Diario dalla Siria/59

«Vedi sparire tanti dei tuoi amici o conoscenti risucchiati dal morire o dal partire», le parole di chi è costretto a separarsi dai propri cari accompagnandoli con la sola forza della preghiera. I dettagli agghiaccianti del viaggio fino in Germania
Fuga da Kobane

Dopo mesi in cui ogni giorno si combatte una battaglia interiore sul restare o partire, mentre si rastrellano le ragioni per supportare una scelta o l’altra, vedi sparire tanti dei tuoi amici o conoscenti risucchiati dal morire o dal partire. L’altra settimana mi ha chiamato un’amica disperata: «Prega perché mio fratello sta tentando di raggiungere la Germania dove vive mio cognato». Ricordo quel negozietto di alimentari dove sono passata tante volte, in visita alla loro città e la bella casa dove vivevano insieme.

 

La sua voce concitata mi racconta: «Non ce la facciamo più e dal villaggio sono partiti quattromila uomini in un villaggio di appena 15 mila anime e da un mese anche le donne, che prima rimanevano con vecchi e bambini, hanno deciso di fuggire». Poi continua con i dettagli agghiaccianti del viaggio, perché la mercificazione della persona non conosce tregua nell’indifferenza complice di chi invece potrebbe aprire corridoi umanitari e smettere di fornire armi a tutte le parti in causa. Qualche giorno dopo mi comunica che «è arrivato in Libano attraversando il confine e dopo ha preso un aereo da Beirut diretto in Turchia. Lì è cominciata la traversata con i barconi fino a una piccola isola greca, forse Kos, al telefono non riuscivo a capirlo. Ho pregato tantissimo perché sapevo che nessuno era in grado di nuotare. Ma ce l’hanno fatta, lui e i suoi amici».

 

Il sollievo della sua voce non copre lo sconcerto di fronte alle cifre sborsate per la traversata: 15 mila euro, sconcerto che cresce quando ascolto che i trafficanti avevano pronti dei passaporti spagnoli per l’arrivo in Europa, «ma poiché non somigliavano troppo alle foto, li hanno fatti attendere qualche settimana». Poi un nuovo volo, stavolta con destinazione Venezia, e da lì l’affitto di un taxi per 1.500 euro fino all’Austria, ma la meta, una cittadina dal nome impronunciabile per chi non parla né inglese né tedesco né italiano, si trasforma in un girovagare che solo dopo tre tentativi e altri soldi sborsati diventa l’ennesima tappa di questa fuga. Da qui hanno atteso il momento buono per non incorrere in pestaggi e controlli e sono arrivati in Germania. Al sicuro sul suolo tedesco hanno tirato fuori il passaporto siriano e sono stati dirottati in diverse città dell’est e dell’ovest con 48 euro da usare per una settimana.

 

La mia amica continua fiduciosa: «Adesso è in attesa dei documenti da rifugiato, della casa e dei 400 euro al mese con cui cominciare a coniugare la vita al futuro anche per la moglie, i due bambini e i genitori anziani». Intanto in Siria si continua a fare i conti con la vita quotidiana, pericolosa e carissima: oggi 250 grammi di carne costano 1.200 lire, mentre all’inizio della guerra, con mille lire se ne poteva acquistare anche un chilo.

 

Il fratello della mia amica non appartiene certo alla classe dei poveracci: 15 mila euro gli hanno garantito un viaggio, quasi protetto. Non lo stesso posso dire dei poveracci che per 2.500 euro hanno solo un barcone malconcio ad attenderli e decine di giorni di cammino a piedi fino a un confine improbabile dove li aspetta o la morte o l’essere rifiutati. Intanto le tv occidentali sono tornate a parlare di ribelli e non più di Isis, quasi a giustificare i bombardamenti o il sostegno, mentre noi sappiamo sulla nostra pelle quale terrore ci stanno infliggendo spacciandosi per militari di un presunto Stato islamico.

 

Giò Astense

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