Sfoglia la rivista

Italia > Società

Gli esclusi fanno la storia, il Giubileo dei Movimenti Popolari

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

Dal 21 al 26 ottobre a  Roma il raduno mondiale dei Movimenti popolari presso il centro sociale Spin Time. Il Giubileo dei movimenti sociali formati dagli esclusi che si organizzano per lottare per l’abitare, il lavoro, la terra, il cibo e «per costruire relazioni sociali nuove, rendendo la solidarietà un modo di fare la storia

Piazza San Pietro ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Mentre negli Usa comincia ad emergere con le grandi manifestazioni No Kings una decisa opposizione popolare, in cerca di rappresentanza politica, contro la presidenza Trump, sarà molto importante seguire l’incontro in programma a Roma dei movimenti popolari con il papa “americano”. Espressione che con Prevost assume il significato non riduttivo di “statunitense” in forza della storia personale Leone XIV che lo lega con l’America Latina e in particolare con il Perù, Paese dalla storia travagliata e nascosta sia in campo politico che ecclesiale.

 È previsto a Roma il quinto incontro mondiale dei Movimenti Popolari (21-24 ottobre) che si svolgerà nel palazzo occupato del centro sociale Spin Time e poi a piazza Vittorio, luogo multietnico della Capitale, per poi indirizzarsi verso il Pellegrinaggio Giubilare in programma il 25 e 26 ottobre, dopo l’incontro diretto con il papa i programma giovedì 23 ottobre.

Come è emerso nella conferenza stampa tenutasi il 15 ottobre nella sala stampa della Santa Sede, l’evento  intende segnare  una tappa significativa nel processo di collaborazione tra la Chiesa Cattolica e i movimenti formati dagli esclusi in tutto il mondo.

L’incontro è stato presentato dal cardinale Černy assieme a  don Mattia Ferrari, il cappellano della ong  Mediterranea, e l’attivista congolese Micheline Mwendike Kamate, sottolineando l’importanza di ascoltare l’esperienza dei poveri, non come oggetti di carità, ma come protagonisti capaci di riconoscere aspetti della realtà che altri non vedono, in linea con il magistero di papa Francesco.

Don Ferrari è il coordinatore della piattaforma  EMMP (Encuentro Mundial de Movimientos Populares)  fondata da sei movimenti da Argentina, Brasile, USA, Sudafrica, Spagna e Italia.

In tale veste il giovane sacerdote emiliano ha illustrato, contrariamente ad una narrazione riduttiva di tipo spontaneista, l’impianto teologico che sorregge l’alleanza tra Chiesa e Movimenti Popolari che si fonda, appunto, su una rilettura attenta della Dottrina Sociale, incarnando l’opzione preferenziale per i poveri in una prassi concreta.

Il Cardinale Czerny ha offerto una definizione di “solidarietà” che trascende la semplice assistenza, configurandosi come un impegno a “combattere contro le cause strutturali della povertà e della disuguaglianza” e a “fronteggiare l’impero distruttivo del denaro”.

Il fondamento di questo approccio è ribadito nell’esortazione apostolica Dilexit Te. Don Mattia Ferrari ha spiegato che il concetto chiave è che la Chiesa non si limita a servire i poveri, ma “ama i poveri”. Questo amore diviene la chiave interpretativa per comprendere la profondità di un legame che sfugge all’approccio teorico di tipo sociologico o politico. Il percorso affonda le sue radici storiche nel dialogo pastorale avviato a Buenos Aires dall’allora arcivescovo Bergoglio, per poi essere esteso alla Chiesa universale con papa Francesco.

L’identità dei Movimenti Popolari si forgia in una condizione di triplice esclusione dai diritti cardine della Dottrina sociale: “terra, casa e lavoro”.

Essi sono composti da persone che, a fronte di tale esclusione, si uniscono in “comunità strettamente legate” per lottare contro le ingiustizie e praticare la solidarietà, trasformandola in “un modo di fare la storia”. In questo senso, come suggerito da Francesco per non ridursi a forme già sperimentare e atrofizzate nella loro veste istituzionale, la piattaforma Emmp non è una struttura rigida che “ingabbia”, ma un coordinamento flessibile “al servizio dei processi”. Il cuore del movimento risiede nelle storie concrete di chi ne fa parte e che traducono i concetti teorici in realtà vissuta, rendendo tangibile l’impatto e la “speranza” generata dai movimenti.

«Noi siamo la speranza perché lottiamo per sopravvivere», ha detto Micheline Kamba per far capire il concetto in maniera chiara. La giovane attivista africana è cresciuta a Goma (Congo) in un contesto di guerra dove ha preso coscienza di un’ingiustizia strutturale dove “l’1% dell’umanità possiede più del 90% della ricchezza”.

Stimolato dalle domande dei giornalisti in conferenza stampa, il cardinale Czerny ha indicato tra gli esempi concreti la storia dei Cartoneros argentini, movimento dei raccoglitori di beni riciclabili che si sono auto-organizzati, evolvendo da individui isolati a un tipo di impresa capace  di sviluppare e condividere  know-how tecnico e servizi sociali interni, come un asilo nido, dimostrando come il protagonismo comunitario generi dignità e sviluppo integrale.

Cartoneros Argentina . EPA/Juan Ignacio Roncoroni

Promuovere a Roma l’incontro mondiale dei Movimenti Popolari con l’apertura alla città si conferma una “tappa di un processo” volto a costruire un futuro alternativo fondato sulla giustizia e la fraternità. Una visione radicalmente opposta a quella perbenista che non vuole disturbare i detentori del potere reale. Ma il suo scopo vuole andare oltre la denuncia per realizzare  una trasformazione in cui gli esclusi non sono un problema da risolvere, ma i protagonisti indispensabili del cambiamento.

La stretta frequentazione di don Ferrari con il centro sociale Spin Time rende evidente il legame e la condivisione con alcune realtà auto organizzate presenti a Roma come espressione dei movimenti popolari creando allarme in chi vede in questa scelta di campo una sorta di incentivo alla disobbedienza e alla ribellione.

Come è noto Spin Time è al centro di forti polemiche politiche  perché si tratta di un palazzo occupato illegalmente da alcuni centri sociali per dare un riparo a famiglie rimaste senza abitazione in una metropoli che vive da sempre il paradosso di avere, come esisto di pratiche speculative, un gran numero di immobili senza abitanti e di persone senza casa.

Alla domanda esplicita sulla scelta di svolgere l’incontro presso l’immobile occupato, don Ferrari ha risposto che non si tratta di una “provocazione”, ma un “atto di valore” per la comunità di 400 persone che vi abita. Ha inoltre inquadrato la situazione in un processo costruttivo, menzionando il dialogo in corso con le istituzioni per la regolarizzazione. Questa tensione tra la norma e il bisogno umano è stata elevata a un principio generale dalla testimonianza di Micheline Kamba, la quale ha avvertito che il discorso sulla legalità può diventare una “frontiera” che impedisce ai poveri di esprimersi e accedere ai propri diritti.

Interrogato sulla vicinanza alla “sinistra”, don Mattia ha precisato la natura “apartitica” dei movimenti popolari, ribadendo la loro apertura al dialogo è a 360 gradi, senza essere “al seguito di nessuno”, delineando un’azione che rivendica autonomia etica e sociale.

Francesco,  Mondiale dei Movimenti Popolari, nell’aula Vecchia del Sinodo, 28 ottobre 2014.
ANSA/ OSSERVATORE ROMANO

Il radicamento più volte espresso nella Dottrina sociale cattolica spiega anche la novità del pellegrinaggio giubilare dove per per la prima volta, le delegazioni dei movimenti saranno ufficialmente accompagnate da rappresentanti delle loro chiese locali  realizzando in qualche modo il “sogno di papa Francesco”, di superare  la logica dell’evento per entrare in quella del cammino che coinvolge l’attività pastorale della Chiesa.

Un percorso quindi molto esigente che coinvolge persone che vivono integralmente questo impegno come insegna la vita di Berta Caceres che partecipò al primo incontro dei movimenti popolari per poi essere uccisa a causa della sua attività di ambientalista a servizio del popolo indigeno Lenca e cofondatrice del Consiglio delle organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras. Una conferma che la Dottrina sociale della Chiesa non è il frutto di un testo equilibrato e di compromesso ma si basa su queste storie che sembrano dimenticate nelle periferie del mondo.

«Sono qui – ha detto Micheline Mwendike Kamate– perché, alla fine della giornata, quando mi rendo conto della grandezza del problema del mio popolo e della piccolezza del mio contributo e della mia persona, mi affido a Dio, che è e sarà sempre dalla parte dei poveri. Ed è Lui che ci dà la forza di lottare contro le ingiustizie. Si fa la propria parte, con l’umiltà di coloro che sono consapevoli della grandezza del problema ma che non si arrendono. Il futuro dell’umanità, come ha ricordato papa Francesco, è soprattutto nelle mani dei popoli, nella loro capacità di organizzarsi e nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento».

 

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876