Covid 19 e l’impegno del personale sanitario

Come cambia la medicina durante la pandemia da Covid 19. Appunti di un medico palliativista
Un operatore sanitario assiste un paziente affetto da Covid 19, foto Ap

Secondo alcuni studiosi delle politiche sanitarie mondiali, a causa del Covid 19 stiamo vivendo un momento epocale in medicina, il più radicale cambiamento di paradigma degli ultimi due secoli. È importante allora tenere un diario di questi giorni. Ricordare lo scambio di esperienze ed emozioni con amici e colleghi di tutta Italia, nei commenti sul blog, in una chat, via mail o in videochiamata. Uno scambio che aiuta a vivere insieme una quotidianità inaspettata e dolorosa. Ecco allora il mio diario di medico palliativista. La medicina palliativa cerca di migliorare la qualità della vita dei malati nelle ultime fasi di una malattia inguaribile, riducendo il dolore, curando le fragilità e offrendo una vicinanza concreta. Inoltre, l’equipe di cure palliative aiuta i familiari a stare accanto al malato nel modo più sereno possibile, e li supporta nel lutto.

7 marzo 2020
Siamo fragili, siamo umani… tutti. In questi giorni in ospedale c’è meno gente, meno malati immaginari ad affollare il Pronto Soccorso: in genere quelli che si lamentano di più per le attese. Il lavoro sembra più essenziale, più vero, come tornare dalla “medicina dei desideri”, alla “medicina dei bisogni”. Colpisce e addolora dover limitare le visite dei parenti ai malati di oncologia o dell’hospice, i controlli di follow up pluriennali. Ma vediamo che le persone capiscono, anzi ringraziano del rigore…

18 marzo
Siamo di fronte a qualcosa di nuovo, o che avevamo dimenticato. Penso dovremmo fare un ripensamento “umile” del nostro ruolo. Ieri un medico di Pronto Soccorso mi parlava con ammirazione delle cure palliative, di chi va nelle case, accoglie in hospice, permette a tanti malati di evitare il Pronto Soccorso…. Io invece guardo loro, gli urgentisti e i rianimatori, con cui abbiamo condiviso impegnative decisioni di fine vita… davanti a monitor di cui capivo poco o nulla. Quanto li ammiro, che lavoro difficile fanno.

25 marzo
Oggi pomeriggio sarà il terzo giorno consecutivo di servizio nel reparto Covid 19. Tutti reclutati, accanto ai pochi internisti e pochissimi infettivologi di una medicina che pensava bastassero le iper-specializzazioni. Ora siamo “semplicemente” medici, uno accanto all’altro, a condividere paure, competenze, voglia di “esserci”. I malati sono miei coetanei, molti più giovani, alcuni anziani e soli, qualcuno ha “anche” il cancro. È qui che dobbiamo essere, oggi. Ancora una volta vedo il lavoro straordinario degli infermieri, degli OSS, degli addetti alle pulizie… Senza di loro sarebbe già crollato tutto da tempo. Noi lo sapevamo. Altri lo ricorderanno?

31 marzo
Davvero il dolore è globale… gli effetti sui malati, le sequele fisiche, psicologiche, sociali nei sopravvissuti, la necessità di supporto agli operatori. E quanto è forte il “dolore spirituale”. L’altra sera la preghiera del papa risuonava nel silenzio dei reparti, nelle sale mediche, nelle stanze dei malati. Nell’impossibilità per gli assistenti spirituali di raggiungere i reparti, abbiamo “imparato a benedire”, con una preghiera o un gesto rituale, i morenti per Covid 19, a volte in contatto telefonico con i familiari lontani, oltre che a farci carico delle volontà di sepoltura secondo le varie tradizioni religiose. Dopo l’emergenza, sarà indispensabile una nuova riflessione antropologica: per certi versi è tornata la morte improvvisa (di cui si diceva: libera nos Domine). Quante morti senza saluto… senza presenza… senza commiato funebre. Sono state numerose le testimonianze di anziani che hanno chiesto di rimanere a casa, anche in presenza di sintomi gravi, ben comprendendo il significato della loro scelta. Sarà indispensabile una presenza più capillare delle cure palliative sul territorio e negli ospedali.

10 aprile
Il collega Matteo Beretta racconta che applicando i principi delle cure palliative (cura dei bisogni, attenzione ai dettagli, cura delle fragilità), alcuni malati inviati in hospice “per morire” sono stati poi dimessi in quanto migliorati. Davvero nelle emergenze come questa del Covid 19 le cure palliative possono aumentare la sopravvivenza, ma solo se fatte col cuore di chi mette al centro la persona! Ora sta arrivando l’onda di funerali non avvenuti, morti in solitudine, morti plurime nello stesso nucleo. Quanta sofferenza di un’intera società! Bisognerà farsene carico, con una forte dimensione comunitaria. Guardando le mie colleghe donne, grandi professioniste mai abbastanza valorizzate, mamme che a fine turno corrono a casa per dare ancora una buonanotte o un sorriso, capaci di una forza straordinaria e di infinita tenerezza, penso che davvero dovremmo ripartire da loro.

 

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons