Cucina italiana in tempi di globalizzazione

La gastronomia italiana non occupa solo un posto importante nei menù dei ristoranti del mondo, ma sempre più sta entrando nel quotidiano delle tavole familiari.
(AP Photo/Mary Altaffer)

Che l’Italia sia conosciuta all’estero per la sua cucina, non è niente di nuovo. Basta dare una occhiata alla diffusione della pizza e dei piatti di pasta nei menù dei ristoranti in ogni dove per rendersene conto. Ma questa penetrazione è più profonda di quello che si pensi, in particolare lì dove le comunità di italiani emigrati hanno favorito la diffusione di tante cose, dalla mozzarella all’uso del “ciao” (oggi usato nel mondo quasi come l’Ok).

E di comunità italiane in Sudamerica ce ne sono in abbondanza. Prova ne è proprio la presenza di piatti nostrani ormai facenti parte della gastronomia locale. Esempi tipici sono il ragù alla bolognese (limitato alla carne macinata, sia chiaro) o l’insalata caprese.

(AP Photo/John Minchillo)

Una passeggiata per Buenos Aires rivelerà la presenza di una grande quantità di negozi specializzati in pasta fresca, da quella ripiena a quella semplice all’uovo, che le domeniche è possibile vedere ben affollati. Ravioli, ravioloni e tagliatelle di ottima qualità, magari vendute assieme alla salsa che le condisce. E che dire del tiramisù, ormai presentissimo dall’Uruguay al Perù (che col Messico si contende il titolo di migliore gastronomia latinoamericana), dal Cile al Brasile. Spesso nella versione originale, carissima perché in Sudamerica è difficile trovare il mascarpone, molto raramente prodotto in loco, e al cui posto si usano le varianti di un formaggio cremoso oppure il locale dulce de leche. A Lima, negli eleganti ristoranti del quartiere Miraflores, si potranno gustare ottimi risotti, mentre le lasagne regnano sovrane sia a Montevideo che nel resto del Cono Sud, da Santiago a Porto Alegre, da Rosario a Córdoba.

La nostra popolarissima pasta e fagioli, regina delle mense nel sud, lo è anche in Cile, meglio conosciuta come “porotos con riendas”, cioè, fagioli con le redini, alludendo agli spaghetti spezzati. La variante locale vede l’aggiunta della zucca (gialla) che addolcisce il sapore ed una volta disfatta rende spesso il brodetto. Veramente delizioso, anche se i cileni non hanno cura di mantenere al dente gli spaghetti, ma a questo si può sempre rimediare.

Non sono assenti le curiosità. Uno dei piatti favoriti dagli argentini è la cotoletta alla milanese, magari con le patatine fritte. La si conosce come milanesa. Ma ciò che si ignora in Italia è l’improbabile unione tra Napoli e Milano con la milanesa a la napolitana, piatto che si può trovare quasi in ogni ristorante argentino. Nel Cono Sud, alla napolitana si intende un piatto dove si aggiungono fette di pomodoro, e magari formaggio. Allora la milanesa a la napolitana sarà una cotoletta coperta di fette di pomodoro e prosciutto cotto, e formaggio che si fonderà durante un brevissimo passaggio per il forno. Noi non ne sappiamo niente, ma all’estero hanno già unito la penisola da tempo. Ci ha pensato anche la rucola, apparsa (o riapparsa) non troppo tempo fa nelle nostre tavole, ma che ha fatto il giro del sudamerica conquistando il primo posto nelle insalate, ma anche sulla bruschetta (anche questa è una pietanza nota) e sulla pizza. Invece il pesto era di casa già prima e lo é ancora in tantissimi menù. In qualche caso usando noci invece di pinoli, altre volte usando i più leggeri anacardi. Il fatto è che lo si può trovare facilmente.

Fonte: Pexels

E parlando di forno, non possiamo dimenticare la presenza della michetta in varie panetterie, del cosiddetto pane toscano (ma con il sale) cioè un panino rustico e rettangolare, ed anche il cosiddetto “pane italiano”, anche questo rustico e cotto nel forno a legna, conosciuto a Santiago.

Si sa poi che l’Italia, pur non coltivandolo, è la patria del buon caffè. Il nostro ristretto è inizialmente un mistero per i turisti perché, prima di provarlo, spesso delusi dalla quantità, si chiedono cosa diamine significa servire quel dito di caffè in una tazzina di porcellana spessa, che poi a Napoli è pure caldissima. Poi lo provano e questa esperienza lo ha diffuso anche oltre le Alpi, piramidi, Manzanarre, Reno e… Ande. Per cui anche nella remota Purmamarca, nella celebre Quebrada de Humauaca argentina, chi scrive, dopo essersi rifatto gli occhi ammirando la bellezza del monte dai sette colori che domina la cittadina, ha poi chiesto al bar, timidamente: «Un espresso, ma appena un dito, por favor», nel timore che in quella piccola località di provincia me ne servissero una mezza tazza da latte. «E dica che vuole un ristretto», ha ribattuto la cameriera. Viva la globalizzazione.    

 

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