Ci sono voci che riconosci subito e voci che ti sorprendono ogni volta. Quella di Giuseppe Ippoliti appartiene alla seconda categoria: non una voce sola, ma molte, una voce che si sposta, si trasforma, cambia temperatura, colore e intenzione. L’ho incontrato sulla piattaforma Artisti Adesso di Gabriele Aprile e mi ha colpito immediatamente: una voce calda, duttile, intensa, ironica, luminosa e sorridente. Solo dopo ho scoperto che fosse un doppiatore — cinema, serie TV, fumetti, Disney Channel — e allora tutto ha assunto un senso. Giuseppe non è un cantante che recita né un attore che canta: Giuseppe abita la voce, qualunque forma essa prenda.
La sua storia parte da lontano: un bambino di quattro anni che canta Lasciatemi cantare alle feste di famiglia, poi il colpo di fulmine per Bohemian Rhapsody, lo studio del pianoforte, della recitazione e del canto. Sono scintille che, sommate nel tempo, costruiscono una vocazione. Con gli anni la sua voce diventa molte voci: nel cinema collabora con Riccardo Milani (Benvenuto Presidente, Corro da te), nelle serie Tv passa da I delitti del BarLume a Monterossi, nel doppiaggio presta respiro a personaggi iconici come Kevin Krawford, Estefan, Julian Shea e Dimitri; nella musica si muove tra gli Strada38, i suoi brani originali, un EP in uscita a gennaio e l’esperienza a The Voice of Italy.

Giuseppe Ippoliti. Foto dell’autore.
Ciò che colpisce, però, non è l’elenco dei progetti, quanto la sua versatilità emotiva. Non basta saper cambiare voce: bisogna saperla trasmettere. È anche per questo che Giuseppe insegna dizione e doppiaggio pubblicitario — come si realizza uno spot — per Radiospeaker.it. Ha quella calma attenta dei “tranquilli inquieti”, come ama definirsi lui stesso: persone che vivono con la sensazione positiva di potersi migliorare sempre.
«Da grande voglio fare quello che faccio oggi…sempre di più», ripete spesso, con un raro senso di gratitudine, così da poterlo raccontare un giorno alla piccola Agnese, la sua bambina di tre mesi. È una frase che potrebbe sembrare una battuta, ma è in realtà una dichiarazione d’amore per il suo mestiere. Nei suoi corsi non trasmette solo tecnica: crea relazioni, gruppi in cui la creatività si muove libera e intelligente. Spesso una compagnia artistica funziona perché, prima di tutto, è un gruppo che si stima e impara a diventare amico.
La voce di Giuseppe non è soltanto un timbro: è un luogo. Un luogo dove passano storie, accenti, caratteri, emozioni, corpi e tempi. Doppiare, infatti, non è semplice: significa prestare il proprio respiro a un altro, permettere che la tua voce diventi la sua. È una voce capace di accogliere, restituire, piegarsi ai personaggi più diversi, dai cartoon buffi e teneri fino ai ruoli dai toni caldi e sensuali. E soprattutto è una voce che non imita, perché il doppiatore non è un imitatore: non copia, ma reinterpreta, rende credibile, viva e propria la voce del personaggio.
Poi c’è il canto. Quando canta, Giuseppe non interpreta: viaggia. Racconta desideri, malinconie, ironie, sogni, ferite ed energia, una forza che ti contagia come una scarica di adrenalina. La sua è una voce che arriva dritta, non perché spinge, ma perché sente.

Giuseppe Ippoliti. Foto dell’autore.
Forse il segreto è tutto qui: Giuseppe Ippoliti non “fa” il doppiatore, non “fa” il cantante, non “fa” l’attore. Lui è la sua voce, una voce che sa cambiare pelle senza perdere l’anima, una voce bella e intrigante.
Segnate questo nome: Giuseppe Ippoliti.