Cronisti nel mirino

Sono 66 i giornalisti uccisi nel 2011. Oltre tremila arrestati, minacciati e feriti. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto di "Reporter sans frontieres"
Tim Hetherington

Abdisalan Sheikh Hassan è l’ennesima vittima. Assassinato il 19 dicembre in Somalia perché faceva il suo mestiere: giornalista freelance. Hassan, come molti giornalisti poco conosciuti lavorava per più emittenti per sbarcare il lunario: per le emittenti radiofoniche Voice of Democracy e Hamar Radio e per il canale televisivo Horn Cable TV. Probabilemnte gli hanno sparato perché era in possesso di una registrazione scomoda: aveva filmato l’incontro di alcuni parlamentari somali che si erano riuniti per espellere il portavoce del parlamento, un mossa non gradita da altri parlamentari e non riconosciuta dalla comunità internazionale. Un uomo armato di kalachnikov che indossava la divisa militare del governo somalo federale gli ha sparato mentre Hassan era in macchina con alcuni colleghi vicino il suo ufficio. La sua colpa? In molti gli avevano chiesto la cassetta di quella registrazione che Hassan non ha voluto fornire. «Siamo scioccati da questa ultima tragedia che dimostra, ancora una volta, che i nemici della libertà di stampa in Somalia sono pronti a sparare e uccidere i giornalisti», ha dichiarato l’Organizzazione Internazionale per la Libertà di Stampa.

 

Hassan è uno dei 66 giornalisti uccisi nel mondo nel 2011, secondo i dati forniti da il Barometro 2011 della libertà di stampa redatto da Reporter sans frontieres. Nel 44 per cento dei casi sono stati assassinati, nel 19 per cento in guerre e scontri a fuoco, nel 37 per cento in occasioni di scontri durante manifestazioni. «In generale – si legge in una nota di Reporter sans frontieres – , il 2011 è stato un anno difficile per la libertà di stampa e di informazione. La Primavera Araba è stata al centro delle notizie di attualità. Dei 66 giornalisti assassinati nel 2011, 20 sono stati uccisi proprio in Medio Oriente (il doppio rispetto al 2010). Una cifra simile si è registrata in America Latina, una regione molto esposta alla minaccia della violenza criminale. Per il secondo anno consecutivo, è il Pakistan la nazione più cruenta con un totale di 10 giornalisti deceduti, per lo più assassinati. Cina, India e Eritrea continuano ad essere le prigioni più grandi per la stampa».

 

E la lista dei giornalisti rapiti, arrestati, aggrediti fisicamente, minacciati, costretti a lasciare il loro Paese è ancora lunga. Il conteggio supera le 3 mila persone.

Dal 1992 ad oggi i giornalisti uccisi sono stati 890 e il 58 per cento di loro si occupava di politica. L’intreccio tra verità e potere, tra libertà di parola e verità ufficiale, è sempre stato controverso, ma proprio questo è il mestiere di scrivere: raccontare ciò che si vede. Senza essere né eroi né pavidi, è una passione per la verità, per il proprio dovere che spesso si svolge nella quotidianità e nell’anonimato.

 

In Italia si lavora in condizioni di sfruttamento, senza tutele giuridiche, e le vittime di minacce, 324 nel 2011, sono spesso giovani che vogliono solo descrivere la realtà. Sono giornalisti del tutto sconosciuti, che trattano cronaca locale, sono gli eroi per caso della quotidianità come il recente caso di Rosaria Malcangi di Ruvo di Puglia oggetto delle attenzioni dei soliti ignoti che hanno ben pensato di depositare sotto la sua abitazione una bomba carta che ha causato solo danni materiali non ingenti. Il motivo è sconosciuto. «Sono veramente sorpresa di questo attentato, non faccio inchieste, solo cronaca e le mie notizie sono sempre verificabili e verificate dai lettori che spesso sanno le cose prima di me».

 

Rosaria Malcangi è una corrispondente locale della Gazzetta del Mezzogiorno e copre due comuni, Ruvo e Terlizzi. Ha 37 anni, laureata in lettere, insegna nelle scuole e da settembre è pubblicista. Lavora per 5,2 euro a pezzo. Il suo problema è lavorare bene: è metodica, precisa, scrupolosa. «Seguo – racconta – consigli comunali anche di dodici ore al giorno. Se c’è un bando, un documento lo studio. Il mio lavoro ha aspetti noiosi e pesanti, ma li affronto volentieri perché mi piace restituire ai cittadini con leggerezza il succo dell’informazione». Nelle sue cronache, forse, ha toccato qualche nervo scoperto che catalizza interessi di tutti: imprenditori, politici, proprietari terrieri  per spartirsi qualche torta legata alla possibile, solo un’idea provocatoria, costruzione di 400 nuovi appartamenti. E, come scrive Trilussa in romanesco nella poesia La politica, una famiglia divisa da opposte idee politiche «appena mamma ce dice che so’ cotti li spaghetti semo tutti d’accordo ner programma». E nel programma non era previsto il resoconto puntuale di una sconosciuta giornalista di cronaca locale.

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