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I Governi latinoamericani e l’invasione dell’Ucraina

di Alberto Barlocci

- Fonte: Città Nuova

Nicaragua, Cuba e Venezuela si sono schierati con Putin, tentennamenti in Brasile, Messico ed Argentina con qualche nota stonata. Il resto contrario all’uso della forza.

(AP Photo/Esteban Felix)

Quali le posizioni politiche in America Latina nei confronti dell’invasione armata russa in Ucraina?

Intanto, impensabile una qualche posizione unitaria, che forse sarebbe giunta alcuni anni fa attraverso l’Unasur, oggi in fase di rottamazione, o il Mercosur, il più attivo processo di integrazione regionale, ma in fase di stallo, soprattutto dopo dopo l’uscita di scena di Lula in Brasile. Il giro a destra di vari governi della regione ha anche significato una lettura in chiave ideologica di queste esperienze, archiviandole almeno per il momento.

 (AP Photo/Esteban Felix)

In questo senso andrebbero allora fatte delle distinzioni. Sul piano intellettuale e della società civile nella sua grande maggioranza, non ci sono dubbi su due aspetti: il primo è il rigetto senza se e senza ma dell’invasione dell’Ucraina. A destra e a sinistra, pur con i necessari distinguo, si è messa in chiaro la condanna di un gesto irresponsabile ed inaccettabile. Ma quando entriamo nei distinguo, allora si fa maggiormente chiarezza: il motivo principale di questa condanna è che Putin ha fatto ricorso agli stessi metodi, imperiali e violenti, impiegati dall’altro grande protagonista di questa storia, gli Stati Uniti. Le ragioni per le quali oggi va condannata l’avventura ucraìna, sono le stesse per condannare le invasioni di Grenada, Panama e le coalizioni forzate per invadere Afganistan e Iraq. L’America Latina ha sofferto nella propria carne queste prepotenze per decenni, più di 160 interventi militari statunitensi in poco più di un secolo. Guerre scoppiate con casus belli sospetti, vedi la storia della guerra contro la Spagna e l’invasione di Cuba. Intromissioni nelle questioni interne ad ogni piè sospinto: due anni fa è stato cacciato dall’ordine dei giornalisti il direttore del quotidiano cileno El Mercurio, dopo che ha reso pubblici i documenti sul finanziamento fornito dalla Cia per sostenere il golpe di Pinochet ed il suo regime. Dunque anche chi ha visto in Putin un possibile partner alternativo ai cinesi ed a Washington, non ha giustificato le operazioni militari in Ucraina.

Sul piano invece dei governanti, siamo allora in ordine sparso. Alcuni, Cuba, Nicaragua e Venezuela hanno arzigogolato alcune giustificazioni alle quali non credono nemmeno gli uscieri delle residenze presidenziali. In Messico, il presidente Andrés Manuel López Obrador ha fatto fatica a centrare la questione di fondo limitandosi ad auspicare un generico sforzo per una soluzione politica e augurandosi che la crisi si concluda presto, dicendo che il suo Paese è contrario alle invasioni e proponendo di mantenere attivi i canali di dialogo. Decisa invece la reazione cilena, che ha condannato l’invasione e chiede che cessino le ostilità ritornando alla precedente situazione di diritto. Una posizione condivisa anche dal presidente eletto Gabriel Boric, a 10 giorni dal suo insediamento. Condanna anche da parte del presidente colombiano Iván Duque, che ha giudicato premeditato e ingiustificato l’attacco che minaccia non solo la sovranità ucraìna, ma anche la pace mondiale.  Anche il governo dell’Uruguay, ha ripudiato il gesto di Mosca senza avverire il bisogno di allinearsi con la dichiarazione di alcuni Paesi dell’Organizzazione degli Stati Americani, istituzione forse troppo influenzata da Washington.

L’ex presidente del Brasile Lula (AP Photo/Andre Penner)

Brasile colto di sprovvista dall’attacco militare. La posizione del presidente Jair Bolsonaro è stata alquanto tiepida – conoscendo le sue simpatie per Putin – manifestando preoccupazione ed auspicando la cessazione delle ostilità. Ha fatto seguito una posizione molto più decisa, di rigetto, da parte del vicepresidente brasiliano Mourao, che non solo ha condannato l’invasione ma ha fatto appello all’uso della forza in appoggio all’Ucraina. Ma l’intervento è stato rintuzzato da Bolsonaro che ha chiarito che in materia di politica estera chi prende posizione è lui. L’ex presidente Lula ha invece preso posizione chiaramente contro la guerra e l’uso della forza per risolvere contenziosi politici. «L’umanità non ha bisogno della guerra, ma di posti di lavoro», ha dichiarato Lula.

Per ragioni ideologicamente opposte a quelle di Bolsonaro, anche l’Argentina è stata colta in contropiede dai fatti. Poco prima dell’invasione, il presidente Alberto Fernádez aveva incontrato Putin per promuovere un maggiore impegno commerciale russo in Sudamerica ed offrire il suo Paese come porta d’ingresso. Nell’occasione, Fernández aveva anche chiesto appoggio a Mosca per giungere ad un complicato accordo con il Fondo Monetario per affrontare gli immensi debiti dell’Argentina.

Il rifiuto dell’opzione armata non potrà andare molto oltre vaghe dichiarazioni, anche per non irritare la vicepresidente Cristina Kirchner, che difende la politica di Putin, aprendo quindi un nuovo fronte interno che logorerebbe ulteriormente un già difficile rapporto.

Anche Perú, Paraguay ed Ecuador si sono espressi condannando l’uso della forza e, nel caso di Lima, il ministero degli Esteri ha manifestato la sua vicinanza alla causa ucraìna.

 

 

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