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Hotel Monroe, la musica nelle carceri

a cura di Candela Copparoni

- Fonte: Città Nuova

Questa band parmense ha girato l’Italia con il Prison Tour, portando aria di libertà nei diversi istituti penitenziari

Da sin.: Nicola Pellinghelli, Marco Barili, Roberto Mori ed Enrico Manini in concerto presso la casa circondariale di Reggio Emilia.

Hotel Monroe è una rock band della provincia di Parma che suona “electro rock padano”, fondata da Roberto Mori (voce), Nicola Pellinghelli (synth e basso), Enrico Manini (chitarre) e Marco Barili (batteria). A loro si sono aggiunti Filippo Ghirardi (fonico live, ecc.), Giovanni Pigino (fonico studio, ecc.), Lorenzo Manini (autore, ecc.). Li abbiamo visti al Rock ‘n’ Roll di Milano ed è in uscita un nuovo disco entro fine anno. Nel loro Prison Tour hanno suonato nelle carceri di Parma, Trento, Rimini, Reggio Emilia e a Milano Opera.

Cosa caratterizza la vostra band?
Siamo amici fin da quando eravamo piccoli… La frazione in cui abitiamo conta sì e no 20 persone nei mesi invernali e siamo nati e cresciuti tutti sulla stessa via… Il suonare assieme è nato dopo, su una proposta del parroco del paese, e dopo 21 anni eccoci ancora qua. Siamo amici veri: questo è il nostro “segreto”.

Quale messaggio trasmettono le vostre canzoni?
Se facciamo un’analisi a ritroso, possiamo dire che scriviamo e raccontiamo quello che accade intorno a noi, senza dare un giudizio o prendere posizione… La nostra è una visione che va “oltre” i fatti, cercando di portare chi ascolta più in là, verso quello che forse è ignoto anche a noi stessi…, ma ci andiamo assieme e per ognuno, ogni volta, è una scoperta. È un’alchimia difficile da spiegare.

Quando e come è nata l’“irruzione” nelle carceri italiane?
Sulla stessa via dove ciascuno di noi del gruppo è nato e cresciuto, c’è anche un tale che, nel 2019, nel leggere il titolo del nostro primo album, “Corpi fragili”, ha proposto di portare la nostra musica negli istituti penitenziari. Un po’ come ha fatto Johnny Cash o più recentemente i Metallica… Abbiamo trovato il tutto molto affascinante, una vera sfida e… siamo partiti! Lo abbiamo chiamato “Nuovi Mondi – Prison Tour”, ispirandoci al brano Nuovi Mondi, contenuto nel disco. Ogni artista dovrebbe dar voce a chi non ne ha e prospettare “Nuovi Mondi” a chi non riesce a vederli…

Cos’è la giustizia riparativa e perché è importante?
Abbiamo approfondito il tema durante i nostri concerti, infatti ci accompagnavano sempre esperti: mediatori penali, criminologi, volontari che lavorano negli istituti, ecc. Non siamo esperti di “giustizia riparativa”, ma abbiamo capito che ognuno di noi porta con sé delle ferite ed è proprio da quelle che in qualche modo si può cambiare/ rinascere… Non c’è altra via, quasi come se i “passi falsi” della nostra esistenza fossero necessari per migliorarsi, evolvere, cambiare…

Come si svolgono questi concerti?
L’ambiente sui primi due o tre brani è piuttosto freddo: sguardi bassi, senza speranza e rassegnazione. Per molti essere lì significa semplicemente “passare un’ora diversa”. Poi dal quarto, quinto brano tutto si trasforma. Non si riesce a descrivere il clima che si genera, si può solo vivere. È un mistero, ma l’esperienza è potentissima e liberatoria anche per noi! C’è un mix tra gioia e commozione, euforia e paura. È un vero scambio tra noi e il pubblico. Sì, è paradossale parlare di “libertà” in un carcere, ma è la realtà che abbiamo vissuto durante le nostre performance.

Qualche esperienza che vi ha colpito particolarmente?
Ad ogni evento ci sono i saluti finali, dove tanti arrivano a bordo palco (quando possono) per stringerci la mano… è difficile a parole descriverlo. Portiamo con noi il dialogo tra gli studenti e un ergastolano a Milano Opera. I ragazzi hanno chiesto: «Cos’è il perdono?». Lui ha risposto rifacendosi ad un libro che aveva letto e che diceva più o meno così: «Il perdono è come un ponte: c’è chi lo percorre da un lato, c’è chi lo percorre dall’altro… A metà ci si incontra e ci si conosce. Proprio quello che sta avvenendo qui oggi». Alcuni detenuti ci hanno lasciato riflessioni, poesie, canzoni, ecc. Siamo partiti da questi, ma soprattutto dagli incontri… Ne è nato un brano intriso di verità, straziante, ma anche pieno di speranza dal titolo Aspettando il blu.

Come vi ha cambiati questa esperienza?
Certe dinamiche ti stravolgono il modo di pensare, quello che prima classificavi in modo semplicistico come “criminale”, oggi si definisce “persona”. Anche il rapporto tra noi si è in qualche modo trasformato. Ci siamo forse migliorati nell’accettare noi stessi e gli altri per quello che siamo, e se l’idea del “fare insieme” prima era un concetto forse un po’ “astratto”, oggi è più concreto che mai. Fare insieme partendo dal basso ha un potere trasformativo rivoluzionario di cui il mondo ha estremo bisogno!

 

Il nuovo singolo degli Hotel Monroe si chiama Aria. Per informazioni sui prossimi progetti del gruppo: www.hotelmonroe.it.

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