Sfoglia la rivista

Italia > Società

Due anni di Giulia Cecchettin

di Gaia Bonafiglia

- Fonte: Città Nuova

Due anni dopo la morte di Giulia Cecchettin, i femminicidi continuano a colpire. La sua memoria richiama la necessità della prevenzione, educazione e cambiamento sociale

Il murales dedicato a Giulia Cecchettin realizzato a Milano dell’artista Fabio Ingrassia, 02 dicembre 2023. Giulia è raffigurata mentre si abbraccia, avvolta in un cappotto rosso con un messaggio sulla tasca: ”Volevo solo scomparire in un abbraccio”. ANSA/ PAOLO SALMOIRAGO

Sono passati due anni dall’11 novembre 2023, giorno in cui Giulia Cecchettin veniva uccisa con 75 coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta.

Una tragedia che ha innescato un’ondata di mobilitazione civile e culturale in Italia, portando alla nascita di iniziative concrete e a un rinnovato dibattito pubblico sulla violenza di genere. Tra le azioni più significative vi è la Fondazione Giulia Cecchettin, creata per sostenere le vittime di violenza, promuovere percorsi educativi nelle scuole e sensibilizzare l’opinione pubblica.

Parallelamente, il caso ha rafforzato l’attività di movimenti femministi come Non Una di Meno, che hanno organizzato manifestazioni e campagne per richiamare l’attenzione sulla prevenzione dei femminicidi. Sul piano culturale, la vicenda ha stimolato la proposta di percorsi di educazione affettiva e di formazione contro la violenza nelle scuole e nelle istituzioni, contribuendo a far emergere la necessità di una “rivoluzione culturale” contro la violenza maschile sulle donne. In sintesi, la morte di Giulia Cecchettin ha trasformato il dolore individuale in un impegno collettivo per la prevenzione, l’educazione e il cambiamento sociale.

I dati però non lasciano ben sperare. Secondo i dati ufficiali della Polizia di Stato e del Servizio Analisi Criminale del Ministero dell’Interno, nel 2024 sono state uccise 113 donne, di cui 99 in ambito familiare o affettivo e 61 per mano del partner o dell’ex partner. Le questure italiane sono quotidianamente impegnate nella gestione di un gran numero di denunce per stalking e maltrattamenti, con uffici spesso pieni e sotto pressione per far fronte a questa emergenza costante. Per quanto riguarda il 2025, i dati ufficiali annuali completi non sono ancora disponibili, ma secondo i rilevamenti preliminari del Ministero dell’Interno, le vittime di femminicidio dall’inizio dell’anno superano le 80 donne, più della metà uccise da partner o ex partner.

Sembrerebbe che nulla sia davvero cambiato. Le parole del padre di Giulia, Gino Cecchettin, riportate dall’ANSA, sono una preziosa fonte di riflessione: «Non voglio spendere le mie energie per ottenere una condanna più severa per Filippo Turetta, perché la pena non restituirà Giulia. Quello che voglio è investire energie nell’educazione sessuale e affettiva a scuola, nella consapevolezza e nel rispetto tra i ragazzi, affinché tragedie simili possano essere prevenute». Aggiunge: «Una scuola che non parla di affettività, di rispetto, di parità è una scuola che lascia soli i ragazzi di fronte a un mondo che grida messaggi distorti…vorrei dare gli strumenti a chi, come Filippo, di fronte alla rottura di una relazione, di fronte a un ‘no’, non sa come gestire quella situazione».

È proprio dentro le scuole che ragazzi e ragazze hanno paura di mostrare la loro fragilità, in una società costruita su chi appare più forte e dove la competizione regna sovrana. Proprio in questo contesto capita che, in preda all’emozione, emergano testimonianze di malesseri e violenze che richiedono risposte adeguate e immediate. Non di rado, ragazze vittime di violenze domestiche si trovano a ritrattare tutto per paura delle conseguenze.

«Vorrei sparire dalla vita di Filippo, ma non so come fare», erano le parole di Giulia che manifestavano paura: paura di lui, paura di restare sola, paura che la violenza potesse peggiorare. Molte donne vivono così: intrappolate tra ciò che conoscono — la violenza, il controllo, la minaccia — e ciò che ignorano — chiedere aiuto, denunciare, uscire da una relazione tossica. La paura blocca ogni passo, soprattutto quando manca una rete di sostegno reale, strumenti concreti per proteggersi e per proteggere chi è accanto.

Giulia è entrata nelle case di tutti: come sorella, figlia, amica, alter ego di sé, e non deve rimanere solo un ricordo. La sua storia è un richiamo a reagire, a non restare indifferenti. Ogni volta che una donna dice «non so come fare», è necessario imparare a rispondere. Solo così la memoria di Giulia può diventare un seme di cambiamento, simbolo di una cultura che sceglie la vita, il rispetto e la libertà.

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876