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L'Esperto risponde > Società

I bambini di fronte alla stanchezza (pandemica) dei grandi

di Ezio Aceti

Mi sento sottoposta ad uno stress incredibile tra la paura del virus, gli orari della giornata sconvolti, la tensione al lavoro… e i bambini ci vanno naturalmente di mezzo. Non so che fare. Una mamma

 

Speravamo tutti che non arrivasse. Ma è arrivata, con tutta la sofferenza dovuta a morti, ricoveri, limitazioni lavorative, scolastiche e di spostamento.

Sappiamo che questa seconda ondata rappresenta per le persone adulte una prova particolare con risultati negativi in termini di fatica, ansia, angoscia e dunque stress psicologico.

Infatti, se durante la prima ondata, di fronte alla novità della chiusura e del lockdown all’inizio la reazione è stata sostanzialmente di assenso motivato e resistenza intelligente da parte delle famiglie e della gente, ora la situazione è differente.

Stanchi e fiaccati per la chiusura imminente e la crisi lavorativa ed economica conseguente, molti faticano a sopportare la limitazione della libertà e la chiusura di interi settori produttivi ed economici, in particolare quelli destinate al tempo libero, cioè proprio al tempo previsto per la “scarica emotiva dello stress e dell’ansia”.

Senza possibilità di “ricarica”, naturalmente, il rischio è che lo stress e la fatica si accumulino ulteriormente, con lamentele e aggressività (spesso verbali) molto scomposte.

E i bambini? Cosa vivono e pensano i bambini? Sappiamo che i piccoli non hanno ancora uno sviluppo cerebrale, cognitivo ed emotivo per elaborare e comprendere fino in fondo quello che sta succedendo.

I loro punti di riferimento sono i genitori, gli educatori e i grandi che si occupano di loro e che, in questa circostanza, appaiono stanchi e un po’ depressi. Sappiamo inoltre che i bambini sono il futuro di ogni nazione e che investire in loro è non solo importante ma soprattutto intelligente e produttivo.

Allora cosa fare?

In questo momento penso ad un uccello, il pellicano: come si comporta con i suoi piccoli? Di solito vola in alto per vedere i pesci e prenderli e darli poi triturati ai piccoli.

Il pellicano, però, quando non ci sono più pesci, di fronte alla penuria di cibo prende dal proprio petto un po’ della sua carne e la dà ai suoi piccoli.

Questo è il tempo in cui noi dobbiamo dare di più, soprattutto mostrare ai nostri figli che siamo disposti a fare di più per loro e a sostenerli anche se siamo stanchi e depressi.

Papa Francesco usa il termine “mitezza” a significare la capacità di mantenere l’equilibrio nonostante le intemperie e la tempesta. Pertanto suggerirei:

  • Utilizzare la parola e il linguaggio per spiegare che anche se non fanno sport, piscina, o la scuola è ridotta, noi ci siamo e possono contare sul nostro aiuto.
  • Chiedere scusa ogni volta che la fatica e la stanchezza ci travolgono e magari ci lamentiamo o siamo scorretti e scortesi nei loro confronti.
  • Evitare di lamentarci continuamente verso le autorità sapendo che per loro la fiducia verso l’autorità è importante e comunque va rispettata, anche se non si è sempre in accordo.
  • Trovare occasioni per lodarli con pertinenza, per far sentire loro che gli vogliamo bene indipendentemente dalla situazione
  • E poi… chiedere loro di aiutarci ad essere un po’ più spensierati, magari con iniziative e giochi che loro sanno proporci.

In questo modo non risolveremo la pandemia, ma renderemo più umano questo periodo faticoso, con la garanzia che i nostri figlio sapranno comprendere…

E comprenderanno. Sì, comprenderanno.

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