Ecco un film da non perdere. La regia attenta, non invadente e per nulla violenta – come invece siamo fin troppo abituati – di Patrice Leconte regala un racconto solitario, malinconico, fatto di luci trepidanti, in una Parigi autunnale-invernale di viali lungo la Senna e di squallidi casermoni, dove il commissario corpulento e stanco incontra i vari personaggi della sua indagine sull’omicidio di una ventenne trovata morta. Maigret non ha soluzioni immediate né facili alle sue indagini sui crimini: «Io ascolto», si limita a dire. E l’attore francese – dopo Gabin, Laughton e Gino Cervi – incarna con sobrietà assoluta il personaggio – meravigliosi i momenti delicati con la moglie –, dipana a poco a poco la matassa dell’omicidio che coinvolge le classi alte. Attentissimo ai dettagli arriva alla soluzione, che ovviamente non sveliamo.
Siamo di fronte ad un film raffinato, elegante, curatissimo nei dettagli – i costumi, gli ambienti – e soprattutto nelle luci morbide e sfumate, con un linguaggio fatto più dal togliere che dal mettere (al contrario di tanti registi attuali). La storia non è vecchia ma risulta attuale perché il film analizza senza gridare i privilegi di classe, l’amoralità del potere, dell’ambizione e della ricchezza. E insieme l’illusione dei giovani del successo facile, a costo di perdere la vita e l’anima.
Attorniato da un gruppo di attrici e attori perfetti, Depardieu è grandissimo, ritrova l’ispirazione dei suoi momenti migliori: basta una occhiata, una leggera smorfia, un rapido moto del corpo e la stessa andatura stanca a dire tutto, molto più che le parole, rade e pensate. È una presenza, non tanto per il fisico grandioso, quanto per la concentrazione e la sobrietà della recitazione. Maigret è un film crepuscolare, mesto ma non rassegnato, non chiuso all’amore – Maigret è un padre che ha perso una figlia e il dolore gli è rimasto dentro – ma pure spietato contro l’avidità del potere, senza urlarlo, capace questo potere di uccidere gli umili, come la ventenne di provincia venuta a Parigi a cercare una vita nuova e invece a finire nella morte.
Per gli affezionati del grande attore che è Liam Neeson – quello del celebre Schindler’s List – è uscito il thriller d’azione Memory. Storia rapida: un anziano killer – l’attore ha 70 anni – deve prendersela con una banda di pedofili capitanata da un boss figlio di Monica Bellucci – tutt’altro che straordinaria – e alla fine vincerà. Tra auto che sgommano, sparatorie e gran rumore si svolge l’incredibile e arcinoto racconto di genere dove il grande attore appare stanco e invecchiato. Forse sarebbe più opportuno scegliere copioni diversi?
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