Dalla speculazione alla cooperazione

Al via la tassazione delle transazioni finanziarie in alcuni Paesi della zona euro, dal 2013. Dove andranno i soldi raccolti? L’opinione di Andrea Baranes, presidente della Fondazione Banca etica
Andrea Baranes

Non c’è il consenso di tutti i 27 i Paesi dell’Unione europea. E così Francia e Germania, principali sostenitori dell’iniziativa, hanno trovato lo strumento della cooperazione rafforzata che permette, con il consenso esplicito di almeno 9 Stati, di rendere applicabile all’interno dei loro ordinamenti una minuscola tassa dello 0,1 per cento sugli scambi nel mercato finanziario di azioni e obbligazioni e dello 0,01 per cento sui derivati.

Si tratta di intercettare quel gigantesco movimento di denaro che non corrisponde alle necessità reali dell’economia produttiva, ma costituisce una variabile spesso impazzita affidata a meccanismi speculativi che restano comunque fuori controllo. Ci vorranno altri passaggi presso il Consiglio europeo dei ministri delle Finanze (Ecofin) ma è importante la dichiarazione della Gran Bretagna di non ostacolare questo processo che vede accomunati, dalla riunione Ecofin del 9 ottobre 2012, Germania, Francia, Austria, Belgio, Portogallo, Slovenia, Grecia, Slovacchia, Estonia, Spagna e Italia.
 
Molti si chiedono se al di là delle buone intenzioni non si registrerà una fuga di capitali verso le piazze che non applicheranno questa micro tassa, che diventa significativa quando si applica ai milioni di passaggi finanziari che avvengono quotidianamente. Su questo e altro abbiamo già esposto, con una precedente intervista ad Andrea Baranes, su www.cittànuova.it un vademecum della proposta di cominciare a mettere della sabbia nei meccanismi della speculazione. L’idea, avanzata per la prima volta dal Premio Nobel per l’economia James Tobin, è stata uno dei cavalli di battaglia dei movimenti sociali a favore di una diversa globalizzazione economica. Baranes, autore di un recente libro sull’economia spiegata in parole semplici ("Finanza per indignat", Ponte alle Grazie), è il presidente della Fondazione culturale di Banca etica e il portavoce della campagna italiana "Zerozerocinque" (www.zerozerocinque.it), sostenuta da oltre cinquanta espressioni della società civile a favore della tassazione delle transazioni finanziarie come parte del percorso necessario a ripristinare la capacità della politica di porre un limite allo strapotere della finanza.
 
Avete fatto pressione fino all’ultimo per far compiere il passo decisivo al governo italiano che con la sua adesione rende così possibile l’adozione della tassazione delle transazioni finanziarie fin da gennaio 2013. Tutto a posto? Cosa manca ancora?
«L'adesione del governo italiano e l'avvio ufficiale della procedura di cooperazione rafforzata su scala europea sono sicuramente passi di grande importanza: c'è un percorso ufficiale che dovrebbe portare tassa sulle transazioni finanziarie. Detto questo è ancora necessario tenere alta l'attenzione e chiedere che la tassa rispecchi quanto da anni richiesto dalle reti della società civile europea. In questo momento sono due in particolare i temi da seguire con grande attenzione: la destinazione del gettito e a quali strumenti si applicherà la tassa. Sul primo punto chiediamo che i soldi raccolti siano destinati alla cooperazione internazionale, alla lotta contro i cambiamenti climatici, al welfare. Sul secondo è essenziale che vengano tassati anche gli strumenti a maggiore vocazione speculativa, e in particolare derivati e valute oltre ad azioni e obbligazioni».
 
Si prevede una raccolta significativa da questa tassa, anche se inferiore ai 57 miliardi di euro l’anno stimati per l’intera Unione europea. Da chi verrà gestita? Sono fondi già destinati?
«Non sono fondi destinati, come detto la scelta su come impiegare il gettito è uno dei punti fondamentali sui quali continuare a esercitare pressioni sui decisori nazionali ed europei. Al momento l'ipotesi più probabile è che ogni Paese che adotta la tassa decida poi in maniera più o meno autonoma l'impiego del gettito raccolto. Di base la proposta che viene fatta dai sostenitori della tassa è che metà del gettito venga indirizzato a obiettivi nazionali (welfare, detassazione del lavoro o simili) e l'altra metà ad obiettivi internazionali (cooperazione, cambiamenti climatici). Almeno su questa seconda parte sarebbe auspicabile un coordinamento su scala europea, e progressivamente uno spostamento della gestione all'Europa e poi su scala internazionale. Uno dei punti di partenza di chi anni fa ha proposto la tassa sulle transazioni finanziarie è proprio il fatto che parliamo di tasse globali, pensate per risolvere problemi che riguardano l'insieme dell'umanità e da applicarsi progressivamente in tutto il mondo. L'idea è quindi che anche la gestione del gettito venga decisa in maniera partecipata e democratica, con una gestione via via sempre più internazionale».
(Nella foto, la borsa di Wall Street)

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