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Italia > Verso il 25 settembre

Elezioni, le conseguenze del Rosatellum

di Pietro Adami

- Fonte: Città Nuova

Gli effetti prevedibili della mancata riforma della legge elettorale, associati alla riduzione del numero dei parlamentari, sulla rapresentanza di deputati e senatori. Città Nuova dà spazio a riflessioni e proposte da parte dei propri lettori, nell’ottica di un dialogo aperto e costruttivo. Vedi il Focus “Dibattito verso le elezioni politiche”.

Elezioni Foto Cecilia Fabiano – LaPresse

Il sommesso pigolare degli studiosi di diritto costituzionale ed elettorale non è stato ascoltato dalle forze politiche. Gli studiosi insistevano, forse fastidiosamente, a ricordare che il taglio dei parlamentari di un terzo avrebbe avuto effetti molto rilevanti sulla legge elettorale, e che quindi occorreva porre rimedio, prima della fine della legislatura.

Io stesso, su queste pagine di cittanuova.it, avevo formulato un fantasioso esempio: attenzione, è ben diverso ripartire in modo proporzionale 5 cappelli o invece 3 cappelli. Se ci sono cinque bambini, qualcuno andrà in giro a capo scoperto.

Gli effetti del taglio di un terzo dei parlamentari si intrecciano poi con la particolarità della legge elettorale in vigore, che ha la caratteristica di non mettere in palio tutti i seggi nel proporzionale, ma li suddivide tra quota maggioritaria e quota proporzionale.

Conviene un esempio: immaginiamo che una Regione elegga 10 deputati. Tre sono eletti con il maggioritario e sette con il proporzionale.

Si creano quindi tre collegi uninominali (ossia con un solo nome stampato sulla scheda), più o meno grandi come un paio di province, e poi un collegio regionale.

I partiti (o le coalizioni) presenteranno quindi tre candidati, in ciascuno dei tre collegi maggioritari, e questo nome comparirà in alto nella scheda elettorale. Poi sotto tutti i simboli dei partiti che sostengono il candidato:

Tizio – sostenuto da A e B

Caio – sostenuto da D e F

La legge elettorale impedisce il voto disgiunto. Vale a dire che l’elettore voterà contemporaneamente sia il proprio partito, e dunque il proprio simbolo, sia in automatico il candidato per il collegio uninominale, designato dalle liste apparentate.

Il voto nel proporzionale si trasferisce quindi in automatico al candidato nel maggioritario uninominale. Non si può, ad esempio, votare Tizio nel collegio Viterbo, e la lista che sostiene Caio, nella regione Lazio.

Il sistema pretende coerenza, ma in qualche modo smentisce la ragione di essere originaria del collegio uninominale maggioritario, ossia che si vota la persona e non il partito.

Nella vigente legge, se voti la persona sei obbligato a votare il partito che la sostiene (ed a sua volta, poi, i candidati nella listina bloccata di quel partito).

Gli effetti della legge elettorale in vigore si intrecceranno con il taglio di un terzo dei parlamentari, generando un sistema che premierà oltremodo chiunque avrà anche la più piccola maggioranza. Per questa ragione, ponendo da parte la tradizionale litigiosità, i partiti stavolta hanno scelto la strada dell’aggregazione e della coalizione.

Solo unendosi potranno sperare di conseguire le preziose vittorie nei collegi uninominali maggioritari, laddove basta prevalere di un voto per portare a casa il seggio parlamentare. Le liste che godranno, nei singoli territori, anche di una piccola maggioranza conquisteranno una larga maggioranza nazionale dei seggi. Una maggioranza sproporzionata rispetto ai voti ottenuti. I moniti di chi scrive e dei più avveduti costituzionalisti, purtroppo, sono caduti nel vuoto ed ora questo scenario è plausibile.

La legge elettorale può consentire a chi prevarrà di conquistare gran parte dei collegi uninominali, puntando ad eleggere i 2/3 dei parlamentari. Un numero che permetterebbe una agevole modifica del testo costituzionale e impedirebbe di chiedere il referendum popolare per impedire le modifiche della Costituzione.

D’altra parte le norme in vigore per la modifica della Costituzione (art 138) furono scritte in presenza di un sistema elettorale proporzionale e non sono mai state modificate per impedire che il maggioritario mettesse la Costituzione nelle mani di una minoranza di elettori per effetto di meccanismi elettorali premiali.

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