Facebook ci ha trasformati

Angela Constabile, docente di psicologia dello sviluppo ed esperta dei nuovi media ci spiega come sono cambiate le relazioni, le conoscenze, l'educazione grazie (e non malgrado) alla tecnologia
Bambini al computer

Viviamo immersi nei media e nella tecnologia. Innegabile. La nostra vita ne è condizionata e dipendente. Una domanda che ci facciamo nel segreto e che poi ritroviamo nei dibattiti pubblici ci martella: come i media e la tecnologia mi stanno influenzando? E, soprattutto, quando hai un nipote o un figlio che ne sembrano stradipendenti da tasti e schermo ti chiedi: come influenzano le loro giovani menti e il loro sviluppo cognitivo, relazionale e sociale? E’ il quesito di famiglie, insegnanti, società tutta.
Noi abbiamo interrogato Angela Costabile, professoressa di Psicologia della sviluppo e dell’educazione, presso l’Università della Calabria e scrittrice, tra l’altro, di The impact of technology on relationships in educational setting, pubblicato per Routledge, Londra.
 
In base alle sue ricerche come cambia il processo cognitivo nei cosiddetti nativi digitali? Ci può fornire qualche dato in merito?
Da alcuni dati rilevati dall’Università di Milano Bicocca emerge che i nativi digitali sono una specie in via di apparizione, all’interno della quale possono  essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, diversi a seconda dell’età e dell’esposizione più o meno precoce. Emergono tre tipologie differenti di bambini, ragazzi:  nativi digitali (da 0 a 12anni);  i millennials (dai 14 ai18);  i nativi digitali spuri (dai 18 ai 25).
Nei nativi digitali spuri rientrano per esempio gli studenti universitari; I dati dicono che navigano tantissimo in Internet, quasi tutti utilizzando la banda larga. Usano sempre più il cellulare prevalentemente per sms, foto e video (poco per navigare), non guardano quasi più la televisione, sentono poco la radio e purtroppo continuano a non leggere libri (compresi gli ebook), se non quelli che servono per lo studio scolastico/universitario.  Tuttavia il loro uso del Web è ancora “ molto analogico”, molto Web 1.0. Sono loro stessi a definirsi utenti di base del Web e solo il 21 per cento si definisce un utente esperto. Gli studenti universitari navigano molto, usano i blog e leggono quelli dei loro amici, ma meno nel 2010 che nel 2009, di  Facebook.

E i nativi puri?
I nativi si espongono su Facebook, sui blog o su YouTube, vivono nello e sullo schermo, allo stesso modo in cui abitano il mondo reale. Questo rende il loro modo di vedere e costruire il mondo molto differente dal nostro (Goodmann 1978). I nativi stanno sviluppando nuove rappresentazioni, metodi, per conoscere e fare esperienza del mondo. Sperimentano differenti schemi di interpretazione della realtà che li circonda, uno dei comportamenti di apprendimento più originali dei nativi, sostiene Ferri, è il multitasking, Infatti studiano mentre ascoltano musica e nello stesso tempo si mantengono in contatto con gli amici attraverso MSN, mentre il televisore è acceso con il suo sottofondo di immagini e parole. Dal punto di vista delle capacità cognitive la rete rappresenta un ottimo strumento per sviluppare il multitasking, Indubbiamente i media rappresentano una componente importante che influenza lo sviluppo cognitivo e sociale dei bambini e degli adolescenti.

Un tempo si diceva: troppa TV fa male,  oggi molti lo dicono del pc. Leggenda metropolitana o invece c’è del vero?
L’approccio ai media (televisione, internet, tecnologie in genere) deve considerare nella sua globalità la vita di bambini e ragazzi ma soprattutto interpella gli adulti: come organizzano il tempo loro e dei loro figli? Lo spazio che le tecnologie stanno conquistando nella vita quotidiana dipende dal tempo che si dedica anche ad  attività all’aperto, relazioni face-to-face. Bisogna quindi riflettere sulle opportunità di vita relazionale che si offrono a  bambini e ragazzi, al di là dello stereotipo sul pericolo delle tecnologie.
 
 Facebook e tutti gli strumenti social permettono di vivere tante relazioni e di trasferire il reale nel virtuale e viceversa. Cosa comporta tutto ciò a livello socio-relazionale?
Le TIC svolgono una funzione sociale che consiste nell’informare, intrattenere e fornire un’interpretazione di ciò che avviene nel mondo, creando una vera e propria costruzione della realtà. Lo spazio virtuale o “cyberspazio”, può essere considerato come uno spazio sociale che rappresenta un’opportunità unica dove le persone possono trovare supporto, sperimentare nuove identità e persino creare relazioni interpersonali all’interno delle comunità virtuali. Le stanze di chat o Facebook, per esempio, rappresentano l’ambiente ideale per avviare rapporti, legami, amicizie, costituiscono il luogo ideale per scambiare informazioni ed opinioni.
Ci sono perplessità sulla qualità di questi rapporti…
Gli adolescenti, su Internet, sono in grado di creare un nuovo tipo di gruppo che va al di là dei gruppi formali e informali. Si tratta di gruppi “virtuali” in cui la comunicazione è veloce, immediata e diffusa. Solo apparentemente si sa con chi si sta interagendo, ma non si può essere sicuri, il grado di anonimato garantito da Internet è elevato e l’incertezza rappresenta per molti un alto livello di eccitazione perché soddisfa il bisogno naturale di sfidare e di affrontare il rischio.
I ragazzi sembrano avere chiara la differenza tra amici “reali” ed amici “online”, infatti sono consapevoli del fatto che i veri amici sono pochi e sono quelli che si incontrano regolarmente, faccia a faccia, con i quali si svolgono attività concrete, mentre le amicizie su Facebook sono solo delle conoscenze.
 
La tecnologia digitale salverà il mondo della scuola dall’accusa d’inconsistenza? 
La scuola viene spesso accusata di essere distante dal mondo reale, di offrire opportunità formative che bambini e ragazzi non accolgono in quanto poco interessanti e demotivanti. I livelli di intervento sono almeno due: uno è legato ai diversi approcci alla conoscenza che hanno individui immersi in ambienti digitali fin dalla nascita (o anche prima). Ciò vuol dire che il loro funzionamento cognitivo (tra l’altro percezione, memoria, apprendimento) è cambiato e di questo gli adulti (soprattutto gli insegnanti) devono averne consapevolezza. Il secondo aspetto riguarda le competenze digitali degli insegnanti che di sicuro sono carenti e con necessità di miglioramenti. Tali competenze inoltre devono prima di tutto riguardare l’aspetto comunicativo classico, la relazionalità e, in seconda istanza, l’uso delle tecnologie digitali.
 
La digitalizzazione massiccia e massiva, secondo un principio di responsabilità, è veramente il miglior mondo che possiamo lasciare alle future generazioni?
Gli adolescenti hanno, come abbiamo già detto interiorizzato un altro modo di percepire la realtà e di vivere le relazioni e le responsabilità. Parlare di responsabilità richiama  senza dubbio altri agenti quali gli educatori (genitori e insegnanti). Il problema è che spesso gli adulti non hanno competenze per esempio con questi nuovi canali di comunicazione e il divario con i giovani è spesso notevole. Molte volte sono i figli o gli alunni che istruiscono gli adulti e in tal senso diventa veramente difficile esercitare il loro controllo educativo.
Attualmente la ricerca psicologica tende a mettere in evidenza che alcuni comportamenti quali quello da bullo o cyberbullo sono determinati non tanto da mancanza di skills sociali, ma dall’incapacità di entrare in empatia con gli altri, unita a meccanismi di disimpegno morale.


Ci spieghi meglio…
Per disimpegno morale vogliamo significare quelle operazioni di ristrutturazione cognitiva che consentono il trasgressore di una norma di lenire il senso di colpa e la vergogna potenzialmente derivanti dall’atto trasgressivo. Nel disimpegno morale troviamo, dunque dei meccanismi che autogiustificano il proprio comportamento, per esempio:
1.      Giustificazione morale
2.      Etichettamento eufemistico
3.      Confronto vantaggioso
4.      Dislocamento della responsabilità
5.      Diffusione della responsabilità
6.      Distorsione delle conseguenze
7.      Deumanizzazione
8.      Attribuzione di colpa alla vittima
Questo del disimpegno morale è un tema molto interessante, i suoi meccanismi vengono messi spesso in atto soprattutto on-line.
 
 
Ha ancora un ultimo commento?
Sì. I bambini e i ragazzi pur definiti nativi digitali hanno dei bisogni di base per il loro sviluppo che si sono mantenuti inalterati: sicurezza, affetto, supporto nell’autonomia. Le tecnologie sono solo uno dei mezzi per raggiungere il risultato di una personalità adulta, di un’identità positiva e stabile.

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