Il mondo sotto controllo

Continua la caccia ad Edward Snowden, il ventinovenne ex consulente della Cia e specialista informatico dell’Nsa, l’agenzia statunitense accusata, con l’Fbi, di spiare le conversazioni e i dati di milioni di persone nel pianeta
snowden

Intervistato sul perché abbia deciso di diventare un “informatore che svela informazioni riservate”, Snowden ha risposto che nella sua posizione aveva continuamente accesso a “cose inquietanti”, a “veri e propri abusi” che tanti colleghi ritenevano “normali”, mentre invece a lungo andare in lui “si è accresciuta la consapevolezza che ci fosse qualcosa di sbagliato, finché non si è sentito obbligato a parlarne”.

Attività di questo genere dovrebbero “essere decise dall’opinione pubblica, non dal governo”, e ancor meno da una agenzia di spionaggio che “in una sorta di auto-legittimazione crede di servire un interesse generale”. E conclude dicendo: “Un analista in qualsiasi momento può decidere di tenere sotto controllo chiunque nel mondo”.

Snowden non ha rivelato le informazioni di nascosto, come hanno fatto altre talpe; ha invece mostrato fin dall’inizio il suo volto perché crede che “all’opinione pubblica si debbano dare delle spiegazioni“, visto che “si sta commettendo qualcosa di pericoloso per la democrazia”. In attesa di vedere come andrà a finire questa storia, che ha punti ancora poco chiari, si possono comunque provare a fare alcune considerazioni più generali.

Non è la prima volta che scoppia lo scandalo sulle intercettazioni globali non autorizzate. Già nel 2000 fece scalpore Echelon, il “Grande orecchio” col quale gli statunitensi ascoltavano le comunicazioni in Europa e nel mondo, senza peraltro riuscire a prevedere l’attacco terroristico del 2001 alle torri gemelle. Più recentemente la polemica ha riguardato le forti pressioni ricevute dalla Commissione europea perché annacquasse la difesa della privacy dei cittadini europei.

Il problema è che la tecnologia diventa sempre più sofisticata, dando un potere crescente e difficilmente controllabile non solo ai governi, ma anche, come sostiene Snowden, a un qualsiasi oscuro impiegato (analista) provvisto delle necessarie parole chiave.

Allo stesso tempo cresce la paura (paranoia?) dei governi contro attentati e disordini di vario tipo. Una paura che alza continuamente l’asticella delle richieste: vedi ultimamente la schedatura del Dna. Non basta il Far West dei dati personali rubati con facilità in Rete e rivenduti (2 euro ogni mille indirizzi di pc) ai reparti commerciali di aziende senza scrupoli. Non bastano i cookies memorizzati sui nostri pc o il conteggio dei clic che facciamo sui like di Facebook in modo da decifrare i nostri gusti e preferenze. Non bastano i nostri volti, ormai identificabili (e rintracciabili) ovunque nel mondo dai miliardi di telecamere collegate in rete. Ora le polizie vogliono anche i profili genetici, notoriamente non affidabili al 100 per cento, non solo dei criminali, ma anche degli “innocenti”, non si sa mai. E magari col Dna prima o poi ci classificheranno come persone (con salute) di serie A e di serie B.

Terzo ingrediente del minestrone è l’assuefazione dei cittadini che, se giovani, non esitano a perdere la privacy riversando su Facebook i propri dati, interessi e sentimenti, pur di garantirsi un adeguato e rassicurante serbatoio di amici e/o seguaci. Se professionisti, accettano di raccontare tutto di sé al Grande Fratello pur di risparmiare qualche minuto di coda negli aeroporti o negli uffici.

E come al solito le ricette su cosa fare si sprecano. C’è chi propone di vendere al migliore offerente le proprie informazioni, almeno anche l’utente ci guadagna qualcosa: non so perché, ma questa proposta mi fa pensare ai poveri costretti a vendere i propri organi per sopravvivere. Altri propongono l’irreperibilità digitale: basta cancellarsi da Fb, Google, Twitter, LinkedIn e così via, staccare dalla rete il proprio computer, vendere il cellulare, chiudere il conto corrente in banca, non prendere l’aereo, non farsi fotografare, girare per strada mascherato. Insomma, una specie di ritorno alla giungla di Tarzan.

Ma forse una via intermedia c’è: la faccia (che sembra) pulita di Snowden ce la mostra (ascoltate in rete l’intervista del Guardian). La tecnologia digitale non è facile da controllare e rischia in ogni momento di sfuggirci di mano per merito dei soliti “furbetti”, governi o privati che siano. Ma non possiamo più farne a meno, fa parte della nostra civiltà. Quindi non possiamo mollare, dobbiamo invece batterci per un uso corretto ed equilibrato, cominciando noi stessi. A meno che, naturalmente, non preferiamo vivere in "un mondo non libero, ma confortevole". 

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