El Salvador, rafforzata la tregua tra bande

Si apre la "seconda fase" della singolare tregua fra bande criminali che in 11 mesi ha risparmiato la vita di circa 1.900 persone. Già quattro sindaci hanno aderito al piano “Municipi liberi dalla violenza”, grazie alla collaborazione fra società civile e governo
El Salvador

Iniziata l’8 marzo del 2012, la tregua in Salvador tra le bande ha ricevuto negli ultimi tempi il sostegno dei sindaci di quattro grossi municipi. In conferenza stampa Adam Blackwell, segretario della sicurezza multidimensionale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) ha annunciato l'avvio della seconda fase del processo, che ultimamente zoppicava troppo a causa dell’assenza dello Stato. 

Esponenti dei due partiti più rappresentativi, FMLN e Arena, hanno a loro volta espresso fiducia nel buon esito di questa iniziativa, che trova adesso nelle istituzioni pubbliche sostegno e trasparenza. Un passo in avanti, visto che il varie occasioni il presidente aveva affermato che lo Stato era estraneo alla tregua, temendo che la spinosa situazione potesse compromettere il suo governo.

 

La tregua era stata raggiunta dai capi delle due grandi bande (pandillas) del Salvador, la Mara Salvatruchas 13 e Barrio 18, grazie alla mediazione dell’ex guerrigliero e parlamentare del Fmln Raul Mijango e del vicario castrense Fabio Colindres, con il discreto beneplacito del ministro della Sicurezza pubblica. Subito dopo una trentina di esponenti delle due bande fu trasferita da un carcere di massima sicurezza a due centri meno rigorosi, per ragioni umanitarie, si disse. In coincidenza si registrò una forte riduzione degli scontri per la disputa di territori, che manteneva il Paese in testa alle nazioni con maggior indice di morti violente al mondo. 

 

La riduzione di quasi la metà degli omicidi, si parla di migliaia di vite risparmiate, durata ormai quasi un anno, sta convincendo molti che inizialmente erano critici della validità dell'accordo, al di là delle garanzie formali, dell'opportunità storica che si ha, in questo momento, per abbattere il flagello della violenza nel Paese. 

 

Quasi la metà delle vittime uccise nel 2012 aveva fra i 10 e 29 anni di età. Di questi, molti erano immersi in quel mondo di marginalità dove non passa il treno del progresso e  l’illegalità spadroneggia.

 

L’adesione dei quattro sindaci e la volontà di imitarli espressa da altri 18 primi cittadini, molti dei quali già da tempo impegnati nel tendere la mano ai pandilleros (i banditi), spiana la strada alla seconda fase della tregua che prevede la creazione di "Municipi liberi dalla violenza", nei quali le bande del territorio abbandonerebbero l’azione criminale per collaborare  nelle strategie di prevenzione, basate sul re-inserimento sociale. Imprenditorialità, lavoro, formazione, impianti sportivi sono al centro dei programmi, ancora in elaborazione, su cui si sta lavorando a marce forzate. A questo fine è stata costituita una Fondazione umanitaria con l’appoggio di imprenditori e associazioni, per reperire i fondi, che in buona parte provengono dalla Cooperazione internazionale. Cresce quindi il consenso intorno alla tregua, ma anche il richiamo alla legalità e alla tutela del sistema giudiziario, che da più parti sono ritenuti valori non negoziabili. 

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