Immigrati più attivi e fiduciosi nel futuro

Il nono Rapporto sulle migrazioni, presentato martedì a Roma, fotografa una capitale meta di studio per il 90 per cento dei giovani nati in Italia. Desta preoccupazione il mancato rinnovo di tanti permessi di soggiorno a carico di stranieri già inseriti e il lavoro di supplenza svolto dal volontariato associativo
Studio Radiofonico

Nando Devole, immigrato albanese che si dichiara romano, metaforicamente sostiene: «Gli immigrati sono le nostre finestre sul mondo, perché, se ti poni in ascolto, ti raccontano la loro cultura, la loro dimensione, la loro identità e il loro vivere. Ma, le finestre, ti permettono di guardarti anche dentro». Ed è dentro la realtà degli stranieri sul territorio laziale che entra il Nono rapporto dell'Osservatorio romano sulle migrazioni, presentato stamattina a Roma. A realizzarlo insieme: Caritas, Camera di commercio e Provincia di Roma.

I dati raccolti parlano di moltissimi permessi di soggiorno sono scaduti senza la possibilità di essere ulteriormente rinnovati e tra gli immigrati in Roma e Provincia sono peggiorati i diritti sociali, la protezione per i rifugiati, la richiesta di asilo. Salvo, poi, sapere che spessissimo l’amministrazione locale si affida a associazioni e volontari che continuano a presidiare i territori e a portare il giusto apporto e supporto. Cresce poi la disoccupazione, in generale, e il divario tra qualifica professionale dello straniero e lavoro che effettivamente fa. Si dirà: stessa cosa, del resto, fra gli italiani.

Una domanda sorge quindi inevitabilmente spontanea: é la crisi, fortissima, che sta impoverendo i cuori oltre che i portafogli? Non si tratta solo della condizione dell'essere immigrato, quindi, ma proprio il non riuscire a convertire il difficile momento in una opportunità, non per uno, ma per tutti, italiani o stranieri

Ginevra Demasio, dell'Osservatorio e di Caritas e Migrantes, precisa però che: "Stranieri si nasce. Uguali si diventa!" E il percorso per chi arriva in Italia è spesso in salita. Come appianare allora la strada dell’intercultura? L'unica via percorribile, dice monsignor Feroci, è proprio quella «dell'Amore. Aprirsi alla diversità e all'integrazione. Alla fiducia. Soprattutto quella nel prossimo, anche e proprio perché non è come me». Roma in tal senso si candida ad essere città accogliente, se non sempre per le strutture, talvolta insufficienti, almeno per il suo humus inclusivo.

In questo critico contingente economico, poi, mentre gli italiani sembrano paralizzati dall'incognita del futuro, gli immigrati continuano a sperare e si rimboccano le maniche. Studiano l'italiano (quasi 20.000 hanno seguito un corso di lingua nell'a.a. '11/'12 solo nel Lazio) fanno lavori umili pur di lavorare (quasi il 52% degli occupati) e creano impresa (dal 14% del 2008 al 17,3% del 2011). Sembrano proprio dare il buon esempio, quindi. Perché non imitarli, guardandoli di meno dall'alto in basso? Del resto gli immigrati a Roma sono più occupati degli italiani (71,9% rispetto al 62,5%).

Altro dato interessante quello sui matrimoni misti: circa 18mila in tutta Italia. Mentre Roma è la capitale anche degli alunni stranieri, il 90 per cento di quelli nati in Italia viene a studiare sotto il Cupolone.

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