Il giubileo dei carcerati

Roma, questo weekend, vivrà un evento significativo: dalle carceri di 12 Paesi del mondo arriveranno, per volere di papa Francesco, circa mille detenuti. Prenderanno parte anche alla cerimonia prevista in piazza San Pietro, dove si concluderà il loro pellegrinaggio giubilare
Carcerati

L’Anno santo, indetto da papa Francesco (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016), non poteva terminare che in modo straordinario. Bergoglio e la Chiesa il 5 e il 6 novembre accoglieranno infatti gli “ultimi fra gli ultimi”: i carcerati. Sarà un piccolo numero per ogni carcere d’Italia, ai quali si aggiungeranno detenuti di altri 11 paesi del mondo (Inghilterra, Lettonia, Madagascar, Malesia, Messico, Olanda, Spagna, USA, Sudafrica, Svezia e Portogallo). Con loro arriveranno i familiari, il personale penitenziario, i cappellani delle carceri, le associazioni che offrono assistenza all’interno e all’esterno delle carceri.

 

Un pellegrinaggio giubilare che sarà scandito dalle seguenti tappe: il sabato avverranno le adorazioni eucaristiche, il sacramento della riconciliazione e il pellegrinaggio verso la porta santa; la domenica sarà caratterizzata dall’apertura della basilica di San Pietro, il racconto di alcune testimonianze, il rosario, la santa messa presieduta dal papa e infine l’Angelus in piazza San Pietro. Chi, non legato al mondo delle carceri, volesse partecipare alla santa messa dovrà chiedere i biglietti (gratuiti) alla Prefettura della Casa Pontificia. Per partecipare invece alla Festa della Misericordia nell’Aula Paolo VI non si richiedono biglietti speciali.

 

Il momento che si vivrà sarà di sicura emozione. Ai presenti sarà offerta una duplice opportunità. Comprendere, da un lato, l’importanza della misericordia verso tutte le anime che, pentite, intendono rincamminarsi verso Dio; dall’altro, il valore indiscutibile della rieducazione finanche degli ergastolani, perché possano rinascere e divenire persone migliori, in Dio. E con un animo rinnovato, per i fratelli del mondo.

 

Da luglio 2013 nel Codice penale del Vaticano non esiste più, peraltro, la parola “ergastolo”, definita da Bergoglio «una pena di morte nascosta». Ciò è stato più volte sottolineato anche dall’ergastolano Carmelo Musumeci che sta scontando la sua pena nel carcere di Spoleto e che negli ultimi anni ha pubblicato vari libri, fra memoria e narrativa, proprio per sottolineare la penosa condizione esistenziale che si vive nelle carceri. Musumeci denuncia le istituzioni penitenziarie «perché così come sono organizzate offrono limitate opportunità per riabilitarsi». «Il carcere così inteso – ha detto – non aiuta, non migliora le persone, non restituisce nulla neanche alle vittime e non protegge la società dal rischio della recidiva».

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