Ad inizio anno ricevo una mamma che col marito ha adottato un bambino del Myanmar. È preoccupata per l’inserimento, perché Mark non conosce l’italiano. Mi chiede: «Come lo accoglieranno gli altri bambini? Magari si rallenterà il loro percorso di apprendimento».
Su questo la rassicuro: «Non si preoccupi, nella nostra classe nessun bambino è straniero!». Siamo infatti un gruppo eterogeneo per provenienza, esperienza, colore della pelle, ma questo ci ha fatti sempre sentire più ricchi e contenti.
Annuncio ai bambini che arriverà Mark. La preside ha scelto la nostra classe perché è la Quarta A, “A” di AMICI! Poi chiedo come desiderano accogliere questo nuovo compagno. Subito si alzano le mani per chiedere la parola ed è un fioccare di idee: un cartellone di benvenuto, una musica del Myanmar, un libricino con i loro disegni coloratissimi…
Chiedo: «Cosa farebbe piacere a voi arrivando in un posto nuovo, tra bambini che non conoscete e con cui non riuscite a comunicare?». «Maestra – dice Anna –, io sarei felice di ricevere un regalo!». A tutti sembra un’ottima idea. Però deve essere un regalo che viene da loro e non comprato dai genitori, magari un oggetto piccolo, come una matita, ma ben confezionata in un pacchetto con fiocco, per far sentire a Mark che siamo felici di averlo in classe.
Arriva il giorno atteso: sul banco di Mark c’è un cesto pieno di pacchettini, nessuno se lo è dimenticato! Lui arriva accompagnato dalla mamma che si commuove nel vedere l’accoglienza calorosa e delicata dei compagni.
Mark inizia a scartare i piccoli doni: dolcetti, colori, un pupazzetto che subito appende al suo zaino. Non conosce che poche parole in italiano, ma per quei “miracoli” di spontaneità e semplicità che solo i bambini sanno compiere, a ricreazione è già seduto tra i compagni e gioca ridendo divertito con delle carte. L’idea è stata di Nicola: «Le nostre carte-gioco hanno simboli e colori, e quelli li capirà anche lui!».
Mark impara i nomi di tutti in poche ore e i giorni seguenti arriva a scuola saltellando contento. I bambini fanno a gara per stargli vicino, aiutarlo nello svolgimento dei compiti, fargli visitare gli ambienti della scuola.
Ma a guadagnarci non è solo Mark! La sua presenza fa emergere nei compagni abilità comunicative e di relazione, empatia e ascolto, ma anche competenze maturate nello studio, capacità di trovare sinonimi o parole più adeguate allo scopo.
Li vedo cresciuti di colpo. Nel gioco provano nuove regole, si divertono a scoprire parole in un’altra lingua, imparano con curiosità a vedere il mondo con un altro sguardo. Cadono, anche tra i genitori, barriere e pregiudizi. I bambini ci mostrano la parte più bella e genuina dell’essere umano.