Testa a testa tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen al primo turno delle elezioni presidenziali in Francia: se non sembrano esserci molti dubbi sul fatto che saranno i due a contendersi la palma di vincitore – i vari Zemmour, Mélenchon e Hidalgo non sembrano poter superare il 15-20% dei consensi, mentre i due big sembrano viaggiare sul 30% ciascuno −, salgono i dubbi che questa volta, come è accaduto nel 2002 tra Le Pen padre (18%) e Jacques Chirac (82%) e nel 2017 proprio tra Macron (66%) e la figlia Le Pen (33%), il Paese voti compatto, in un sussulto repubblicano, contro il candidato della destra a lungo impresentabile.
Perché? Perché il panorama politico francese ha perso il dualismo protrattosi per quasi 40 anni tra gollisti e socialisti (con un po’ di variabili), ritrovandosi senza una spina dorsale capace di reggere all’urto delle estreme. Oggi Marine Le Pen può fare discorsi di centro e Mélenchon può fare il verso al riformismo soft dei socialisti, togliendo acqua dal mulino degli eredi dell’RPR (il Rassemblement pour la République fondato da un Chirac in vena gaullista) e del PS (il Parti Socialiste che è stato di Mitterrand), e quindi frammentando il panorama complessivo.
La sfida di Macron – che, lo ricordiamo, nel corso del suo sessennio ha vissuto momenti con la popolarità più vicina al 10 che al 20%, quindi bassissima – è stata quella di non fare campagna elettorale, approfittando della pandemia e poi, senza soluzione di continuità, della guerra d’Ucraina, governando da candidato alla successione di sé stesso. Ma ciò non è bastato. E non si sa se basterà per mantenere la sedia all’Eliseo. Certo, una sua vittoria ai punti appare ancora la più probabile, ma non è detto che la grande onda populista nata coi gilets jaune e prolungata coi no-vax riesca a far confluire sulla candidata della destra tutti i mal di pancia di un Paese in crisi d’identità.
Marine Le Pen, da tanti anni amica esplicita e fedele di Vladimir Putin, ha faticato a rinnegare tale relazione oggi ingombrante, ma ha avuto buon gioco a denunciare il fatto che sia stato Macron a rendere la Francia dipendente dal gas russo e a ricevere Putin nel suo palazzo in pompa magna, e non lei che pur lo frequentava più in Russia che in Francia: così ora la Le Pen propone, forse con più credibilità del presidente, una Francia indipendente energeticamente dalla Russia. Un colpo duro per Macron, che ha fallito nel porsi come mediatore d’eccezione, anche approfittando del fatto di aver assunto al momento buono la presidenza semestrale dell’Unione europea, con l’occupante del Cremlino, scavalcato in ciò dal premier israeliano e dal presidente turco.
In questo panorama, la sinistra di Jean-Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise (la Francia non sottomessa, eredità del Partico Comunista Francese di Georges Marchais) flirta col 20% dei consensi, con un programma dai toni sessantottini, e non è detto per nulla che, al secondo turno delle presidenziali, dia come mandato ai suoi elettori di votare Macron, piuttosto che Le Pen. Nei fatti, il 20% almeno dei suoi sostenitori, come dicono i sondaggisti, confluirà coi suoi voti sulla leader del Rassemblement National (erede del Front National di Jean-Marie Le Pen), introducendo un ulteriore motivo di incertezza nella competizione presidenziale. Anne Hidalgo, sindaco di Parigi e candidata del Partito Socialista vaga da parte sua in acque torbide, con un partito in disfacimento, un figlio che dichiara di non votare per la madre e nell’incapacità di porsi come alternativa credibile a Macron e Le Pen.
Il ruolo dei cattolici? Non pervenuto. Il ruolo dei gaullisti? Non pervenuto. Il ruolo dei marxisti? Non pervenuto. Il ruolo dei liberali alla d’Estaing? Non pervenuto. Quello di domenica sarà un voto totalmente post-ideologico, in cui gli elementi di simpatia personale giocheranno non poco. Riuscirà Macron a superare l’handicap di apparire un giovane parvenu della politica, senza gavetta alle spalle? E riuscirà Marine Le Pen a scrollarsi di dosso lo stigma del vetero-fascismo? In tempi di guerra, contano ancora le questioni locali, che in ogni caso avranno profonde influenze sul futuro del continente europeo.
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