Gli imam italiani condannano chi fomenta crimini nel nome dell’Islam

Dopo l’uccisione di padre Jacques Hamel, le guide delle comunità islamiche sono intervenute nelle chiese, ma anche sui siti ufficiali, per prendere le distanze da terrorismo e violenza, costruire ponti e non muri. I giovani hanno già cominciato
Mustapha Batzami

La voce commossa e orante di Mustapha Batzami, imam di Teramo è risuonata ancora una volta tra le navate della cattedrale, luogo che lo ha visto a fianco del vescovo anche lo scorso Natale, per gli auguri alla comunità cristiana. Stavolta però non è una festa ad unirli ma è la preghiera per padre Jacques Hamel, ucciso nella sua chiesetta in Normandia da due giovani terroristi che lo hanno assassinato pronunciando il nome di Allah.

Anche i musulmani d’Abruzzo si sono uniti a tutti i loro fratelli di fede che domenica hanno varcato le chiese per esprimere la loro vicinanza ai cristiani. L’imam Batzami nella sua supplica a chiesto a Dio di fermare la mano degli «uomini senza cuori, senza riferimenti, accecati dall’inutile odio satanico verso i loro simili, uomini che hanno smarrito la tua strada, e che vanno spargendo sangue innocente». E citando il Corano che richiama gli uomini a conoscersi reciprocamente insiste: «Aiutaci allora a conoscerci e a costruire ponti che avvicinano e uniscono e non muri che separano e dividono».

 

Divisioni e diffidenze su cui da anni lavora l’imam della comunità di Centocelle a Roma. Mohammed ben Mohammedorganizza vari appuntamenti culturali in cui invita relatori cristiani e senza un riferimento religioso, donne e uomini testimoni di fede o di valori che aiutino la reciproca convivenza e conoscenza. Ha aperto le porte della sua moschea durante le feste, invitando i cristiani a condividere i pasti, e i momenti sacri della comunità, e intanto si ostina a recitare i suoi sermoni del venerdì sempre in arabo e in italiano perché la preghiera sia sempre trasparente e accogliente. Domenica era nella chiesa di santa Maria in Trastevere per porgere le condoglianze e ribadire con voce tonante che si dissocia da chi «strumentalizza la preziosa parola “Allah akbar” per uccidere innocenti. Non compie un’opera di fede uccidendo e non sentirà mai il profumo del paradiso perché è nemico dell’umanità e dell’Islam». E chiede di essere uniti per «sconfiggere chi ci vuole dividere e creare inimicizie».

Dopo gli attentati in Francia dello scorso novembre i Giovani del Movimento dei Focolari di Roma hanno chiesto di incontrare i giovani musulmani della sua moschea. E lui ha accettato. I loro sono stati e sono appuntamenti informali che hanno coinvolto altri imam, una teologa musulmana, esperti del dialogo islamo-cristiano e vanno avanti da mesi con un unico obiettivo: conoscersi per stimarsi e abitare un Paese comune da cittadini e da credenti senza ingigantire quella cappa di terrore che attraversa l’Europa. Sabrina Alesiani, tra le ideatrici dell’iniziativa, in un’intervista a La Stampa, ha commentato: “Abbiamo imparato che si può vivere insieme, da amici”.

 

Kheit Abdelhafid, imam di Catania nel suo saluto in arabo e in italiano nella chiesa del Crocifisso dei miracoli non ha usato mezze misure nel richiamare tutti alla responsabilità perché “gli atti terroristici hanno colpito la nostra coscienza e la nostra umanità. I terroristi sono cresciuti fra noi. È colpa delle famiglie, delle comunità, della società civile, della politica. Dobbiamo essere uniti contro questo male e non è ammessa superficialità vergognosa per un fenomeno così complesso. La politica deve fare la sua parte mentre da parte nostra ci sarà sempre una ferma condanna e insegnamenti concreti ai nostri figli”.

L’imam che è anche presidente della “Comunità Islamica di Sicilia” e membro del direttivo dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia è da sempre in prima linea nel sostenere, assieme ai Focolari e alla Caritas locale, le opere di soccorso e assistenza alle centinaia di migranti arrivati nella sua città. Abdelhafid lavora perché nascano scuole di formazione per gli imam che gestiscono le sale di preghiera italiane e che dappertutto i sermoni si tengano sia in arabo che in italiano.

 

Sul profilo Facebook dell’ Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiosl la condanna degli autori degli attentati che dilagano in tutto il mondo nel nome dell’Islam è ferma e rigorosa: «atti simili, oltre a colpire e danneggiare tutte le persone che credono nei valori umani condivisi da tutti, sono causa anche di un ulteriore danno nei confronti dei musulmani, perché i loro autori si rifanno a torto all’Islam generando e diffondendo così sentimenti ed atteggiamenti di paura e sospetto, contribuendo alla diffusione dell’islamofobia.

Per tutte queste ragioni ci sentiamo in dovere di condannare questi crimini e coloro che li fomentano». Il messaggio molto articolato tocca anche le responsabilità degli stessi fedeli di Allah chiamati a «proteggere al pari di qualsiasi cittadino, l’Italia, il nostro Paese che amiamo. Chiunque cerchi o progetti di minacciare la società italiana con qualsiasi tipo di atto criminale deve essere subito denunciato alle autorità competenti per proteggere la società, le vite e mantenere la sicurezza e la stabilità. Questo è il minimo dei doveri di cittadinanza».

La parte finale è riservata al dialogo e ai giovani invitati a formarsi non sui siti web «che vendono illusioni in nome dell’Islam» ma ad impiegare energie e creatività in attività costruttive perché «il Paese ha bisogno di voi, delle vostre capacità». E l’Italia, in Europa, potrebbe offrire un modello di nuove generazioni di migranti non solo integrate o assimilate ma attive costruttrici di un Paese che sa accogliere nazionalità e lingue differenti, ma soprattutto fedi, spiritualità che declinano l’aggettivo cattolico nel suo senso più vero, cioè come universale.

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