Gas di scisto e ambiente

Lo sfruttamento degli scisti bituminosi sembra a molti la soluzione al problema energetico, ma la trivellazione delle rocce richiede un enorme dispendio di acqua. Alcune considerazioni
Estrazione del gas di scisto

Nel mondo di oggi in cui il costo del carburante e dell’energia pesa sempre di più sul bilancio familiare, è logico che molti si rivolgano all'Eldorado degli scisti  bituminosi, in quelle regioni in cui trivellando per soli mille metri e fratturando le rocce, si può ottenere gas naturale o addirittura petrolio.
 
Gli eventi tettonici che provocano i recenti terremoti in Emilia sono a profondità dieci volte maggiori, eppure in Gran Bretagna queste perforazioni hanno provocato due terremoti del terzo grado Richter, senza incidere sulla determinazione ad andare avanti; più che i terremoti dovrebbe invece preoccupare il consumo di acqua superficiale che perforare ciascuno di questi pozzi comporta, settemila tonnellate.
 
Si tratta dell’acqua che dopo la trivellazione e la fratturazione delle rocce con cariche esplosive viene pompata per stabilizzarla, acqua che in parte torna in superficie spinta dal gas che si sviluppa dalle rocce, inquinata dai composti chimici che le vengono aggiunti e dai metalli pesanti e sostanze radioattive che incontra nel suo viaggio nel profondo.
 
Un'acqua così difficile da purificare da portare gli operatori a trivellare pozzi appositi in cui farla sparire  sotto terra, togliendola così dal suo circuito naturale: non è poca cosa, solo negli Usa del presente si tratta di trecento milioni di tonnellate all'anno di acqua persa per l'agricoltura e l'ambiente: a livello mondiale si perderebbero oltre un miliardo di tonnellate all'anno, un evento insostenibile in un periodo in cui da tante parti si sperimenta siccità e perdita di capacità produttiva dell'agricoltura: il Texas ha già proibito questa pratica.
 
Come ottenere quel prezioso gas senza spreco di acqua? Trascinando accanto a ciascun pozzo un serbatoio di plastica gonfiabile in cui raccogliere l'acqua di ritorno dal profondo per poi liberarla dagli inquinanti distillandola: un’operazione costosa, ma fattibile rinunciando ad essere avidi, utilizzando cioè un po' del gas che si intende produrre e vendere.
 
Oppure si potrebbe pompare al posto dell'acqua del gas liquido, poi recuperabile per la combustione assieme al gas prodotto: per un pozzo  occorrerebbe però una  processione di 350 autobotti di gas liquido. Alternative che vengono escluse se si dà valore zero al bene comune acqua, ma che qualunque imprenditore sarebbe disposto ad adottare se fosse obbligato da serie regole pubbliche.
 
Un problema anche europeo, perché se in Italia oggi non si pensa alla fratturazione, in Europa è già applicata in Polonia e si prevede in Romania ed Ucraina: sarebbe davvero auspicabile che la Comunità europea  dettasse urgentemente regole severe in merito: l'acqua è di tutti, i fiumi non badano ai confini, mai come in questo caso diventa evidente che siamo interdipendenti.

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