Identità del Pd e riformismo comunitario

Quale sarà, nel “partito nuovo” annunciato da Zingaretti, l’incidenza del pensiero cattolico democratico? Intervista a Stefano Lepri
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Il governo Conte 2 naviga a vista per ragioni di conflitti interni alla sua maggioranza parlamentare. Il segretario dem, Zingaretti, ha difficoltà ad avviare quella fase, annunciata, del “partito nuovo” da riedificare su nuove basi, oltre strategie e tatticismi vari.

Ma che peso ha chi nel Pd si ricollega al cattolicesimo democratico? Un’area cui appartengono, di fatto e per storia personale, il presidente del parlamento europeo David Sassoli, nonché il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.  Niente male per una tradizione politica che sembrava scomparsa, schiacciata dagli spazi obbligati di un rigido bipolarismo.

Il deputato Stefano Lepri, assieme a Graziano Del Rio, è un’espressione riconoscibile di questo filone di pensiero all’interno del Pd. Idee contenute nel suo libro “Riformismo comunitario”.

Banditi i vecchi termini “corrente”, come vi potreste definire visto il vostro richiamo al cattolicesimo democratico?
Siamo parte di una sorgente che ora può dare nuova acqua: il popolarismo in chiave 2020.  Un “riformismo”, schierato senza riserve nel centrosinistra, “comunitario”, cioè che esprime l’insufficienza della dialettica tra “solo stato” e “solo mercato”.

Anche Marcello Veneziani, da destra, pone la nuova alternativa tra comunitari e “liberal”…
Ma noi riconosciamo il valore liberal come quello laburista, solo che diciamo che non bastano da soli. Come ha riconosciuto anche l’economista Becchetti, occorre andare oltre la dialettica “lib lab” per dare spazio a rapporti comunitari, cioè fraterni.

La scelta di Renzi e di Calenda di staccarsi dal Pd ha fatto chiarezza?
Hanno portato alla conseguenze estreme la loro tendenza “liberal” che non vuol dire “liberista”. Ad esempio ritengo positiva la scelta del Job act.

Eppure proprio quella riforma facilita i licenziamenti e precarizza i rapporti di lavoro…
A conti fatti non possiamo dire che siano tali i risultati concreti di questa legge che si è ispirata al modello danese della flex security e non a quello nord americano. Ma certo c’è bisogno di tutto un altro campo di intervento che richiede l’adozione di strumenti di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, una forte politica pubblica degli investimenti, il rilancio della cooperazione. A breve presenterò una proposta di legge che favorisce la redistribuzione del tempo di lavoro tra chi ne ha troppo o troppo poco. Mi sembra antiquato e inutile polemizzare ancora sull’articolo 18.

Su un diverso fronte, non è evidente la diversità di Delrio, che sale sulla barca di Carola Rackete in soccorso dei migranti, da quella di Minniti ?
Non vedo una grande differenza, come avviene, invece, con Salvini. Minniti ha mandato, da ministro degli interni, dei segnali necessari contro la tendenza all’immigrazione incontrollata che finisce per scontrarsi con una seria politica dell’accoglienza. Dobbiamo trovare una posizione di sintesi nel partito.

Sempre nel merito delle questioni, il dem Gian Piero Scanu, cattolico democratico, ha fatto una grande campagna contro i caccia F35 della Lockheed Martin , nella scorsa legislatura. Su questo punto esiste un punto condiviso?
Ci collochiamo dentro un sistema di difesa europea e alleanza atlantica, acquisendo e producendo armamenti necessari per politiche di pace. Altra cosa è evidentemente vendere armi a tutti, compresi i Paesi in guerra, come purtroppo avviene anche da noi con una buona dose di ipocrisia.

Ma nel primo dopoguerra proprio dai cattolici democratici si alzarono voci critiche sull’accettazione supina della Nato?
Oggi credo che non sia possibile mettere in dubbio tale alleanza. Ma è necessario dotarci di una politica estera e di difesa europea orientata alla costruzione della pace e in prospettiva al disarmo. Senza appiattirsi, cioè, su posizioni bellicose come appaiono quelle della amministrazione Usa guidata da Trump.

Parlando, invece, della vostra proposta sull’introduzione dell’assegno unico del figlio, non appare evidente che i vincoli di bilancio siano troppo ristretti per la sua adozione considerando l’estensione del bonus di 80 euro e la riduzione del cuneo fiscale?
Il 2020 è l’anno della riforma fiscale complessiva. E ci sono i margini per una visione di sistema capace di mettere assieme lo sgravio per i ceti medio bassi e la misura dell’assegno universale per ogni figlio. Cioè riconosciuto a tutti, indipendentemente dall’essere dipendente, autonomo o incapiente. Si tratterà di un pilastro del complessivo diritto alla cittadinanza, come esiste e deve essere rafforzato quello alla salute e all’istruzione.

Sulle tematiche eticamente sensibili, nel Pd sono evidenti le componenti laiciste che inducono parte dell’elettorato cattolico al voto di destra. La Cirinnà ha posizioni esplicitamente diverse dalle vostre. Come lo risolvete tale dilemma?
Siamo capaci, in un partito plurale, di vivere aspre fasi di reale dibattito aperto, cercando di arrivare ad una sintesi accettabile, come è avvenuto ad esempio con la questione delle unioni civili. Sul bando all’utero in affitto c’è, ad esempio, una posizione prevalente

Eppure questo fronte rappresenta un motivo di attrazione verso la ipotesi di un nuovo partito di esplicita ispirazione cristiana che potrebbe nascere nei prossimi mesi a partire dal manifesto Zamagni Becchetti. Cosa ne pensa?
Il manifesto mi sembra un documento di principi generali che sottoscrivo, ma se l’intenzione è quella di fare un partito mi sembra un’idea velleitaria e controproducente. Il Pd può essere, invece, il luogo dove declinare alcune di quelle indicazioni politiche. Perché è sempre più evidente a tutti che libertà e uguaglianza non possono stare assieme senza una relazione comunitaria, senza cioè la fraternità.

Quali sono stati i suoi punti di riferimento del pensiero politico?
Da torinese, i maestri sono stati Carlo Donat Cattin e Guido Bodrato. Ma provengo prima di tutto dall’impegno sociale, dagli studi economici di Achille Ardigò, il sociologo bolognese che già 40 anni fa parlava di “crisi della rappresentanza e mondi vitali”: cioè senza esperienza vera di corpi intermedi, a partire dalle famiglie, cresce solo la pianta del sovranismo e del populismo. La solitudine che genera paura e chiede, per difendersi, la scorciatoia dell’uomo forte.

 

 

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