Francesco rassicura Pechino

In un’ampia intervista ad Asia Times, Bergoglio cerca di facilitare la strada per un nuovo incontro tra Repubblica popolare e Vaticano. Intervista allo studioso Kin Sheung Chiaretto Yan. Mentre comincia il nuovo anno cinese, quello della scimmia
Canton

Recentemente ha pubblicato un libro di analisi della situazione del cristianesimo in Cina: Il Vangelo oltre la grande muraglia (Emi), presentato alla stampa, tra gli altri, da padre Federico Lombardi, dall’arcivescovo Celli e dal professor Agostino Giovagnoli. Con lui cerchiamo di fare il punto sulla prospettiva di un nuovo incontro tra il colosso asiatico e la cristianità, all’indomani della lunga intervista concessa da papa Francesco a Francesco Sisci di Asia Times (qui).

 

Cosa pensa dell’ultima intervista del papa?

«Mi tocca il cuore per la sua lungimiranza. Bergoglio tocca il passato, il presente e il futuro del popolo cinese, ci incoraggia ad ancorarci nella nostra storia, suggerendo che noi cinesi possiamo trovare soluzioni adeguate ai problemi del presente con saggezza, soprattutto basandoci su una cultura millenaria come quella della Cina. Ci invita anche a guardare al futuro essendo aperti alla collaborazione con tutti e lavorando per il bene comune non solo nostro, ma di tutti, nel mondo intero. Questo augurio di capodanno ai cinesi ha una portata storica. Aspettiamo le sorprese di Dio».

 

Come mai un saluto di questo genere ha avuto tanta eco sulla stampa e commosso non poca parte del popolo cinese?

«Il papa sa come avvicinare il popolo cinese. Ci siamo commossi perché ci comprende, ci rispetta, ci accoglie e ci apprezza. In una parola, lui ci prende così come siamo.Dice che la Chiesa cattolica ha il dovere di rispettare tutte le civiltà e di averne “Rispetto” con la erre maiuscola. Sentiamo cioè di essere rispettati nella nostra identità culturale. Ci invita quindi ad avere autostima e riconciliarci con noi stessi e con il nostro passato, nel positivo e nel negativo. Il Vangelo dice di amare gli altri come sé: la misura dell’amore sta nel sapere amare sé e gli altri. Questo è molto consono alla cultura cinese che dà non poca importanza alla relazione e alla reciprocità. Basti pensare alla ben nota regola d’oro: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. È stato Confucio ad esprimerla così come poi la troviamo nel Vangelo. E poi il papa lancia un messaggio di riconciliazione, di dialogo e di pace non solo per la Chiesa in Cina ma anche per il mondo intero. Egli si dichiara davanti al tutto il mondo come “amico” della Cina. Perché mai avere paura di amico?».

 

Come hanno risposto i cinesi a questa dichiarazione di amicizia?

«Nelle 24 ore dopo la pubblicazione dell’intervista, la notizia è circolata in tutta la Cina. Come si sa, l’uso di social media in Cina è ormai sviluppatissimo. Ma la notizia non è circolata solo a livello privato. Nei due giorni successivi le parole di papa Francesco sono state pubblicate sui siti più popolari e anche su quelli statali, come la Phoenix TV, il Quotidiano del popolo e il sito della CCTV. Anche organi ufficiali del governo, che in genere parlano con molto cauteladelle faccende più delicate, hanno reagito favorevolmente. Come cattolici sentiamo di avere un padre amoroso che ci dà dei consigli per come vivere oggi la nostra fede. Ma anche per chi magari non conosce tanto Chiesa e papa, sentire le parole di stima di un leader spirituale mondiale di massimo rilievo, fa sentire onorati ed edificati. Il popolo avverte una vicinanza e una sincera amicizia con questo papa. Come dice l’editoriale di un giornale di governo: “Questo augurio ai cinesi e il gesto di amicizia di papa Francesco alla vigilia del Capodanno lunare danno tanta gioia ai cattolici in Cina, ma anche gli altri cinesi ne sono felici”».

 

Perché, secondo lei, tanta gente in Occidente critica la Cina?

«Per una certa lontananza culturale o per una conoscenza non approfondita, oppure forse semplicemente per le semplici dimensioni geografiche della Cina, la sua crescita può creare un senso di minaccia e sfida per l’Occidente. Le notizie sulla Cina nei media occidentali spesso sono molto critiche nei confronti di Pechino. Per tanti cinesi queste notizie appaiono tendenziose e non sono oggettive. La Cina ha subito una grande trasformazione sociale negli ultimi decenni e ha conosciuto progressi economici che hanno portato gran parte della sua popolazione fuori dalla povertà; ma nello stesso tempo ha anche generato nuovi contrasti. Importante è affrontarli in un processo di miglioramento per il bene del popolo che attualmente in massima parte pensa che si stia andando nella direzione giusta. Coloro che criticano la Cina solitamente sono scettici nei confronti del sistema politico cinese e diffidenti sulla trasformazione interna che sta avvenendo. Ma a mio avviso la Cina oggi è più pragmatica e meno ideologica di una volta. Direi più confuciana che comunista».

 

Secondo lei, da dove viene la forza del pensiero del papa?

«La forza e il pensiero forte del papa vengono da Dio-misericordia. In un modo esemplare, il papa ci fa vedere come avvicinare una realtà come quella della Cina con la sua ricca cultura. Prima di tutto, egli l’avvicina con rispetto e poi cercando di creare una relazione. La relazione genera comprensione e fiducia reciproca fino a diventare anche un rapporto di amicizia. Davanti a un amico, uno non può tacere nulla, compresi gli ammonimenti e i consigli. Questi consigli offerti per amicizia vengono accolti dall’altro con altrettanta amicizia. Alla fine, i nodi dei problemi verranno sciolti. Questo approccio papale è un modo di fare evangelico, ma nello stesso tempo assai consono con la cultura orientale. Invece di avvicinare subito una realtà con un giudizio (giusto o sbagliato, positivo o negativo), nella cultura orientale ci si avvicina ad una nuova realtà con più distacco, si tende ad essere meno polemici, si punta a conciliare le contraddizioni. Gli opposti possono essere le due facce della medaglia dell’unica realtà. Punti di vista differenti possono comporsi in un rapporto armonioso».

 

Cosa può fare la Chiesa italiana per essere ponte per un mondo che ha pregiudizio sulla Cina?

«La Chiesa come istituzione spirituale non ha propri interessi geopolitici o economici. Proprio per questo motivo la Chiesa può svolgere un ruolo di intermediazione importante anche nello scenario mondiale, come è stato mostrato negli ultimi tempi proprio da papa Francesco, ad esempio nella soluzione del nodo cubano. In un mondo pieno di pregiudizi, antagonismi e conflitti, anche la Chiesa italiana può svolgere un ruolo di ponte, sostenendo e seguendo quello che il papa promuove, cioè una “cultura dell’incontro”. È questa una responsabilità della Chiesa: incoraggiare i media, cominciando da quelli della Chiesa stessa, ad essere più positivi e a mettersi davvero al servizio di un mondo che si muove verso la comprensione e il dialogo. Per usare un’espressione cinese: dare più “energia positiva”. In questo modo, il cristianesimo potrà dare un contributo fattivo alla società cinese e la cultura cinese potrà essere un arricchimento per la Chiesa cattolica. L'arricchimento sarà reciproco».

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