Il ricordo va a quando ero bambina, in un paesino della provincia di Treviso. A fine novembre si cominciava a pensare a scrivere la letterina di richiesta dei regali, ma non a Babbo Natale: no, per carità, quello al massimo portava un pensierino da mettere sotto l’albero giusto perché Natale è pur sempre Natale, ma i regali “veri” li portava venti giorni prima San Nicolò – e poco importa se è stata proprio la figura del vescovo di Myra a dare poi origine a quella di Santa Claus.
Nel paesino c’era, e c’è tuttora, una chiesetta dedicata a San Nicolò: sempre chiusa, peraltro, trattandosi di una cappella privata. Però ricordo di essere andata qualche volta, con le mie amiche, ad infilare la mia letterina sotto la porta, convinta che “lui” poi sarebbe passato di lì e l’avrebbe letta –mi chiedo quante letterine trovassero i proprietari di suddetta cappella quando la aprivano.
L’appuntamento successivo era la sera del 5 dicembre, quando un uomo vestito da San Nicolò faceva il giro del paese portando caramelle ai bambini lungo le strade: ma noi lo sapevamo che quello non era il “vero” San Nicolò, che sarebbe invece passato quella notte. Così andavamo a casa, preparavamo la tazza di latte da lasciare al santo e un po’ di fieno per il suo asinello, ed andavamo a letto presto in attesa del suo passaggio. La mattina dopo a scuola era tutto uno sfoggio (verbale, dato che non ci era consentito portarli in classe) dei regali ricevuti, con tanto magari di gara a chi avesse avuto quelli più ricchi e più ambiti – cosa che ovviamente le insegnanti scoraggiavano.
E però. E però bastava attraversare il Piave per scoprire che lì invece a portare i doni era, una settimana più tardi, Santa Lucia: stesso copione, anche lei con il suo asinello a cui lasciare qualcosa per ristorarsi. Andando ancora un po’ più lontano, poi, capitava di parlare con amichetti che – poveretti loro, dal nostro punto di vista – avevano “solo” Babbo Natale – che però, in tutta onestà, sembrava essere ben più generoso di quanto non lo fosse con noi, che già eravamo stati abbondantemente foraggiati nelle settimane precedenti. Insomma, paese che vai, usanza che trovi.
Ci sono diverse spiegazioni sul perché, nelle diverse zone d’Italia, si festeggi l’uno o l’altro santo, nessuno oppure entrambi. Le più semplici ed immediate sono quelle storiche: è infatti del tutto intuitivo che San Nicola sia festeggiato in quel di Bari e Santa Lucia in quel di Siracusa, essendo le due città a cui è legato il loro culto, ma per il resto la situazione è molto più complessa e variegata.
Nelle aree in cui c’è stata la dominazione austroungarica è più frequente San Nicolò, essendo parte della tradizione austriaca: da Trieste, alla Carnia, al bellunese, fino ad alcune zone della Lombardia, Trentino e Alto Adige, la data da cerchiare sul calendario è il 6 dicembre.
Eppure a Verona è radicatissima la tradizione di Santa Lucia, con tanto di fiera annessa, così come a Vicenza, Udine, e in altre zone del Veneto. Differenze molto spesso legate al fatto che nella singola città esista un luogo di culto di un tale santo, e che a volte porta al “paradosso” esistano entrambi (ma lì sarebbe interessante chiedere ai bambini se e quanti regali porta ciascuno dei due): come a Venezia, città che ospita sia alcune reliquie di San Nicola, giunte da Bari e conservate all’abbazia di San Nicolò del Lido, sia di Santa Lucia, un tempo conservate nella chiesa omonima demolita per fare posto alla stazione (che infatti si chiama Venezia Santa Lucia) e ora trasferite alla vicina chiesa di San Geremia. Ma anche nel goriziano – territorio stretto tra Udine, dove si festeggia Santa Lucia, e Trieste, dove San Nicolò è una vera e propria istituzione – è possibile vedere festeggiati entrambi i santi.
Una spiegazione più curiosa è quella che fa risalire queste differenze agli artigiani giocattolai, che scendevano – spesso dalle montagne, dove tuttora è possibile trovare la tradizione dei giocattoli in legno – a vendere le proprie mercanzie. Non potendo essere ovunque allo stesso momento, arrivavano in alcune zone a inizio dicembre, e in altre qualche giorno dopo; magari appoggiandosi a quelle che erano le giornate di mercato o di fiera che già si tenevano nelle città. Di qui dunque le discrepanze temporali non tanto nel culto dell’uno o dell’altro santo, che magari può appunto anche coesistere, ma nel radicarsi della tradizione dei regali ai bambini nell’una o nell’altra data.
In tutto ciò, da mamma, non posso che pensare che le più furbe di tutti sono le mie figlie: che hanno già imparato che «dai nonni qui passa Santa Lucia, e dai nonni di là passa San Nicolò» (ipse dixit, mia figlia più grande), per cui passano all’incasso in entrambi i casi. Se poi porta un pensierino anche Babbo Natale, tanto meglio.