Gas e politica

Le rivelazioni di WikiLeaks hanno fatto concentrare il dibattito sui rapporti tra Eni e Gazprom. Un po' di storia.
eni e gazprom presentano il nuovo gasdotto South Stream

Il metano della valle Padana è stato uno dei primi motivi del boom economico italiano del dopoguerra: la sua scoperta aveva incoraggiato Enrico Mattei, primo presidente dell’Eni, a stringere un diverso tipo di rapporto commerciale tra paesi consumatori e paesi produttori di petrolio, che fino a quel momento avevano ottenuto solo le briciole del valore di quanto veniva estratto dal loro sottosuolo. Si era così fatto molti nemici, forse non estranei all’incidente aereo in cui avrebbe perso la vita.

 

In forza di quei giacimenti in val Padana e poi nell’Adriatico, Mattei aveva costruito una rete di metanodotti per raggiungere tutte le nascenti industrie italiane e quando il gas autoctono era diventato insufficiente, aveva collegato la rete per importare altro gas dal nord (Olanda), da est (ex Urss) e da sud (Algeria), lanciando, sospeso sugli abissi del canale di Sicilia, un ardito gasdotto sottomarino. A quest’ultimo, si aggiungeva un gasdotto per ricevere gas libico.

 

Da allora, la fame europea di gas continua a crescere ed ora si stanno progettando il South stream, per portare altro gas russo alla nostra rete in Puglia, e il Nabucco, dedicato al gas dei paesi transcaucasici e dell’Iran che dovrebbe arrivare alla rete in Veneto.

 

Mattei aveva sperimentato anche un altro modo per importare gas via mare in forma liquida, attrezzandosi con navi metaniere dai serbatoi adatti a bassissime temperature, immettendolo poi in rete sotto forma di gas dopo averlo scaricato liquido in serbatoi a terra. L’esperienza era riuscita solo in parte perché una volta costruiti gli impianti e le navi, la Libia aveva alzato il prezzo, obbligando l’Eni a sotto-utilizzare il sistema in attesa di gas liquefatto di altri paesi. Ormai molti vendono carichi di gas liquefatto e molti consumatori sanno riceverlo: in Italia vi sono state resistenze a creare nuovi punti di arrivo, superati dalla possibilità di sistemare in mare aperto una piattaforma in grado di scaricare il metano liquido ed inviarlo sotto forma di gas a terra via tubo.

 

Attrezzarsi per il gas liquefatto è molto conveniente, perché si è liberi di acquistarlo al prezzo di mercato dai produttori di tutto il mondo, mentre se lo si riceve via tubo si dipende dalla buona fede del venditore ed anche da quella dei paesi che il gasdotto attraversa. Quanto questo possa risultare problematico ce lo ricorda il sequestro di due anni fa del gas russo a noi destinato da parte dell’Ucraina.

 

D’altra parte il gas estratto all’interno dei continenti è in grande quantità, così per il nuovo gas siberiano la Russia ha progettato il North stream che arriva direttamente in Germania grazie ad un gasdotto sottomarino nel Mar Baltico che evita Lettonia, Estonia e Lituania. Parimenti la Gazprom russa, per evitare problemi con Turchia, Ucraina e Romania, sta progettando con l’Eni il South stream che attraversa il Mar Nero in tutta la sua lunghezza, raggiungendo l’Italia attraverso Bulgaria e Grecia.

 

Per contro il gas che proviene dalle nazioni oltre il Caucaso, il Kazakistan, il Turkmenistan e l’Iran vuole raggiungere l’Europa senza attraversare il territorio russo: così si è progettato il Nabucco, che dal Mar Caspio, attraverso Azerbajan e Georgia, si unisce in Turchia col gas iraniano per raggiungere l’Europa attraverso Bulgaria e Romania: tutte logiche nate quando si è disgregato il blocco sovietico.

 

Tutti questi collegamenti servono? Le proiezioni sui consumi di gas naturale in Europa sono tali da far pensare di sì, tanto più se per ragioni ambientali lo si preferirà al carbone. Forse però si poteva puntare di più sul gas liquefatto trasportato via mare, che apparentemente dà più problemi di sicurezza per il trasporto, ma che richiede meno investimenti ed è meno esposto ad attacchi terroristici da cui è difficile difendere gasdotti lunghi migliaia di chilometri.

 

Chi costruisce i gasdotti pensa di riuscire comunque a ripagarne il costo, perché spesso opera in condizioni di monopolio e può imporre il prezzo, in quanto ha dovuto sottoscrivere contratti a prezzi legati a formule non sempre valide e che prevedono che il gas si debba pagare anche se non lo si preleva.

 

Che le decisioni di costruire i gasdotti siano condizionate da interessi privati è possibile e per evitare che alla fine a pagare con prezzi al consumo più alti siano le industrie ed i consumatori, occorre che anche in questo settore si instauri al più presto un vero regime di concorrenza tra aziende di distribuzione in grado di rifornirsi da fonti alternative. Se questo sarà fatto, i dirigenti delle aziende di distribuzione non saranno in grado di piegarsi a logiche estranee, perché il mercato non perdonerebbe: già in passato decisioni non giustificate economicamente, sottoscritte probabilmente obtorto collo da dirigenti appena entrati in carica, sono state poi cancellate col cambio di governo.

 

Certamente per rifiutare logiche estranee al mercato occorre una grande forza d’animo, una condizione che non è detto sia impossibile: molti ricordano lo splendido esempio dato anni fa dallo scienziato Umberto Colombo, che piuttosto che firmare un contratto di fornitura di gas con l’Algeria imposto dal governo a direzione socialista, che poi sarebbe stato travolto da tangentopoli, aveva dato subito le dimissioni da presidente dell’Eni.

            

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