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Immigrazione, con le nuove proposte espulsioni più facili

di Fabio Di Nunno

- Fonte: Città Nuova

Fabio Di Nunno, autore di Città Nuova

Il Consiglio dei ministri dell’Unione europee vuole riformare le politiche migratorie per accelerare espulsioni e istituire centri per migranti all’estero

Sbarco di migranti a Lampedusa Sicilia Archivio . ANSA/CONCETTA RIZZO

I ministri della Giustizia e degli Affari Interni dell’Unione europea (Ue), riuniti a Bruxelles, hanno approvato delle proposte di riforma delle politiche europee sulla migrazione che perfeziona il cosiddetto regolamento sui rimpatri. Si tratta di norme proposte per la prima volta a marzo per consente agli Stati membri dell’Ue di istituire dei centri di rimpatrio al di fuori del territorio dell’Ue per i migranti in attesa di rimpatrio. L’accordo raggiunto l’8 dicembre consente agli Stati membri la facoltà di espellere le persone che non hanno il diritto di vivere e lavorare nell’Ue, di istituire centri di asilo all’estero e di creare centri di espulsione al di fuori dei propri confini nazionali.

La bozza di riforma include un nuovo pool di solidarietà in cui gli Stati membri, ad eccezione di quelli che già affrontano elevati livelli di pressione migratoria, saranno invitati a reinsediare i migranti, a dare assistenza operativa o a finanziare il sostegno ad altri Stati membri. La Commissione europea aveva proposto 30.000 ricollocazioni o un sostegno finanziario equivalente (20.000 euro a persona), mentre i ministri hanno concordato obiettivi più bassi ma vincolanti: 21.000 ricollocazioni e 420 milioni di euro per il 2026.

Secondo la Commissione europea, attualmente, Grecia, Cipro, Spagna e Italia sono sotto pressione migratoria e beneficeranno di accordi di solidarietà una volta che il patto entrerà in vigore il prossimo anno. Anche i paesi considerati a rischio saranno i primi a beneficiare del sostegno dell’Ue e di finanziamenti aggiuntivi; nello specifico, Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia e Polonia potrebbero richiedere detrazioni totali o parziali a causa della forte pressione migratoria degli ultimi anni.

Inoltre, è stato stilato un nuovo elenco di paesi sicuri, che, salvo circostanze attenuanti, renderebbe più facile respingere le domande di asilo e consentirebbe l’espulsione verso i Paesi attraverso i quali il richiedente asilo ha solo transitato. Tra questi paesi di origine sicuri figurano Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia, secondo la nuova lista approvata dalla Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo, che ha visto aggregare il voto dei partiti politici di centrodestra fino ai gruppi della destra radicale, mentre i Socialisti & Democratici hanno votato contro, così come i gruppi di sinistra.

La nuova lista di Paesi di origine sicuri passerà quindi al vaglio della Commissione europea e del Consiglio dell’Ue, senza transitare per l’Assemblea plenaria di Strasburgo. Oltre a questi sette paesi, poi, la Commissione europea considera sicuri anche i Paesi candidati all’adesione all’Ue, come Turchia e Georgia.

Alcuni attivisti dei diritti umani e organizzazioni della società civile, però, hanno palesato la propria perplessità di fronte all’inclusione di Marocco, Tunisia, Egitto e Bangladesh nella lista dei paesi di origine sicuri, in considerazione delle numerose notizie e denunce di persecuzioni sistematiche di attivisti, avvocati e giornalisti che giungono da quei Paesi. Alcuni partiti di destra avrebbero voluto inserire nella lista dei paesi di origine sicuri anche paesi come Sudan, Etiopia e Senegal. Inoltre, le critiche si concentrano anche sull’articolo della proposta sui rimpatri, che consentirebbe alle autorità di effettuare perquisizioni domiciliari, indagini e controlli aggiuntivi per far rispettare le espulsioni.

Infine, gli Stati membri potrebbero istituire dei centri di gestione delle richieste di asilo in paesi terzi, ma anche dei veri e propri centri di rimpatrio in cui le persone le cui richieste non vengono accolte possano essere allontanate. Le nuove regole sono il viatico per l’entrata in vigore del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo nel giugno del 2026.

Il Consiglio dei ministri dell’Ue, quindi, dovrà avviare i negoziati con il Parlamento europeo sulle sue proposte legislative, mentre il pool di solidarietà dovrà essere sottoposto a una verifica giuridica per poi essere formalmente firmato entro la fine del 2025.

L’accordo, non scontato, è stato raggiunto nonostante forti dissensi su posizioni opposte: paesi come la Spagna, preoccupata che le nuove regole fossero eccessive, si sono contrapposti a paesi come la Slovacchia, che sosteneva che tali misure non fossero sufficienti a contrastare l’immigrazione irregolare.

D’altronde, il nodo politico più spinoso è stato quello relativo all’obbligo per tutti gli Stati membri dell’Ue di applicare automaticamente i rispettivi ordini di espulsione, parte della proposta sui rimpatri; il testo finale introduce un meccanismo in due fasi: volontario inizialmente e obbligatorio successivamente.

Secondo Magnus Brunner, Commissario europeo per le migrazioni, «siamo a un punto di svolta nella riforma europea dell’immigrazione e dell’asilo», poiché le misure proposte «contribuiranno a elaborare le richieste in modo più efficace e a ridurre la pressione sui sistemi di asilo», inviando lo stesso segnale: «l’Europa non tollererà alcun abuso dei suoi sistemi».

Il pacchetto di riforme ha visto un ruolo propulsore della Danimarca, che detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, guidata da governo di centro-sinistra che ha adottato un approccio duro all’immigrazione irregolare sia a livello nazionale che europeo. Rasmus Stoklund, Ministro danese per l’Immigrazione e l’Integrazione, ha osservato che «abbiamo un afflusso molto elevato di migranti irregolari e i nostri paesi europei sono sotto pressione», laddove «migliaia di persone annegano nel Mar Mediterraneo o subiscono abusi lungo le rotte migratorie, mentre i trafficanti di esseri umani guadagnano fortune», a dimostrazione del fatto «che il sistema attuale crea strutture di incentivi malsane e un forte fattore di attrazione, difficili da eliminare».

Queste nuove modalità di gestione dei flussi migratori, richieste da anni dai leader europei, rappresentano anche un modo per mantenere la fiducia dei cittadini europei ed elaborare uno strumento per contrastare l’estrema destra, le cui proposte trovano terreno fertile nel crescente malcontento dell’opinione pubblica sull’immigrazione, che, infatti, è in cima alla lista delle priorità degli Stati membri. La forte ascesa di partiti di estrema destra, negli ultimi anni, nelle elezioni di paesi come la Francia, la Germania e la Polonia, sta a dimostrarlo.

Non a caso, nel suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha affermato che affrontare l’immigrazione irregolare è fondamentale per mantenere la percezione «che la democrazia fornisca soluzioni alle legittime preoccupazioni delle persone», perché, sebbene «i cittadini europei hanno dimostrato la loro disponibilità ad aiutare chi fugge da guerre e persecuzioni», è anche vero che «la frustrazione aumenta quando sentono che le nostre regole vengono ignorate».

Immancabile anche uno strale da oltreoceano, dove l’amministrazione guidata da Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America, ha pubblicato un nuovo documento strategico nel quale si afferma che le politiche migratorie europee «stanno trasformando il continente e creando conflitti».

Secondo dati raccolti dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) e dal Ministero degli Interni spagnolo, dopo il picco di oltre un milione di migranti giunti in Europa nel 2015, nel 2025, sono stati registrati finora 143.053 arrivi irregolari di migranti. Nello specifico, sono stati registrati 62.934 arrivi dalla rotta migratoria centrale, 45.868 arrivi dalla rotta migratoria orientale e 34.251 arrivi dalle rotte migratorie occidentali.

 

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