Famiglia, non convento

Maria, Giuseppe e il figlio di Dio: una convivenza originale e unica nella storia, dove l’amore umano fatto di cuore, forze, mente sa accogliere e farsi plasmare anche dal sacro
Nazareth

Chiedo scusa, ma faccio fatica ad accettare l’aggettivo “sacra” o “santa” davanti al nome della famiglia di Nazaret. Mi pare sia sufficiente – e pienamente espressivo – dire “la famiglia”. La famiglia per eccellenza. Dire “sacra” o “santa” mi pare attenui quell’unicità e normalità che ne costituiscono l’identità affascinante, per mettervi sopra un’etichetta devozionale.

Come era, nella realtà, “la famiglia”? Non possiamo negare che era originale, un caso unico: due sposi vergini e il Figlio di Dio. Non si è mai più ripetuto nella storia.

Allo stesso tempo era un caso misterioso. Mettere insieme termini come “sposi” e “vergini” è un’operazione che nessun dizionario di nessuna lingua è capace di risolvere. È come parlare di “uno e trino, di “uomo e Dio”. Già, ”la famiglia” di Nazareth si muove in quell’ambiente.

Il vangelo dice chiaramente che Maria era sposa di Giuseppe e Giuseppe era sposo di Maria (Cf., Mt 1,18-20). Quindi Maria e Giuseppe erano innamorati, si amavano veramente. Giuseppe non era un “paravento” per proteggere la maternità verginale di Maria. Ripeto: era uno sposo-vergine. E Gesù è cresciuto ed è stato educato dall’amore di due sposi. Se no, che esperienza vera di famiglia avrebbe fatto?

Solo a questa luce la Chiesa ha il diritto di proporre “la famiglia” come modello delle famiglie. Come queste potrebbero ispirarsi a una famiglia “finta”, presentata come tale, ma che sarebbe in realtà un “convento” simulato? I tre di Nazaret si volevano bene realmente, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, in modo soprannaturale e naturale.

Davanti a questo mistero non si tratta di lasciarsi portare da giochi di fantasia o di fare arrampicate sui vetri della teologia, ma di diventare veri e semplici. Immergersi nella ricchezza di umanità e divinità che “la famiglia” racchiude, imparare da essa a mettere al disopra di tutto il rapporto (umano-divino), riscoprire ogni giorno che il sogno mai completamente raggiunto – e quindi sofferto – dell’unità, comincia però a realizzarsi quando l’amore umano riesce a far nascere fra uomo e donna la presenza del Figlio di Dio.

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