Donare il carisma dell’unità senza riserve

Alla vigilia del suo viaggio in Slovenia (1-5 agosto), intervista alla presidente dei Focolari, Maria Voce, da parte della redazione di Novi Svet
Emmaus

Maria Voce, presidente del  Movimento dei focolari  il primo agosto sarà in visita in Slovenia, dove incontrerà la comunità e le segreterie internazionali dei religiosi aderenti al movimento. Con lei anche il copresidente Giancarlo Faletti. L’edizione slovena di Città Nuova l’ha intervistata.

 

In questi anni sei stata praticamente in tutti i continenti, incontrandoti con diverse culture e situazioni sociali. Inoltre hai conosciuto da vicino le varie comunità dei Focolari. Alla luce di queste ricche esperienze vissute, ci potresti dire quale vedi sia la vocazione principale del Movimento nel mondo?

«È la vocazione all’unità, la vocazione a contribuire ad ogni latitudine, nei contesti e con le modalità più diverse, alla realizzazione dell’ ut omnes unum sint chiesto da Gesù al Padre. È l’obiettivo a cui siamo chiamati, un imperativo impresso in ognuno di noi per la partecipazione al carisma dell’unità.

 

«Ovunque è viva la coscienza dell’immensa eredità che Chiara Lubich ci ha lasciato quando ha detto: "Vi lascio Gesù in mezzo. Non vi lascio una parola, vi lascio una persona, vi lascio Gesù in mezzo".È lui che vive tra noi come ci ha promesso (vedi Mt 18,20), per il nostro amore reciproco continuamente rinnovato e confrontato con la misura altissima del suo amore che l’ha portato a dare la vita per noi. Per Gesù in mezzo abbiamo la possibilità di non essere mai soli, ma di camminare nel mondo con la sua luce e la sua forza e di poter farlo conoscere: una cosa grande e, nello stesso tempo, semplice, legata alla vita di ogni giorno. Una cosa vera, che ho percepito in tante testimonianze e in molte concretizzazioni un po’ in tutto il mondo».

 

Prima di arrivare in Slovenia, hai visitato la Russia, la Cechia e l’Ungheria, cioè tre sintomatici e significativi Paesi dell’ex “blocco sovietico”. Cosa ti ha spinto ad intraprendere questi viaggi?

 «È lo stesso motivo che mi ha portata a recarmi in Asia, in Africa, in Nord America e in altri Paesi d’Europa: l’impegno a privilegiare i rapporti. Viaggiare significa ogni volta mettermi in un atteggiamento di ascolto per cogliere problematiche e ricchezze dei popoli che incontro, le potenzialità in atto e quelle che si possono sviluppare.

 

«Quali sono quelle che ho trovato in questi Paesi per decenni edificati sull’ideologia comunista? Chiara ha sempre visto in quest’area del mondo una particolare vocazione all’unità, proprio come risposta all’esperienza di unità forzata che caratterizzava questi Paesi.

Nell’89, subito dopo il crollo del muro, Chiara aveva letto quegli eventi storici come un grande passo verso l’unità. In questo processo, però, andavano salvaguardati i valori positivi presenti fino ad allora in quelle società: l’anelito all’unità, una visione globale del mondo, l’attenzione alle classi più disagiate, l’esaltazione della socialità dell’uomo. Grandi ideali, ma spesso contraddetti vistosamente nei fatti. Le era parso di capire che il carisma d’unità che lo Spirito le aveva donato poteva contribuire a radicare quelle idee proprio là dove avevano la prima origine: in Dio.

 

«Ognuno, nella propria identità culturale, qualsiasi sia l’esperienza di cui è portatore – e in questi Pae

si la grande diversificazione è proprio una caratteristica – ha qualcosa da offrire e qualcosa da ricevere dagli altri. L’unità può veramente contraddistinguere questa regione in modo particolare. Perché, se vissuta in Dio, tanto più grande è la diversità, tanto più straordinaria può essere l’esperienza di unità che ne deriva. Ne ho avuto un anticipo l’estate scorsa durante il mio viaggio in Croazia, in cui ho incontrato un gruppo di membri del movimento provenienti da diverse aree geografiche e culturali: tanti popoli che componevano un solo popolo, unito nel nome di Dio e che viveva per l’unità.

Poi mi sembra non sia casuale la data della nostra partenza, il 13 maggio, proprio una data che ci richiama a quanto Maria aveva predetto a Fatima, la vittoria del Suo Cuore Immacolato. Siamo, per così dire, in attesa, aperti a quanto si delineerà in questi viaggi per l’Opera di Maria in queste terre».

 

In questi anni si assiste in Slovenia ad una crescente polarizzazione della società che incrina i rapporti fra Chiesa e mondo laico, fino a sfociare spesso in una certa intolleranza. Come poter sanare questa ferita e contribuire a restituire i veri valori al mondo in cui viviamo?

«Penso che innanzitutto bisogna credere e far leva su quanto di vero e profondo esiste nell’anima di ogni uomo. Tutti, credenti o meno, portano in sé dei valori. Si tratta di mettere in luce il positivo che c’è in ognuno e saper gettare ponti con tutti. Sotto questo aspetto il carisma dell’unità che cerchiamo di vivere ha in sé una forza ed una luce che va al di là delle nostre persone, delle nostre capacità, delle nostre iniziative.

Poi credo che questi valori possano essere offerti attraverso la testimonianza, personale e comunitaria: il valore della vita, dell’uomo, della famiglia… sono valori che Dio mette in noi e che devono trasparire dalla nostra vita, imprimendole una pienezza convincente. Infine direi che bisogna offrire anche il proprio punto di vista, ma liberamente, con distacco, nel rispetto dell’altro. In una parola, come dono d’amore».

 

Sei la prima presidente dopo Chiara Lubich, la fondatrice. Non è certo un compito facile, ma ci sembra che tu lo stia portando avanti con una luce e sapienza straordinarie, tanto da avere l’impressione che lo Spirito Santo ti guidi e Chiara “ti dia una mano”. Vorremmo aiutarti anche noi in questo compito. Qual è la nostra parte per realizzare la sua ricca eredità?

«L’eredità che Chiara ci ha lasciato è proprio la presenza di Gesù tra noi, tra due o più uniti nel suo nome. È la sua luce che ci guida, la sua forza che ci sostiene. Passo passo Lui illumina sulla scelta di una priorità, su un impulso da dare… Quest’opera è di Dio; Lui continuerà a portarla avanti. Da parte mia sono al servizio di tutte le persone del Movimento e, con loro, sono al servizio della Chiesa e dell’umanità, in questo tempo in cui Dio ha suscitato questo carisma di unità, di comunione. Sarà di aiuto l’essere sempre più coscienti della ricchezza che Dio ci ha dato con questo carisma, e quindi metterlo a disposizione, donarlo con generosità sempre più grande, con apertura, senza riserve o timori».

 

In questi ultimi tempi nella Chiesa viene in rilievo la santità. Chiara diceva che la nostra non era tanto l’epoca di un santo, ma “del Santo in mezzo a noi”. C’è una santità tipica che nasce dal carisma dell’unità?

«Chiara sin dall’inizio aveva colto nel fare la volontà di Dio la strada maestra per la santità. Ma vi scopriva anche una spiccata dimensione collettiva, comunitaria, un "di più" rispetto a quanto succede in altre spiritualità con caratteristiche più individuali, dove in genere viene chiesto al singolo cristiano di raggiungere l’unione con Dio compiendo sempre più perfettamente la Sua volontà. Nella spiritualità che scaturisce dal carisma dell’unità, proprio perché poggiata sulla presenza di Gesù in mezzo ai suoi uniti nel suo nome (cfr. Mt 18,20), la santità del singolo è legata indissolubilmente alla santità del fratello. Ci si santifica insieme. È la santità di un popolo, resa possibile dalla presenza in mezzo a loro del Santo.

 

«Di questa possibilità di santificazione parlava Papa Paolo VI: “In questi tempi ormai l’episodio isolato deve farsi costume, il santo straordinario cede il posto in certo modo alla santità di popolo, al popolo di Dio che si santifica”. Una santità, quindi, non tanto frutto dell’unione con Dio vissuta singolarmente, ma di quell’unione con Lui vissuta da quanti si riconoscono reciprocamente “sacramento” di Cristo, dell’incontro con Dio. Un’avventura affascinante, vissuta insieme, in cordata, nella quale ognuno è per l’altro sostegno, ristoro, possibilità concreta di vivere il comandamento dell’amore reciproco. Un’avventura vissuta nella comunione trinitaria, in cui Gesù, Dio stesso, si fa compagno di viaggio e ci porta alla santità».

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