Il ministro-martire

Ucciso Shahbaz Bhatti: l’assassinio annunciato del membro del governo che si occupava di minoranze. Era cristiano
Proteste in Pakistan per la morte di Shahbaz Bhatti

I commenti non sono pochi e non sono piccoli, anche nella stampa pakistana. Si condanna senza mezzi termini l’assassinio perpetrato da poche ore del ministro per gli Affari delle minoranze del governo di Islamabad, Shabhaz Bhatti, un cristiano che negli ultimi tempi non aveva rinunciato certo ad esporsi, viaggiando senza scorta e affermando che ormai la sua vita era «nelle mani di Gesù» e che quindi lui non temeva nulla.

 

La reazione della stampa pakistana è un segno che il timore per il futuro del Paese è veramente grande, a tutti i livelli. Scrive ad esempio l’autorevole The International News: «Il ministro federale degli Affari delle minoranze e fautore ascoltato dei diritti delle minoranze, Shahbaz Bhatti, è stato assassinato da parte di assalitori non identificati in pieno giorno nella capitale federale. Il ministro è stato attaccato vicino alla residenza di sua madre a Islamabad, alle 10 e 50. Il suo veicolo di servizio è stato bloccato da due a tre uomini su una Suzuki bianca. Mentre la sua auto si è fermata bruscamente, gli aggressori armati di armi automatiche hanno crivellato la sua auto di proiettili. Il ministro, colpito da circa 26 colpi di proiettile, è stato dichiarato morto all’arrivo presso il vicino ospedale di Shifa. I talebani del Punjab hanno rivendicato l’omicidio». Sul luogo del delitto sono stato trovati dei volantini firmati “Al Qaeda e i talebani del Punjab” nei quali si esalta la «giusta punizione per il blasfemo».

 

Un altro quotidiano pakistano, il Pawn definisce l’assassinato «voce dell’armonia interreligiosa». E aggiunge: «È il caso di sottolineare che il ministro ucciso aveva adottato una posizione coraggiosa, dopo l’assassinio del governatore Salmaan Taseer in circostanze in qualche modo simili, e aveva ricevuto da tempo minacce di morte. Sorprendentemente, però, viaggiava senza la scorta ufficialmente assegnatagli. Parlando ai media, la polizia di Islamabad ha detto che il ministro non ha mai acconsentito alla scorta di accompagnarlo nelle sue visite a casa di sua madre».

 

Aggiunge Pawn: «Il freddo assassinio di Shahbaz Bhatti è l’ennesimo duro colpo per l’idea stessa del Pakistan di Jinnah. Il vero colpevole è noto a tutti: una mentalità estremista che, con il patrocinio di alcune istituzioni dello Stato, si è diffusa in lungo e in largo nella società pakistana. L’ironia tragica di un Paese creato per proteggere i diritti di una minoranza – i musulmani nell’India unificata – si trasforma in un campo di sterminio per le minoranze. Ciò evoca un profondo senso di impotenza. Altri quotidiani usano espressioni quali «nessuno sa più cosa dire», «non c’è più sicurezza», «la situazione è sfuggita di mano al governo»…

 

Shabhaz Bhatti, 43enne di Kashpur, nella periferia di Feisalabad, era da tempo un attivista dei diritti umani e per la difesa delle minoranze. Aveva dedicato la massima parte della sua vita alla politica attiva, rinviando le sue nozze che erano finalmente state programmate per i prossimi mesi. Aveva fondato il Fronte democratico cristiano nel 1990, con il sostegno del Pakistan People’s Party. E nel 2002 aveva fondato la All Pakistan Minorities, un’associazione in difesa delle minoranze, tutte le minoranze, del Pakistan. Era inoltre membro del comitato esecutivo centrale del PPP, il Pakistan People’s Party al governo.

 

La comunità cristiana del Pakistan, ovviamente, è sconvolta dal tragico assassinio, solo l’ultima goccia di una lunga scia di sangue che ha colpito una delle comunità più povere del Paese. I vescovi pakistani, tutti uniti, anche coloro che non sono cattolici, hanno deciso un lutto straordinario di tre giorni, nel corso dei quali verranno chiuse tutte le istituzioni educative e sanitarie gestite dalle Chiese e hanno indetto preghiere specifiche in tutte le chiese.

 

L’assassinio di Bhatti avviene in un Pakistan travagliato fino all’esasperazione per le lotte politiche interne e per le nefaste influenze dell’eterno conflitto afghano, ma anche per le sciagure che a ripetizioni hanno colpito il Paese, dai terremoti alle inondazioni. Insomma, un Paese poverissimo, in ginocchio economicamente e politicamente, un Paese senza una classe politica capace di gestire il Paese con efficacia, anche perché la politica internazionale ha fatto della regione un crocevia di interessi contrapposti e spesso inconfessabili.

 

L’assassinio di Bhatti viene, come abbiamo scritto, dopo altri cadaveri eccellenti, come quello del governatore del Punjab, un musulmano, assassinato a gennaio, e colpevole di aver difeso Asia Bibi, la ben nota madre cristiana accusata di blasfemia. Questa della legge sulla blasfemia è una legge che chiunque può invocare per accusare qualcuno, nemico vero o presunto, di avere oltraggiato il Corano e il Profeta, rischiando così fino alla pena di morte. Da notare, che la stragrande maggioranza delle vittime di questa legge non sono cristiani, ma musulmani, soprattutto quelli legati ad una setta di origine sufi, gli Ahmadis, che vengono accusati da altri musulmani di essere una pericolosa eresia dell’Islam.

 

Cosa può fare la comunità internazionale? Certamente tenere vivo l’interesse dell’opinione pubblica sulla situazione gravissima esistente in Pakistan. La diplomazia stenta, non riesce più a gestire un quadro della regione estremamente frastagliato e pericoloso. E tuttavia la soluzione deve essere innanzitutto politica e diplomatica.

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