Il 10 settembre la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo stato dell’Unione europea (Ue), tenuto al Parlamento europeo riunito a Strasburgo, aveva detto che quanto sta accadendo a Gaza è inaccettabile e aveva annunciato, con colpevole ritardo, la sospensione del sostegno bilaterale dell’Ue a Israele nonché la sospensione parziale dell’accordo commerciale tra Ue e Israele.
Il giorno successivo, l’11 settembre, il Parlamento europeo, con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni, ha adottato una risoluzione nella quale condanna il blocco degli aiuti umanitari a Gaza da parte del governo israeliano, che ha provocato una carestia nel nord di Gaza, e chiede l’apertura di tutti i valichi di frontiera. Invita a ripristinare con urgenza il mandato e i finanziamenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi in Medio Oriente (UNRWA), con un controllo rigoroso, e si oppone fermamente all’attuale sistema di distribuzione degli aiuti.
Gli eurodeputati si sono detti allarmati dalle gravi carenze alimentari e dalla malnutrizione dovute alla restrizione degli aiuti, chiedendo accesso pieno, sicuro e senza ostacoli a cibo, acqua, forniture mediche e riparo, nonché il ripristino immediato delle infrastrutture vitali, ricordando a tutte le parti che sono tenute a rispettare i propri obblighi umanitari ai sensi del diritto internazionale.
Gli eurodeputati hanno anche chiesto un cessate il fuoco immediato e permanente e il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza, invitando l’Ue e gli Stati membri ad avvalersi della loro influenza diplomatica per esercitare pressioni su Hamas affinché liberi tutti gli ostaggi che ancora detiene.
Nella risoluzione è stata espressa la condanna dei crimini barbari di Hamas contro Israele e sono state chieste sanzioni concrete contro il gruppo terroristico, riaffermando l’impegno per la sicurezza di Israele e il suo inalienabile diritto all’autodifesa nel rispetto del diritto internazionale, riconoscendo che Israele resta un partner strategico dell’Ue nella lotta al terrorismo nella regione.
Tuttavia, nella risoluzione viene sottolineato che tale diritto non può giustificare azioni militari indiscriminate a Gaza e viene espressa preoccupazione per le continue operazioni militari nella Striscia di Gaza, che si sono tradotte in sofferenze insopportabili per la popolazione civile, denunciando allo stesso tempo l’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas.
Ancora, gli eurodeputati hanno espresso sostengono alla decisione della presidente della Commissione europea di sospendere il sostegno bilaterale dell’Ue a Israele e di sospendere parzialmente l’accordo commerciale tra l’Ue e Israele, chiedendo anche indagini sui crimini di guerra e sulle violazioni del diritto internazionale, volte a rintracciare e condannare i responsabili. Allo stesso modo, gli eurodeputati hanno espresso il loro sostengono alle sanzioni decise dell’Ue contro coloni e attivisti israeliani violenti nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est, nonché contro i ministri israeliani Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir.
Sebbene in passato il Parlamento europeo abbia già ha sostenuto il riconoscimento dello Stato di Palestina, in questa nuova risoluzione gli eurodeputati hanno invitato le istituzioni e gli Stati membri dell’Ue a compiere passi diplomatici per garantire la soluzione dei due Stati, con progressi politici concreti verso la sua realizzazione, in vista dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del settembre 2025, e hanno invitato gli Stati membri a valutare la possibilità di riconoscere lo Stato di Palestina per sostenere, per l’appunto, la soluzione dei due Stati.
Attualmente, i 27 Stati membri dell’Ue sono divisi sul riconoscimento dello Stato di Palestina. Alcuni Stati, quali Bulgaria, Cipro, Ungheria, Polonia e Romania, hanno riconosciuto la Palestina nel 1988, ben prima di entrare nell’Ue. Anche l’ex-Cecoslovacchia ha riconosciuto la Palestina nel 1988, ma quando si è divisa nel 1992, la Repubblica Ceca non ha riconosciuto lo Stato palestinese, mentre lo ha fatto la Slovacchia. Al Consiglio europeo di Berlino del 1999, i Capi di Stato e di governo dell’Ue si dichiararono pronti a «riconoscere uno Stato palestinese a tempo debito», riconoscendo il «diritto incondizionato dei palestinesi all’autodeterminazione, inclusa l’opzione di uno stato». Nell’ottobre del 2014, la Svezia è stata il primo Stato membro a riconoscere la Palestina come stato membro dell’UE, seguita da Spagna, Irlanda e Slovenia nel 2024. Altri Stati membri dell’Ue, quali Francia, Belgio, Lussemburgo e Malta hanno manifestato la loro intenzione di riconoscere la Palestina.
Allo stesso tempo, gli eurodeputati hanno sottolineato la necessità di una completa smilitarizzazione di Gaza e dell’esclusione di Hamas dal governo, chiedendo il ritorno di un’Autorità nazionale palestinese riformata come unico organo di governo. D’altronde, la creazione di uno Stato di Palestina è un elemento fondamentale per la pace, la sicurezza di Israele e la stabilizzazione dei rapporti nella regione.
Tale risoluzione, seppure non vincolante, non era scontata. Infatti, la votazione è stata lunga e tesa, e gli eurodeputati hanno persino chiesto una pausa per verificare i voti degli emendamenti su Gaza prima di procedere alla votazione finale sulla risoluzione nel suo complesso. Un altro punto controverso della risoluzione riguardava l’uso del termine “genocidio” per descrivere gli attacchi israeliani a Gaza e, alla fine, l’espressione “azioni genocide” è stata esclusa dal testo.
Una prima versione del testo della risoluzione era stata concordata martedì tra i gruppi politici di Socialisti & Democratici (S&D), Liberali e Verdi, mentre il Partito Popolare Europeo (PPE), i cui voti erano essenziali per raggiungere la maggioranza, era contrario. Poi, giovedì mattina, poco prima del voto, il PPE ha approvato il testo dopo aver ottenuto delle limature concesse dagli altri gruppi politici, con l’eliminazione dell’espressione “genocidio” nonché l’eliminazione di ogni riferimento alla situazione a Gaza come a una “carestia provocata dall’uomo”. Il PPE ha ottenuto anche la cancellazione di altre parti del testo che condannavano la Commissione europea e i governi europei per la loro inazione.
In linea generale, i partiti di estrema destra hanno votato contro la risoluzione, sostenuta solo da circa la metà degli europarlamentari del PPE. Tra i Verdi, si sono astenuti gli eurodeputati spagnoli, mentre ha votato contro l’italiano Leoluca Orlando. Tra gli altri italiani, nell’alveo del centrodestra, hanno votato a favore gli eurodeputati di Forza Italia (del gruppo del PPE), si sono astenuti quelli di Fratelli d’Italia (del gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei), mentre quelli della Lega (del gruppo dei Patrioti) hanno votato contro. Nell’area della sinistra, se gli eurodeputati del Partito Democratico hanno votato a favore, in linea con il gruppo S&D, il gruppo La Sinistra si è spaccato in tre, con gli eurodeputati francesi de La France Insoumise a favore, mentre hanno votato in modo contrario gli eurodeputati italiani del Movimento 5 Stelle e gli spagnoli di Podemos e si sono astenuti gli eurodeputati tedeschi della Linke e Ilaria Salis di Alleanza Verdi e Sinistra. A favore i liberali di Renew Europe.
Questi episodi mostrano le sensibilità (leggasi remore) di molti eurodeputati sulla questione, senza pensare alla vera e propria ostilità da parte di altri, alcuni ben noti per rapporti stretti con Israele o fondazioni e imprese israeliane.
L’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas, in un’intervista a media spagnoli, ha ammesso di condividere la «frustrazione provata da molti europei rispetto a come l’Europa sta affrontando il conflitto e la crisi umanitaria a Gaza», evidenziando che «le misure adottate dall’Ue nei confronti di Israele sono insufficienti», mentre «la situazione è catastrofica». Infatti, ha sottolineato che ulteriori e più ferme iniziative dell’Ue hanno bisogno di «un consenso politico tra gli Stati membri che attualmente non esiste». Eppure, dopo il voto all’assemblea di Strasburgo, Iratxe García Pérez, leader di S&D, ha accusato proprio Kaja Kallas di «aver scelto il silenzio su Gaza», diversamente dal suo predecessore, il socialista Josep Borrell, «unica voce a salvare la dignità dell’Ue» in Medio Oriente.