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Firme > Dov'è Dio?

Comunità Post-it

di Tommaso Bertolasi

Mettere in atto dei mezzi per uscire dalla crisi è quel che fa una comunità in crisi. Si inizia a concentrarsi su quegli strumenti che sembrano promettere una stabilità della barca nel mare in tempesta. Si cerca insomma di mettere in sicurezza la comunità operando su bilanci, flussi di lavoro, organizzazione e organigramma. Si concentrano e “razionalizzano” le risorse, si opera dunque una revisione della spesa, si vendono quei beni che si reputano vendibili.

In genere questi processi comunitari sono condotti e guidati da uno stuolo di consulenti, facilitatori, tecnici che armati di Post-it ed efficaci presentazioni PowerPoint, hanno la missione – pardon –, la mission, di rendere efficiente l’organizzazione. E così i membri della comunità si trovano guidati in una molteplicità di dinamiche di gruppo tra world café, quadri SWOT, Team Building ecc. L’efficienza della vita comunitaria diviene il nuovo obiettivo da raggiungere, ché, se la barca imbarca acqua sul mare in tempesta, il rischio d’affondare è enorme. Ecco infine realizzata l’inversione dei fini e dei mezzi.

Di cosa si tratta? L’aveva capito Hegel descrivendo il “cattivo infinito”, anche se poi era stato Marx a spiegare questa operazione applicandola all’economia. Osservando il mercato, Marx notava che, se il capitale era anteriormente il mezzo per conseguire un fine (i beni), con l’avvento del capitalismo il capitale passava da mezzo a fine, poiché il nuovo scopo dell’imprenditore era accrescere il suo profitto. Nell’attuale età della tecnica il mezzo che diventa fine è appunto la tecnica, la cui logica è quella dell’efficienza. Il fatto che le cose, le organizzazioni, le persone, i governi… funzionino diventa la nuova mission.

Se anticamente era una determinata missione il fine di un’organizzazione e l’efficienza solo un mezzo per perseguirla, ora, nelle comunità Post-it, la mission coincide con la funzionalità. Heidegger, che aveva ben compreso questo fenomeno, lo vedeva come la realizzazione del nichilismo o, in altre parole, della morte di Dio. Le organizzazioni, senza accorgersene troppo, perdono il senso per cui erano nate poiché totalmente concentrate sulla loro sostenibilità.

I membri si sentono smarriti e spesso anche infantilizzati da facilitatori e consulenti che li guidano in tutto e per tutto, dalla preparazione del caffè alla sintesi delle idee scritte su valanghe di ben noti bigliettini gialli (ne parlano R. Collington – M. Mazzucato in Il grande imbroglio, Laterza 2023). E mentre i più si illudono di essere protagonisti di un processo, le comunità diventano sterili perché, nel frattempo, l’efficienza ne ha ridotto i membri a ingranaggi di un dispositivo che dovrebbe funzionare. Il costo di questa sostenibilità è la vita della comunità. C’è un’altra via d’uscita? Al prossimo mese.

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