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Imparare a migliorarsi nello sport e nel lavoro con i coach

di Angela Mammana

- Fonte: Città Nuova

La capacità di adattarsi, di accettare i consigli per migliorarsi, è un valore aggiunto nel mondo dello sport, ma anche in quello lavorativo. Per farlo, esistono figure specifiche: sono i coach.

Marcell Jacobs (AP Photo/Charlie Riedel)

Cosa può aiutare un atleta, un professionista, un lavoratore dipendente, nello sviluppo delle performance e delle competenze desiderate? Pensando a tutte le medaglie d’oro degli atleti di quest’anno, saranno state diverse le curiosità e le fantasie riguardo ai nostri sportivi. Spesso, attribuiamo i risultati di una vittoria al talento naturale della persona e/o al coach. Sicuramente diversi fattori portano ad un risultato eccellente, ma quanto incide l’atteggiamento dell’atleta?

L’atteggiamento rivolto alla crescita non è solo prerogativa dello sport, ma di tutti gli ambiti in cui si può migliorare una competenza o una performance. L’allenamento è un esercizio strategico e continuativo verso obiettivi progressivamente più elevati. Dalle aziende alle scuole di canto, ai campi da tennis una metodologia molto utilizzata è quella del coaching.

Il processo di coaching negli ultimi 20-30 anni si è spostato dai campi sportivi alle stanze di azienda per lo sviluppo di manager e dipendenti, per l’implementazione di competenze tecniche e soft skills. Rispecchiando l’aumento delle pratiche di coaching all’interno delle organizzazioni, soprattutto in America, è cresciuto l’interesse accademico per questa pratica. Nell’ambiente di lavoro instabile e complesso di oggi, il coaching manageriale si rivela un supporto fondamentale per facilitare il cambiamento, lo sviluppo e il miglioramento delle prestazioni dei dipendenti. Inizialmente veniva esaminato il coaching in modo isolato, concentrando l’attenzione sulle competenze del coach senza considerare l’impatto che hanno i coachee sul successo del processo di coaching.

I coachee, così definiti, sono coloro che vengono allenati, le persone che usufruiscono della metodologia attraverso un percorso orientato ad un obiettivo. Un fattore che rende allenabili un atleta, un manager, un professionista è legato alla volontà e alla capacità di cercare, ricevere, agire e cambiare il comportamento in base al feedback fornito durante le interazioni di allenamento. Questa capacità di ricevere feedback, di superare la propria resistenza al cambiamento, sfidando convinzioni personali e spingendosi verso territori dell’eccellenza anche se le condizioni del contesto non sono ideali, viene chiamata “coachability”.

Peter Giacobbi dell’Università del Tennesse l’ha formalmente concettualizzata ed esaminata in ambito sportivo e ha definito la coachability come un costrutto multidimensionale, specifico per lo sport, caratterizzato dalla motivazione a migliorare le proprie abilità sportive, curiosità, apertura all’apprendimento e fiducia e rispetto per l’allenatore e il suo processo di allenamento.

Gli esperti organizzativi, tuttavia, sottolineano l’importanza della coachability per chi è al di fuori dei contesti atletici. Ricercatori e professionisti dell’organizzazione sottolineano l’importanza di identificare e assumere dipendenti altamente allenabili, poiché forniscono un valore alle loro organizzazioni. Recenti ricerche su questo costrutto suggeriscono già vantaggi promettenti per le prestazioni individuali e organizzative.

Viene considerata importantissima la capacità dei dipendenti di adattarsi a nuove situazioni sul posto di lavoro durante i periodi di cambiamento. L’adattabilità dei dipendenti implica una rapida modulazione del proprio comportamento per adattarsi a nuovi problemi organizzativi interni e a fattori ambientali esterni. La ricettività e il successivo utilizzo del feedback fornisce ai lavoratori le informazioni necessarie per adattare rapidamente i comportamenti.

Poiché la coachability promuove la ricerca, la ricettività e l’implementazione del feedback, ne consegue che la coachability può influenzare l’adattabilità della persona. Nel complesso, i risultati di questo studio dimostrano che i dipendenti altamente allenabili ottengono prestazioni lavorative migliori, sono significativamente più adattabili e sono visti come più promuovibili.

Ciò fornisce una strada attraverso la quale le organizzazioni possono massimizzare gli investimenti nel coaching, ottenere una maggiore efficacia e potenzialmente creare vantaggi competitivi. Ciò assume una considerazione importante anche nel processo di reclutamento, in quanto si comprende anche l’importanza di sviluppare e sostenere un forte deposito di risorse di capitale umano per raggiungere obiettivi desiderati.

Poiché i risultati di questo studio indicano che la coachability dei dipendenti guida la promozione, ne consegue che i dipendenti altamente coachable forniscono alle organizzazioni talenti più forti e in rapido sviluppo. La fornitura di feedback da parte di un “allenatore/coach” o manager, si traduce in prestazioni elevate solo se chi lo riceve, lo interiorizza e lo utilizza per svilupparsi e migliorare. C’è una specie di mix di curiosità, entusiasmo e passione nelle persone che hanno un’alta coach-abilità. Sanno di avere delle zone d’ombra e costruiscono con il proprio allenatore, coach, capo, un’intesa fatta di fiducia e di richiesta di obiettivi via via più impegnativi.

Chi è coachable impara da chi insegna, si corregge quando qualcuno glielo fa notare. È una disposizione umile, flessibile, e ricettiva. Lasciarsi modellare, dalla vita, dagli altri, e imparare dall’esperienza, non è solo docilità, richiede alcuni requisiti come:

  • il pieno coinvolgimento attivo e responsabile come protagonista del processo educativo e formativo;
  • un atteggiamento positivo nei confronti della realtà, di fiducia verso gli altri;
  • la libertà interiore ed il desiderio di lasciarsi formare e addestrare;
  • la capacità di relazione con l’altro, di interazione profonda;
  • la capacità di coltivare la competenza di “learn to learn”, imparare ad imparare.

In conclusione, vuol dire distinguere il nostro essere dal fare, siamo OK e possiamo cambiare il nostro “fare”, imparando e cambiando, riconoscendo cosa è migliorabile nelle prestazioni, per raggiungere livelli d’eccellenza o per contribuire alla crescita di un’organizzazione.

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