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I vescovi europei in visita in Ucraina

a cura di Fabio Di Nunno

- Fonte: Città Nuova

Fabio Di Nunno, autore di Città Nuova

Intervista a mons. Mariano Crociata, che ha guidato la delegazione della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea

Al centro, monsignor Crociata durante una visita al cimitero di Leopoli.

Una delegazione della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), guidata dal suo presidente mons. Mariano Crociata, si è recata in Ucraina per una visita ufficiale, con la volontà di riaffermare la vicinanza della Comece al popolo ucraino e la sua incrollabile solidarietà con coloro che soffrono le conseguenze della guerra di aggressione in corso da parte della Russia. Città Nuova ha incontrato mons. Mariano Crociata, per ricevere le sue impressioni sulla situazione in Ucraina e discutere delle prospettive del conflitto in corso.

Con quali sentimenti si era recato in Ucraina e, soprattutto, con quali sentimenti è tornato dal suo viaggio in Ucraina? Quali sono le sue impressioni sull’evolversi del conflitto e sul suo impatto sul popolo ucraino?

Sono andato con un sentimento di trepidazione e di pena, per le notizie che da più di tre anni ci raggiungono a ritmo quotidiano. Sono ritornato con un senso speranza e di fiducia, seppure le atrocità non accennino a diminuire. Le cronache ci confermano una determinazione spietata di distruzione e di morte da parte russa. L’impressione che ho portato con me è di un popolo che non si rassegna e che cerca in tutti i modi di guardare avanti.

Lei ha incontrato membri della Chiesa cattolica romana in Ucraina e della Chiesa greco cattolica ucraina, nonché rappresentanti della società civile e dell’Università Cattolica Ucraina. Cosa è emerso da questi incontri?

Si tratta di Chiese che si fanno carico quotidianamente del dramma che il popolo sta vivendo. Ma lo fanno operando nella direzione sia di un sostegno spirituale e pastorale, sia di un aiuto psicologico e perfino materiale per le famiglie segnate dagli effetti della guerra, per i congiunti perduti o feriti, per le case distrutte, per la vita quotidiana spesso totalmente scardinata. Nella parte occidentale del Paese, con perno a Lviv, c’è una sorta di fervore a ricostruire, materialmente e moralmente, e a progettare per il futuro. I suoi effetti si riflettono su tutto il Paese.

Come la Chiesa cattolica romana in Ucraina e la Chiesa greco cattolica ucraina stanno accompagnando la popolazione locale afflitta dalla guerra? In particolare, cosa accade ai bambini, soprattutto agli orfani?

Le due esperienze che ci hanno più toccato – oltre la visita al cimitero improvvisato accanto al cimitero storico di Lviv – sono state le visite a un centro di recupero istituito con la collaborazione della Chiesa greco cattolica a favore dei reduci della guerra, sopravvissuti ma per lo più profondamente segnati nel corpo e nella psiche, come pure delle loro famiglie; e poi quella alla casa di accoglienza per ragazze madri istituita dalle Suore Albertine, insieme a una mensa per i poveri, sostenuta dalla Chiesa latina, sempre a Lviv. Due segni di una attenzione che è diffusa anche oltre i confini in una rete di solidarietà che vede giungere aiuti in particolare attraverso la Polonia e altri Paesi limitrofi.

La Chiesa cattolica romana in Ucraina e la Chiesa greco cattolica ucraina hanno recentemente ottenuto lo status di osservatori presso l’Assemblea Comece. Come si sviluppano i rapporti tra di loro? Quale può essere il loro contributo ai lavori della Comece?

Abbiamo risposto alla richiesta venuta dalle Chiese in occasione di una nostra assemblea alla quale era stato invitato l’arcivescovo maggiore Schevchuk per parlarci della situazione del Paese e dell’opera della Chiesa cattolica. La nostra Commissione ha seguito con grande attenzione le condizioni del Paese e il corso della guerra, con i suoi devastanti effetti, fin da quando essa è scoppiata con l’invasione russa dell’Ucraina.

La preoccupa il riarmo che l’Unione europea ha deciso di intraprendere? La Comece si è attivata (o si attiverà) in qualche modo?

La Comece ha sempre incoraggiato l’iniziativa diplomatica e la ricerca del dialogo, in tutti i modi possibili e in tutte le sedi disponibili. Proprio in questi giorni sembrano profilarsi opportunità inedite di incontro in vista di un accordo o comunque di una sospensione dei combattimenti. Purtroppo, questi continuano nonostante tutte le dichiarazioni che farebbero sperare un cammino verso la pace. La volontà di unità manifestata dai maggiori Paesi dell’UE ha bisogno di trovare una coesione ancora maggiore per intraprendere un’azione davvero efficace che convinca chi continua a bombardare senza ascoltare ragioni di sorta.

Il cardinale Matteo Zuppi fu investito di una sorta di missione di pace in Ucraina. Che ne è stato?

In alcune delle fasi più oscure del conflitto russo contro l’Ucraina l’iniziativa di incontro e di dialogo del cardinale Zuppi, voluta da papa Francesco, ha tenuto desta la coscienza della necessità del dialogo e ha creato canali di comunicazione che hanno visto risultati concreti soprattutto per il destino di tanti bambini e ragazzi ucraini deportati in Russia.

Lei vede la pace lontana o vicina per l’Ucraina? L’Unione europea e la comunità internazionale potrebbero o dovrebbero attivarsi in qualche modo ulteriore particolare?

Non credo ci sia alcuno in grado di fare una tale previsione. Tutti però siamo animati da speranza e fiducia che ciò avvenga quanto prima. Quante più saranno le persone che si lasceranno conquistare da tale speranza e fiducia, tanto più cresceranno le possibilità di risvegliare una volontà di porre fine alla guerra e cercare le condizioni di una pace giusta e duratura. Pur con le difficoltà interne ed esterne che attraversa – sia per il cambiamento dello scenario geopolitico internazionale sia per i fermenti di divisione che la minacciano dall’interno in diversi Paesi – l’Unione europea non cessa di manifestare volontà di pace e iniziativa nel cercare di far valere la sua presenza e soprattutto il suo essere originariamente e costitutivamente un progetto di pace. La sua responsabilità è grande e può ancora portare un contributo decisivo a un mondo di pace. C’è da sperare che tutti si diventi più coscienti di questa potenzialità e della connessa responsabilità, a partire da chi riveste ruoli di maggiore autorità nelle istituzioni europee ma poi anche tra noi comuni cittadini.

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