita il ragazzo.

“Le sorelle Materassi”, libero adattamento di Ugo Chiti dal romanzo di Aldo Palazzeschi, regia Geppy Gleijeses, scene Roberto Crea, costumi Ilaria Salgarella, Clara Gonzales, Liz Ccahua coordinate da Andrea Viotti, luci Luigi Ascione, musiche di Mario Incudine. Prodotto da Gitiesse Artisti Riuniti. A Torino, Teatro Carignano, fino al 12 febbraio.

 

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