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Déjà vu? Mobilitazioni militari statunitensi nei Caraibi

di Cristina Montoya

- Fonte: Città Nuova

Gli Stati Uniti hanno inviato tre navi da sbarco e 4 mila marines di fronte alle coste del Venezuela, con l’adesione della Francia e il sostegno di Trinidad e Tobago e della Guyana.

Un funzionario della Milizia Bolivariana del Venezuela fa la guardia durante una campagna di reclutamento, a Caracas, Venezuela, 23 agosto 2025. Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha chiesto una giornata di reclutamento per le “forze della milizia” in risposta alla proposta degli Stati Uniti di pattugliare le acque caraibiche. Foto: EPA/RONALD PENA R via Ansa

Il Mar dei Caraibi, molto più che un paradiso turistico, è stato storicamente un teatro di vitale importanza geopolitica. Le sue rotte marittime sono arterie commerciali e di sicurezza per le Americhe e il mondo.

Il dispiegamento nella zona di tre navi da sbarco oltre a circa 4 mila marines, recentemente ordinato da Washington, l’inedita adesione della Francia e il sostegno di Trinidad e Tobago e della Guyana, e l’appello di Nicolas Maduro a più di 4 milioni di miliziani per la difesa del territorio venezuelano, segna un passaggio rilevante nelle dinamiche geopolitiche dell’area.

La presenza militare degli Stati Uniti nella regione è un pilastro della loro politica di difesa emisferica; infatti, il Comando Sud e la Guardia Costiera statunitensi effettuano costanti operazioni di sorveglianza marittima per intercettare carichi di droga diretti verso il Nord America, avendo come centro logistico la base Usa di Guantanamo (a Cuba).

Tuttavia, il dispiegamento militare ordinato da Washington ha messo in allarme gli animi a causa degli interessi statunitensi della regione. Il timore non è infondato: la storia degli interventi (diretti o indiretti) degli Usa in America Latina è lunga. L’invasione di Panama nel 1989 è considerata l’ultimo esempio su larga scala. L’operazione aveva l’obiettivo di rovesciare il dittatore (ed ex collaboratore della Cia) Manuel Noriega. In altre occasioni, gli schieramenti militari sono stati coordinati con le autorità locali e giustificati dalla necessità di aiuti umanitari o di stabilizzazione, come ad esempio l’Operazione Condor, il Plan Colombia e l’operazione delle truppe statunitensi ad Haiti nel 2004.

La lotta contro il narcotraffico
La recente mobilitazione è una evidente pressione sul regime venezuelano di Nicolás Maduro, sulla cui cattura pende una taglia di 50 milioni di dollari, che viene identificato come uno dei capi del cosiddetto Cartello dei Soli, organizzazione criminale e terroristica che l’Ufficio di controllo dei beni stranieri (Ofac) accusa di “fornire supporto materiale” al gruppo criminale venezuelano Tren de Aragua e al Cartello messicano di Sinaloa. La mobilitazione Usa fa inoltre pressione sui gruppi illegali che fanno del Mar dei Caraibi la rotta per eccellenza del traffico di droga.

Probabilmente Washington sta anche cercando di contrastare la crescente presenza della Cina in America Latina, in particolare per gli investimenti nei porti e nelle infrastrutture, così come la presenza russa che poggia sulla vendita di armi e il sostegno diplomatico ai regimi alleati della regione. Lo schieramento mirerebbe quindi a rassicurare i partner regionali e a scoraggiare l’ingerenza di potenze extra-emisferiche.

Il ruolo cruciale della Francia
La Francia non è un attore esterno, ma una potenza caraibica. Grazie ai suoi dipartimenti e regioni d’oltremare (Guadalupa, Martinica, Saint-Martin e Guyana francese), ha nel bacino la sovranità su territori chiave e una delle più grandi zone economiche esclusive (Zee) del mondo. Esistono quindi politiche di collaborazione tra Washington e Parigi, in particolare in materia di supporto logistico e cooperazione militare; tuttavia, non passa inosservata la decisione francese di unirsi a questa mobilitazione.

Silenzio nella regione
Sono stati pochi i governi che si sono espressi contro lo schieramento militare degli Stati Uniti. Da un lato, la presidente del Messico, Sheinbaum, ha manifestato il suo rifiuto di un eventuale intervento militare; così come il colombiano Gustavo Petro; mentre i piccoli Stati caraibici come Trinidad e Tobago, e la Guyana (ex inglese) accolgono con favore un possibile intervento, poiché per loro potrebbe diventare un’opportunità di partecipare a una coalizione guidata dalle potenze globali e ottenere così garanzie di sicurezza e sostegno economico. Ma gran parte dei governi regionali hanno mantenuto il silenzio.

Déjà vu?
Di fronte alla lunga lista di interventi statunitensi o minacce, come quelle del 2020 quando hanno dispiegato le loro forze militari di fronte al Venezuela, è lecito chiedersi se ci sia qualcosa di nuovo o se si tratti semplicemente della ripetizione di qualcosa di già visto. Credo di no, credo che il governo Trump voglia dimostrare di essere sempre disposto a percorrere strade che sembravano impossibili. L’esperienza di Gaza ha mostrato al mondo che si è perso ogni senso del limite.

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