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Crescita sostenibile e strategie della finanza

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

«Il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine» Laudato si’(194)

Ctrescita sostenibile e finanza foto Ap

L’economista francese Gaël Giraud, già direttore di ricerche al CNRS (Centre national de la recherche scientifique)  di Parigi, e ora a capo del Center for Environmental Justice della Georgetown University di Washington, è autore di un testo base sulla transizione ecologica[1] . Giraud, gesuita, ha scritto per la Civiltà Cattolica[2] dei saggi capaci di entrare nel dettaglio delle scelte ecologiche in campo politico ed economico, e che quindi possono rappresentare un termine di paragone per valutare l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Secondo Giraud, che in Francia non ha avuto timore di contestare le scelte del presidente Macron, l’Italia ha bisogno di un grande piano per l’innovazione termica degli edifici, la mobilità e l’industria verde, oltre che per la promozione dell’agroecologia. Tali attività moltiplicano e non riducono i posti di lavoro, ma è evidente, per l’economista francese, che non è credibile una ipotetica “crescita verde” sostenuta da investimenti privati in ricerca e sviluppo. Anzi, «senza un impulso politico che vada al di là della logica finanziaria di breve termine questi investimenti non si faranno mai». La conversione ecologica passa inevitabilmente dal cambiamento del sistema finanziario e delle grandi banche detentrici di un enorme massa di crediti e azioni collegate alle energie fossili[3].

La transizione ecologica secondo le stime di Giraud richiede almeno la spesa di 500 miliardi di euro nella zona euro all’anno, 70 solo per il nostro Paese.

Quindi le risorse straordinarie del Recovery fund rappresentano solo l’innesco di un processo che va alimentato continuamente grazie ad una riconversione dell’intero sistema bancario verso la dismissione degli investimenti sulle fonti fossili. Secondo l’economista Leonardo Becchetti, «la Banca centrale europea può fare politica ambientale decidendo di comprare crescenti quote di debito degli Stati a condizione di destinarli alla transizione ecologica»[4].

Un banco di prova decisivo per l’Italia è senza dubbio l’utilizzo dei 937 milioni di euro del Fondo per la transizione ecologica equa, il Just transition fund, destinato, nel quadro del Green deal europeo, ai territori segnati da una maggiore difficoltà di uscita dalla dipendenza dalle fonti fossili e individuati, nel nostro Paese, nel Sulcis in Sardegna e a Taranto in Puglia.

Il Sulcis, arrivato ad avere in passato un numero di lavoratori dell’industria inferiore solo a Torino, deve uscire dalla lunga dipendenza dalla produzione mineraria del carbone, senza cedere a proposte di farne un distretto del settore delle armi[5].

Taranto[6] è invece legata alla scelta strategica degli anni 70 di impiantarvi la più grande acciaieria d’Europa, con gravi conseguenze sulla salute degli abitanti e dei lavoratori, emerse, nonostante depistaggi e omissioni, grazie all’azione della magistratura e dei centri di ricerca istituzionali attivati dalla società civile responsabile. Il dibattito pubblico, che stenta a diventare, nonostante tutto, una questione nazionale, si basa sull’alternativa tra la riconversione integrale del sito industriale[7] e la sua possibile messa in sicurezza grazie all’utilizzo di tecnologie di avanguardia basate sulle fonti rinnovabili[8].

Dopo il lungo travaglio, con tanto di condanne per disastro ambientale, della gestione del sito industriale, oggetto di una processo di privatizzazione a partire dal 1995, è ridiventato centrale il ruolo dello Stato, che è entrato nel capitale della nuova società Acciaierie Italia e ha nominato come presidente Franco Bernabè, uno dei protagonisti del capitalismo italiano degli ultimi 40 anni[9].

Il rischio del greenwashing è molto evidente e occorre una forte partecipazione attiva dei cittadini, capaci di mantenere nel tempo l’impegno in maniera ostinata, per evitare vani discorsi sulla crescita sostenibilecome afferma papa Francesco nella Laudato si’: «affinché sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di “cambiare il modello di sviluppo globale”, [136] la qual cosa implica riflettere responsabilmente “sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni”.[137] Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso. D’altra parte, molte volte la qualità reale della vita delle persone diminuisce – per il deteriorarsi dell’ambiente, la bassa qualità dei prodotti alimentari o l’esaurimento di alcune risorse – nel contesto di una crescita dell’economia.

In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine»[10]

[1]  Gaël Giraud “Transizione ecologica. La finanza a servizio della nuova frontiera dell’economia” Emi 2018

[2] Autorevole rivista italiana, stampata ininterrottamente dal 1850, espressione della Compagnia di Gesù. Le bozze dei suoi articoli vengono esaminati e approvati preventivamente dalla segreteria di Stato della Santa Sede.

[3] Vedi intervista a Simone Siliani in questo Dossier

[4] Intervista a cittanuova.it http://www.cittanuova.it/becchetti-ci-vuole-un-green-quantitative-easing

[5] Notevole in tal senso il lavoro portato avanti a partire dal 2017 dal Comitato Riconversione Rwm

[6] Per un quadro completo Antonio Panico, Rinuncia, ribellione, resilienza. Taranto e la sua emergenza sanitario-ambientale, Franco Angeli 2020

[7] Studi e approfondimenti a cura di Alessandro Marescotti su www.peacelink.it

[8] Su tale linea si pone anche Legambiente come emerge dal recente dossier “Just Transition Fund, le proposte di Legambiente per Taranto” cfr www.legambientetaranto.it

[9] Nel suo libro pubblicato da Feltrinelli nel 2020 «A conti fatti. Quarant’anni di capitalismo italiano», Bernabè, protagonista, tra l’altro, della trasformazione dell’Eni da ente di Stato a Spa, offre, senza remore, il suo punto di vista sull’asseto e lo scontro dei poteri in Italia

[10] Laudato si’ paragrafo 194

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