Da Beethoven a Stravinskij

Al Teatro Mancinelli di Orvieto è andato in scena il XXIV Festival Valentiniano, diretto dal maestro Carlo Frajese.
Frajese

È una rassegna nota, anche se mai abbastanza, perché Orvieto, città meravigliosa per antichità ed arte, non è Roma o Milano per attrarre grandi folle. Ma la provincia tiene bene, anche culturalmente, se è vero che da ventiquattro anni il festival, rassegna internazionale di musica sinfonica e cameristica, raggruppa un pubblico folto e convinto. Aperta lo scorso 27 settembre, ha chiuso i battenti il 25 ottobre con un concerto diretto dal suo ideatore, Carlo Frajese. Vecchio lupo di mare della direzione, nella cornice da bomboniera neoclassica del teatro, ha presentato Beethoven (ouvertures Coriolano e Eleonora n.3), Čajkovskij (Romeo e Giulietta) e Stravinskij (L’uccello di fuoco). Suonava la romena Orchestra di Stato di Bacau, circa settanta elementi disciplinati sotto la bacchetta del direttore, che scandiva i tempi alla Toscanini. Precisi, con attacchi d’insieme senza indugi, spazio al fuoco più che al colore: per Stravinskij questa direzione incandescente ha funzionato molto bene, forse si sarebbe desiderato maggior abbandono in Čajkovskji e più calore in Beethoven. Ma la musica, al di là dei gusti e delle scelte interpretative di ogni singolo direttore, è sempre musica . Il pubblico non si è tirato indietro ed ha sommerso di applausi orchestra e maestro, fino alla chiusura del teatro. A riprova che il festival è apprezzato dalla gente e che l’amore per i grandi compositori, anche in provincia, contagia giovani e meno giovani, quando dietro c’è – come c’era – un po’ di cuore.

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