Il sogno della piena unità

Intervista ad Antje Jackelen, prima donna arcivescovo della chiesta luterana svedese. L’evento ecumenico di questi giorni è frutto di 50 anni di dialogo
Antje Jackelen

61 anni, sposata con il pastore luterano Heinz, Antje Jackelen ha due figlie. È stata eletta “Erzbischöfin”, arcivescovo, il 15 ottobre del 2013, con il 55,9% dei voti tra i 325 membri dei consigli locali e dal 15 giugno 2014 guida la Chiesa di Svezia.

 

Viso ovale, capelli bianchi a caschetto rigorosamente non colorati artificialmente, due grandi occhi azzurri chiari, si vede che le piace parlare guardando bene l’interlocutore negli occhi. È molto stanca per la preparazione dell’evento ecumenico con il papa e le molte interviste, ma non si sottare alle domande e si scusa, in anticipo, se nelle risposte non sarà così lucida.

 

Che contributo possono dare i movimenti e le associazioni ecclesiastiche al cammino ecumenico?

I movimenti sono ecumenici nella loro stessa configurazione, per cui i pregiudizi sono abbattuti e danno testimonianza per la loro stessa natura a tutti i cristiani. Se ti frequenti con persone di altre Chiese e ti guardi negli occhi, è difficile dire delle cose negative l’uno dell’altro.

 

L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Quali sono le più rilevanti differenze tra luterani e cattolici?

Per me le differenze non sono così grandi. Anche noi crediamo nella presenza reale di Gesù nel sacramento dell’Eucaristia, anche se non rimarchiamo in modo così netto solo l’atto della consacrazione, ma diamo attenzione a tutto il processo di comunione all’interno di una comunità con le preghiere e la condivisone. L’altro ostacolo riguarda il ministero: abbiamo bisogno di più tempo e conversazioni tra di noi su questi argomenti.

 

La Svezia è una società post cristiana?

La frequenza media ai sacramenti è abbastanza bassa, se paragonata ai parametri cattolici dove forse si avverte ancora maggiormente un obbligo a partecipare. I luterani, per esempio, negli ultimi 15 anni stanno riscoprendo i pellegrinaggi, con passeggiate nei boschi in antichi luoghi religiosi in Svezia, o il cammino di Compostela in Spagna. Non si può misurare solo dalla frequenza ai sacramenti quanto sia cristiano un Paese.

 

Che tipo di collaborazione esiste con la Chiesa cattolica a favore dei poveri?

A livello locale c’è molta collaborazione, anche se la Chiesa cattolica in Svezia è molto piccola. Abbiamo accolto insieme i rifugiati e lavoriamo anche con le altre chiese cristiane per orientare l’opinione pubblica su questioni di giustizia sociale.

 

Come immagina l’unità tra le chiese nel futuro? Ha un sogno?

Sogno che ci sia una piena unità nel futuro, cominciando dal poter condividere l’Eucaristia, specie per quelle persone che vivono già tra di loro l’amore reciproco, ma non gli è permessa ancora la comunione sacramentale. Non giustifichiamo la divisione, anche se abbiamo delle differenze e la perfetta unità sarà possibile solo in Cielo. L’evento ecumenico di questi giorni è il frutto di 50 anni di dialogo e del lavoro fatto anche dai papi precedenti.

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