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Firme > Penultima fermata

Turisti felici e residenti scontenti?

di Elena Granata

Viaggiare è la forma di desiderio più diffusa del nostro tempo: viaggiano i giovani, i pensionati, i ricchi e anche i meno abbienti. Si parte per mesi interi o per brevi fine settimana, si raggiungono mete lontanissime oggi accessibili a (quasi) tutti. Ovunque si parla di viaggi: al lavoro, a scuola, in famiglia. Il viaggio – felicità a portata di tutte le tasche – sembra essere diventato l’ultima consolazione dalle fatiche quotidiane. Si vive tra un viaggio e l’altro, si vive programmando nuove esplorazioni, si prenota per tempo e si cercano le mete più scontate, talvolta ci si indebita pur di raggiungere il luogo dei propri sogni, si parte sull’onda dell’emozione suscitata da un film o dall’appello di un tiktoker.

C’è una tale bulimia di viaggi che talvolta restare a casa mi pare la forma più potente di ribellione a tutto questo movimento sconnesso. L’Italia con le sue infinite mete possibili è un soggetto a rischio. Non si tratta più solo di turismo di massa, ma di overtourism (eccesso di turismo). In questo grande gioco di spostamenti, consumi e competizione per le offerte più vantaggiose, tutti siamo coinvolti. Stiamo diventando abitanti scontenti delle nostre città e turisti felici nelle città altrui (e spesso letteralmente, nei letti degli altri). Il turismo, infatti, superato un certo limite, diventa il principale nemico della qualità della vita degli abitanti stessi. Genera sovraffollamento, traffico, degrado e penalizza anche i lavoratori del settore, costretti a sopravvivere con stipendi bassi, affitti proibitivi e una cronica mancanza di alloggi accessibili.

Ogni città turistica, valle panoramica, spiaggia incontaminata, paesaggio pittoresco o centro storico ben conservato, se investito dal turismo di massa, finisce per consumare proprio quelle risorse che lo hanno reso attraente. È la tragedia dell’overtourism: se “tutti” vogliono godere dello stesso panorama, della stessa spiaggia bianca e deserta o della stessa distesa di neve in montagna, alla fine “nessuno” potrà più goderne. La pervasività di questo modello di turismo mordi e fuggi, che si estende dalle zone alpine alle coste, dalle città d’arte a quelle universitarie, mette continuamente in conflitto residenti e turisti, studenti e turisti, famiglie e turisti, anziani e turisti. L’Italia intera rischia di trasformarsi in un unico grande (ed economicamente accessibile) paradiso turistico internazionale.

Non possiamo ignorare il potere devastante di questa forma di consumo e la fragilità della bellezza dei luoghi. È urgente intervenire con limiti e alternative, superando la logica dei piccoli correttivi come i biglietti d’ingresso a Venezia o le restrizioni sulle piattaforme Airbnb a Barcellona. Dobbiamo agire anche sulla domanda, sui bisogni di chi viaggia, e chiederci: da cosa stiamo fuggendo? Quale senso non riusciamo più a trovare nei luoghi in cui viviamo?

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