Diario dalla Siria/25

Continuano sparatorie e bombardamenti e ci si chiede quando mai arriverà la pace. Ma la solidarietà tra la gente non sembra venir meno, così come la voglia di pregare per un futuro diverso
Siria ancora in guerra

«Ma possiamo sperarla questa pace? E quando? Le giornate si susseguono con un senso generale di smarrimento, di attesa di un peggio che potrebbe arrivare e che fa più paura del presente pur duro e travagliato. Ieri ennesima notizia dolorosa da Aleppo. Sparatorie continue, bombardamenti, elettricità di nuovo scarsissima e poi la telefonata con la cara amica ottantenne che si sta preparando a partire, non appena riapriranno l’aeroporto.

«Me ne ha confidato le ragioni: aiutare il figlio che ha perso tutto. Ha potuto infatti raggiungere dopo mesi il quartiere periferico dove si trovava la sua piccola industria di prodotti di plastica. Non c’è più. Derubata completamente e quel che è peggio messa a fuoco, dall’interno. E lei, come ogni mamma, non fa calcoli con età e fatica. Vuole raggiungere i parenti e vedere se si può fare qualche cosa e magari restare lì, dove ha garantite le medicine e le cure, per non pesare su di lui, qualora le capitasse qualche cosa.

«È commossa  e dignitosa, come sempre, e sicura nella fede. “Sai – mi dice –, padre Selim celebra la messa ogni pomeriggio alle 17 e poi recitiamo insieme dieci Ave Maria e la preghiera che Giovanni Paolo II fece quando venne qui in Siria e affidò anche questo Paese a Dio e alla Madonna”. Le immagini di quella visita si fanno subito vive nel ricordo. Il papa nella moschea degli Ommayadi, le sue parole di stima e di incoraggiamento al dialogo e alla convivialità evidente, la dignità rinvigorita dei cristiani che dopo quella visita si sentirono più coraggiosi e fieri nella loro fede, uscita in modo più chiaro a vita pubblica, come mi raccontarono tante volte ricordando quell’evento.

«Tutto questo pare lontano, lontanissimo. Dal cattivo seme della violenza non può nascere nulla di buono, e poi ci sono l’ideologia, l’ignoranza, la strumentalizzazione della povertà e della religione le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Mi diceva un’amica che nella sua cittadina sulla costa non ci sono combattimenti, si esce normalmente anche la sera ma ogni famiglia ha almeno un morto se non due o tre, frutto della situazione».

Giò Astense

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